C’è poco da girarci intorno: Il Manoscritto di Stefania Convalle è un gran bel romanzo. Uno di quelli che si leggono in pochissimi bocconi e che lasciano sulla lingua il gusto dolce di una scrittura capace e avvincente.
Non poteva che iniziare così questa mia nuova condivisione di lettura, in quanto, davvero, c’è poco spazio per i giri di parole quando ci si trova a leggere un libro di Stefania Convalle. Bisogna andare dritti al centro del bersaglio, al cerchio rosso che vale dieci punti, dove è impressa la targhetta che dice “Stefania sa scrivere”. Lo sa fare in maniera invidiabile, utilizzando il giusto mix di educazione e irriverenza.
Lo devo ammettere, ogni volta che mi approccio a un suo romanzo, rimango ammirato da tanta facilità di narrazione e da tanta capacità di dipingere la tela con tutti i colori delle emozioni.
Il manoscritto: il nuovo romanzo di Stefania Convalle
Come ben sai, amico iCrewer, se hai già letto le mie recensioni degli altri romanzi di questa autrice – Anime antiche e Lo specchio macchiato dal tempo – tra me e la Convalle sussiste un rapporto di collaborazione letteraria che, ti garantisco, per nulla al mondo ha influenzato il mio giudizio su questo suo nuovo romanzo: Il manoscritto, edito da Edizioni Convalle e uscito all’inizio dell’estate.
Lo dico, e ci tengo a sottolinearlo, perché non vorrei che venga sminuito il mio entusiasmo per il suo lavoro che davvero merita tutti i complimenti possibili.
Stefania Convalle è una di quelle autrici che incolla i lettori alle pagine, una di quelle che: “leggo qualche pagina poi vado a letto” e invece ti ritrovi ad aver superato la metà del romanzo senza esserti riuscito a staccare neanche per un minuto.
Il Manoscritto è un romanzo coinvolgente.
Ricco d’amore – la carta d’identità letteraria di Stefania – e pieno di suspense, un’altra caratteristica della scrittura della Convalle. L’azione e il mistero che sa costruire all’inizio dei suoi scritti vengono quasi sempre oscurati dalla storia d’amore che tiene insieme la trama, mentre dal mio punto di vista rappresentano proprio la forza del suo scrivere.
La Convalle, infatti, gioca a intrecciare trame con la facilità con cui un bambino mangia le caramelle. Pagina dopo pagina nasconde situazioni irrisolte tra paragrafi ricchi di splendidi pensieri d’amore e personaggi che vivono davvero attraverso la descrizione della loro anima. Un cocktail che davvero catapulta il lettore nel romanzo e ce lo immerge con tutte e due le gambe fin sopra le ginocchia.
Ho questa immagine – nella mia fantasia – di Stefania Convalle che scrive: lei di fronte a una grandissima tela da dipingere con quella che sarà la storia da raccontare e il lettore utilizzato come pennello per farlo. Chi legge un romanzo di questa autrice è protagonista al pari di chi lo scrive. Questo è possibile grazie al talento.
Non fa eccezione, quindi, anche Il Manoscritto, il suo ultimo lavoro. Se non sbaglio il suo tredicesimo romanzo. Numero che mi farebbe aprire una parentesi anche sulla grande capacità di trovare in continuazione l’ispirazione, se non fosse che non vorrei dilungarmi troppo e preferirei dedicare qualche riga anche al romanzo.
Un romanzo che si apre con una storia d’amore che finisce, che finisce male.
In un primo capitolo dinamico ed esplosivo, conosciamo la protagonista Emilia alle prese con il trasloco dall’appartamento condiviso con l’ormai ex compagno. La seguiamo mentre prende la decisione di trasferirsi a Trieste in una casa appartenuta alla sua famiglia e alla quale è molto legata per via dei ricordi d’infanzia.
La città di Trieste svolge un ruolo importante nella narrazione: è lo sfondo naturale per una storia che si incastra a pennello tra i suoi luoghi ricchi di fascino. Si legge benissimo l’attaccamento dell’autrice a questa città.
Purtroppo io ci sono stato solo una volta e di sfuggita, giusto il tempo per lasciarmi incantare dalla grande piazza che affaccia sul mare. Chi ha dimestichezza con la città può di sicuro apprezzare ancora più a fondo il Manoscritto.
Titolo che rimanda a un plico scritto a mano che la protagonista trova nella nuova/vecchia casa e attorno al quale si sviluppa una fitta storia che, come si diceva in apertura, incolla il lettore alle pagine con il più classico dei giochi della seduzione: il vedo non vedo.
Stefania in un capitolo scopre le carte e in quello successivo le nasconde un’altra volta, incastrando così chi legge nel favoloso vizio del voler girare pagina senza interruzioni per placare la brama del sapere e del come andrà a finire?
L’autrice affida anche quella che è la sua professione di editrice, editor e scopritrice di talenti, alla protagonista. Emilia infatti è un’agente letterario; anche da questo punto di vista, il romanzo si rivela affascinante.
Anche se alla fine, il sapore che prevale sul palato è quello dell’amore. Il Manoscritto è una storia d’amore ben costruita. Una storia che fonda le sue radici nel passato di uno dei due interpreti, Amedeo, e che si intreccia alla perfezione con tutta la trama che ruota attorno al famoso manoscritto del titolo.
Stefania Convalle sa parlare d’amore, sa scriverlo e soprattutto sa farlo vivere nei suoi personaggi.
Anche per questo, immagino, utilizza il metodo della narrazione in prima persona, alternando i punti di vista di chi vive la vicenda: una volta Emilia, una volta Amedeo. Tecnica che l’autrice ha già sperimentato, molto apprezzata dal sottoscritto, in altri romanzi.
Come sempre la voglia di raccontare tanto del romanzo è fortissima, ma in pieno rispetto della curiosità di chi legge e della bellezza del libro, credo sia giusto non aggiungere altro.
Se non che Il Manoscritto è un libro da leggere se si ha voglia di sognare. Se si ha voglia di appendere la propria vita al chiodo per il tempo della lettura e di immergersi in una atmosfera che accarezza. Proprio come la Bora che incalza a Trieste, ma con un impeto ben dosato e ben calibrato.
Complimenti all’autrice, proprio per questo.