Il bacio del mare: il sacrificio di Castel Marina, questo il titolo del racconto scritto da Maria Cristina Pizzuto, PubMe. La recensione.
Caro iCrewer, eccomi oggi a parlarti di questo racconto, Il bacio del mare di Maria Cristina Pizzuto, un libro la cui copertina è così graficamente piacevole e invitante (siamo ancora in clima vacanziero, nonostante settembre ci stia ricordando che è tempo di ricominciare a lavorare) che vien voglia di acquistarlo. Io l’ho letto e, credimi, ti posso dire che mai fu più azzeccata l’espressione “l’apparenza inganna”.
“Il Bacio del Mare” è il racconto di una nonna ai nipotini. È la storia di una compagnia di ragazzi che vanno a trascorrere le vacanze estive a Castel Marina, un paesino di mare. Lì Sabrina conoscerà l’amore e sarà combattuta con i fantasmi del passato e del presente, che faranno capolino interferendo con la sua vita tranquilla. Il padre di Elisabetta segnerà la linea di confine tra la sua vendetta personale, cercando un’anima simile alla sua bambina, e la possibilità per Sabrina di divenire una cosa sola con il suo Intimo, il mare, con cui ha un legame speciale. Solo il mare porterà la vera felicità a Sabrina, in un piccolo effimero bacio, dove esso toccherà il cuore della ragazza. Sabrina, con il suo sacrificio, metterà fine al tragico susseguirsi di eventi. Neanche gli amici usciranno indenni dalle inquietanti circostanze, le cui vite saranno legate per sempre.”
Già leggendo l’intro/sinossi ci viene sottratta la curiosità su come andranno i fatti perché si anticipano gli eventi. Va beh… Comincio la lettura e l’unica nota positiva è che non vi sono refusi. Potrei commuovermi (ah no, era troppo bello: nella versione digitale ben due pagine vengono ripetute e si crea una confusione incredibile) va beh… L’idea di una nonna che racconta una storia ai nipotini è interessante, e qui si specifica che i fatti sono avvenuti nel 1998; attenzione, perché questo è un dettaglio importante. Vado avanti e mi trovo a leggere di un gruppo di amici di circa 15 anni di età che vanno a fare una vacanza a Castel Marina, soggiornando in un antico castello denominato “The Mermaid”… un po’ improbabile, mi dico, ma vado avanti… e il gruppo di amici viene accolto da una direttrice “dall’aspetto scheletrico” che li accompagna tra i corridoi lugubri facendo luce con una candela… Dracul style… va beh… Il gruppo di ragazzi sembra non far caso alle stranezze di questo “oscuro luogo” e comincia a godere del soggiorno. La protagonista, Sabrina, si presenta da subito come una ragazza un po’ strana, parla al mare e gli confida i suoi segreti più intimi, i suoi desideri, le sue infelicità (una ragazzina così giovane eppure già così delusa dalla vita!) trasmettendo un rapporto malsano sia con la sua mente che con l’inconsapevole entità naturale, mentre gli altri ragazzi la ignorano allegramente e si creano altre amicizie presso il paesino turistico. Devo sottolineare il fatto che le descrizioni su cosa accade, sulle tempistiche e sui luoghi sono a dir poco approssimative: in molti paragrafi si salta da un evento all’altro senza specificare i movimenti dei protagonisti, che tra le altre cose vanno e vengono dall’albergo senza nessuna regola, senza incontrare mai un receptionist o, che so io, altri clienti…. va beh. Non riporto i pensieri della ragazza perché sembrano paranoie di una malata di mente; e più che altro mi chiedo: cosa c’entra raccontare questo genere di cose a dei nipoti? Va beh… Vado avanti e ad un certo punto compare un altro vacanziero, Jacopo, che conquista la nostra protagonista e con la quale vive un’intensa notte d’amore. 15 anni… va beh, colpa mia che faccio parte di una generazione in cui a 15 anni non te ne potevi andare in vacanza da sola, o in giro di notte, o fare l’amore con un tizio, sparire e non destare preoccupazione tra i tuoi amici… Andiamo avanti. Dopo qualche giorno il tipo deve andare via, le sue vacanze sono finite e…. udite, udite! gli chiede il numero di telefono (siamo nel 1998, ricordate?) e la fantastica, incredibile, memorabile risposta di Sabrina è:
Va bene, però… mi spiace. Non posso appuntarmi il tuo numero, non ho né carta né penna. Furono queste le loro ultime parole di addio. Si salutarono con il solo gesto della mano, perché entrambi sapevano che, se si fossero salutati in un altro modo, non sarebbero stati più capaci di dividersi.
Cioè, io già a questo punto sono scioccata. Ometto le paranoie criptiche che si fa la tizia e passo alla fase successiva della trama: la ragazza comincia a stare male e gli amici invece di chiamare un medico o i suoi genitori la lasciano in balia di febbre e vaneggiamenti, e vengono informati dagli strani personaggi di questo albergo che vi è una leggendaria calamità che ogni tanto, a caso, colpisce una bella ragazza… e loro niente, se ne fregano e continuano ad andare al mare tutti i giorni. Finalmente un’amica della povera disgraziata chiama Jacopo (ah, ma allora qualcuno era riuscito a memorizzarlo questo benedetto numero, e menomale!) che accorre dalla sua amata per salvarle la vita. Ma un medico no, eh. Ah già, c’è una maledizione da parte di un fantasma un po’ incavolato… Con un’inverosimiglianza spaventosa, non sto a dire come si concludono gli eventi: forse qualcuno avrà il coraggio di affrontare questa lettura e non voglio rovinargli il finale.
Ti posso dire, caro iCrewer, che non vedrai più le conchiglie allo stesso modo. Io ho già sviluppato sintomi di nausea, intolleranza e rifiuto.
Mi rifiuto di credere che l’autrice abbia pubblicato il suo racconto di sole 60 pagine (in vendita anche cartaceo a 12.00 Euro tra l’altro) senza farlo prima leggere ad amici, parenti, conoscenti, chiunque! per avere un parere. Scrivere un racconto, una poesia o un romanzo non è come riportare su un taccuino un’idea strampalata che si è avuta dopo due bicchieri di troppo: per scrivere ci vuole tecnica, bisogna saper costruire una trama, descrivere i personaggi, dare un senso a ciò che si sta esponendo; non si può buttare a caso un pensiero, chiamarlo racconto e chiedere anche denaro, io questa la considero una truffa.
Mi rifiuto di assegnare una qualunque stellina, mi rifiuto di apporre il link per acquistare il libro, mi rifiuto persino di sconsigliare questa lettura. Voglio solo considerarlo un brutto incubo estivo e suggerisco all’ideatrice di questa cosa di darsi ad altro: raccogliere conchiglie ad esempio.
ho letto il libro cartaceo che è di 94 pagine e non di 60. Per il resto sono opinioni
Ciao e grazie del tuo commento, è ovvio che le opinioni vadano rispettate e se a te il libro è piaciuto ne sono contenta. Io rimango della mia opinione che 94 o 60 pagine che siano è un testo strutturato male e che andava sviluppato meglio prima di pubblicarlo.