Sono in difficoltà. I vagabondi di Olga Tokarczuk è – secondo me – un capolavoro e non so proprio come recensirlo.
È qualcosa che esce dagli schemi della letteratura, almeno di quella che mastico io. E lo fa nel linguaggio – denso e profondo come può esserlo solo una fotografia di reportage –, nella struttura del racconto delle singole storie e nella loro composizione finale. C’è libertà in questo libro, c’è movimento, e il lettore che vi si avvicina si sente quasi annichilito. Ma non spaventarti, non fa paura.
Non è una lettura immediata: I vagabondi richiedono tempo, il tempo di un viaggio che tu lettore ti vuoi concedere, anche a tappe. È un libro che ti sa aspettare se rimani indietro o inciampi in qualche capitolo, sa tenderti la mano e portarti fino alla fine, fino alla stesura del tuo personale diario di bordo.
“(…) Non vergognatevi – penso agli altri, a quelli che aspettano l’apertura del gate –, tirate fuori i vostri diari e scrivete. D’altronde siamo in tanti a scrivere. Non diamo a vedere che ci guardiamo, non alziamo lo sguardo dalle nostre scarpe. Ci descriveremo semplicemente a vicenda, è il mezzo di comunicazione più sicuro; ci trasformeremo reciprocamene in lettere e iniziali e ci renderemo eterni sulle pagine di carta, ci plastineremo immergendoci nella formalina di pagine e frasi. (…)”
Per curiosità personale confronto sempre i titoli originali con quelli della traduzione nelle altre lingue che parlo. I vagabondi dell’edizione italiana (pubblicata da Bompiani, nella traduzione di Barbara Delfino) sono i Bieguni (un gruppo di nomadi dell’Est, ndr) in quella originale, Flights in quella inglese e Los Errantes in quella spagnola.
Tutti rimandano subito al concetto di viaggio, al movimento, all’errare proprio dell’essere umano – mi viene in mente Eric J. Leed nel libro La mente del viaggiatore. Dall’Odissea al turismo globale (edito da Il Mulino) –. Ognuno di questi titoli, però, è legato a un preciso aspetto del viaggiare, e il libro, nel suo scorrere infinito, lento e inesorabile come il fiume Oder che si incontra nelle prime righe, ingloba in sé tutti questi aspetti, tutte queste storie.
Olga Tokarczuk racconta i suoi vagabondi
In questo breve video realizzato da Bompiani, Olga Tokarczuk racconta chi sono i suoi vagabondi.
Olga Tokarczuk
Scrittrice polacca, Olga Tokarczuk nasce nel 1962 a Sulechow, in Polonia. È una delle voci più importanti della sua generazione. Ha studiato psicologia presso l’Università di Varsavia. Con I vagabondi ha vinto il Man Booker International Prize 2018 ed è stata finalista al National Book Award. A dicembre 2019, Olga Tokarczuk ha ricevuto il premio Nobel 2018 per la letteratura, con questa motivazione: «per un’immaginazione narrativa che, con passione enciclopedica, rappresenta l’attraversamento dei confini come forma di vita».