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Recensione: BELLAMARI, di Raffaele Colelli

Donatella De Filippo 6 anni fa Commenta! 5
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BELLAMARI, l’ultimo romanzo d’amore di Raffaele Colelli.

Di Raffaele Colelli, ricordo molto bene di aver curato la recensione di Violetta dal mare un altro suo piccolo capolavoro letterario, tutto salentino. Di Salento e del suo mare è intriso anche il suo ultimo romanzo dedicato all’amore “diverso”.  Una storia  al limite del fiabesco, che lo scrittore indica nel sottotitolo del libro. Un sentimento che ai più non è dato di conoscere, dove la realtà più dura lascia sempre il posto alla speranza, ma proprio per questo destinato ai pochi, quelli puri di cuore, scevri da infrastrutture, capaci di amare oltre i confini della ragionevolezza, tenaci e risoluti nel difendere, a tutti i costi, l’amore unico, irripetibile che va oltre l’amore stesso.

 

 

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I romanzi di Colelli sono così, limpidi come il mare dello Jonio che lambisce gli scogli di Porto Cesareo, ormai, fonte ispiratrice dei suoi racconti. Un mare spinto dalla brezza dei ricordi, che, come onde, vanno avanti e indietro nella mente, custode  dei sentimenti delle persone che lo abitano, sentimenti semplici, senza fronzoli, come lo è la terra che lo accoglie. Un frastagliato palcoscenico di un teatro in cui scorrono le vicende di una famiglia umile, invecchiata dal sole che batte forte, che ha conosciuto Violetta prima e che ora segue la storia di Gino, il pescatore innamorato della sua terra tanto da rinunciare ad una vita migliore in America per vivere solo vicino al mare cullato, nelle notti di luna piena, dalla sua barca.

 

Quello che affascina è la capacità di Colelli di descrivere la vita di quest’uomo, come un pittore dipinge il suo quadro, come un padre racconta la fiaba al figlioletto prima di dormire. Il tipico linguaggio del Sud da l’immediatezza della realtà e dell’ambiente in cui il giovane cresce e si forma Segue con prudenza i suoi primi pensieri, quelli del fanciullo che in prima persona, racconta di se, della sua semplicità d’animo ma attento e curioso della vita, senza troppe pretese ma rispettoso dei valori familiari, già innamorato del suo mare e di quella che sarebbe diventato il suo primo amore, la sua confidente, l’unica vera amica a cui affidare le gioie e dolori della vita

 

Per il giovane pescatore, Bellamari oltre che ad essere il titolo del romanzo, è sogno che diventa realtà. Intorno a lei ruotano come in una giostra i personaggi con i quali, nel corso del tempo, si rapporta e che presenta nella loro storia personale: la prima cotta per la prostituta, l’amico fraterno, i malavitosi sempre in agguato, e Luce, la sua sposa, la piccola albina dagli “occhi lucenti”, orfana morale di genitori violenti e incapaci di amare, per la quale Gino affronterà il rigido inverno russo rischiando la morte, ma portando con se esperienze di amicizia vera, di sentimenti che si pensava non potessero più esistere.

 

Pesca Gino, pescando diventa uomo, raggiungendo il suo sogno e coronandolo di Luce. Per lei lascerà il fuoco della sua terra sfidando il ghiaccio dall’altra parte del mondo, spingendosi ai confini gelati non solo di lande deserte, ma di cuori spietati insensibili al dolore altrui”

Qualunque cosa accada, Ginoi ritorna alla sua BELLAMARI, l’unica da cui si sente compreso e alla quale parla, ancora, di se. Anche in questo, lo scrittore sceglie di affidarsi all’irreale fiabesco per spianare la matassa dei dubbi e delle incertezze, una scelta, a mio avviso, che si sposa bene con la delicatezza del racconto, impreziosito dai dialoghi al limite del prosaico.Tutto è orchestrato secondo gli umori e gli amori di quest’uomo rude, a cui lo scrittore salentino dona il regalo più grande, l’umanità!

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