Angelo Imperfetto di Leta Blake, edito Quixote edizioni.
“L’Arcangelo Michael è stanco. Ha combattuto guerre e cacciato suo fratello Lucifer dal Paradiso prima che i secoli bui ritornassero. Il suo ruolo di protettore di Israele ora comprende tutta l’umanità, e mentre svolge perfettamente il suo lavoro, c’è poca gioia personale nella sua vita.
Fino quando, una notte, in un bar incontra Asher.
Michael non è sicuro di cosa lo attiri nel vulnerabile e autoironico Asher, ma qualcosa nel suo cuore riservato, nei suoi sorrisi gentili e la conoscenza enciclopedica dei fiori lo attira in un modo che non può essere negato. Peccato che l’amore non faccia parte della sua missione.
Di fronte a un’eternità di perfetta sottomissione all’autorità di Dio, un impulso di ribellione si agita in Michael. Domande sul libero arbitrio, vocazione angelica e il ruolo dell’amore e della lussuria richiedono risposte che potrebbero costare a Michael il suo posto in Paradiso.”
Ci ho messo un po’ per capire come impostare al meglio questa recensione, semplicemente perché questa storia ha avuto molti pro e contro. Comincio a dire che mi ha attirato subito dal primo momento dalla trama, essendo amante dell’argomento angeli e tutto ciò che gli ruota attorno, il mix con un racconto MM mi ha subito entusiasmato. Quindi ho deciso di buttarmi in questo romanzo della Quixote Edizioni, precisando che questa è stata un ulteriore spinta, visto che la suddetta casa editrice è molto apprezzata dagli amanti del genere ed ero curiosissima di cominciare a leggere qualcosa di loro.
Ma veniamo a noi e all’analisi di “Angelo imperfetto” al quale a malincuore mi sono sentita di dare tre stelle e mezzo, quando avrei tanto desiderato darne di più. Ma ora vorrei spiegare il motivo della mia scelta, cominciando dai punti di forza. Come ho già detto la trama mi ha intrigato da subito: l’arcangelo prediletto Michael, portatore di giustizia e protezione che si trova ad avere a che fare con una battaglia interiore e lottare con la “schiavitù angelica” che gli impone di seguire determinate regole.
E’ un romanzo breve, si legge velocemente e in modo fluido, anche i discorsi affrontati all’interno li ho trovati davvero molto interessanti, tanto che ci troviamo davanti all’interpretazione stereotipata di una visione del “Padre”. L’autrice stessa, nei commenti iniziali, si scusa per la sua “blasfemia” in questa storia, ma a dire la verità penso che tutto questo non si possa chiamare tale, visto che all’interno vi è un messaggio interessante da portare a galla, tra cui l’importanza della scelta del proprio destino e chi amare. Chi siamo noi per giudicare? Dobbiamo essere davvero “schiavi” anche del potere universale? Del Padre? O Lui ha tutto scritto per noi e ci aiuta nella nostra scelta? Insomma, le domande sono tante e i temi sollevati interessanti e penso che sarebbe stato molto bello approfondirli ancora di più.
Ora veniamo ai tasti dolenti e sul perché ho abbassato a malincuore le stelline, e vorrei cercare di essere più chiara possibile. Mi piacerebbe avere un confronto con la Quixote al riguardo, giusto per avere più chiara la modalità in cui il romanzo è stato impostato o sono io che sto elaborando un’opinione sbagliata. Ovviamente, questo rimane sempre il mio pensiero e tale rimane, i gusti sono gusti. Una cosa che non mi è piaciuta in questo romanzo è stata la volgarità di molte scene e i termini usati. Una scena che poteva essere piacevole, sexy, erotica, passionale… mi sembra sia stata rovinata da alcune terminologie che a mio avviso non avrei mai utilizzato. Diciamo che questo è solo un mio punto di vista e sicuramente ci saranno molte lettrici che apprezzano questo stile e le impostazioni volgari. Però, per me non è stato così, anzi, mi ha fatto storcere il naso. Facendomi dare la percezione che tutta la storia e le scene di sesso, vengano rovinati da questa volgarità non strettamente necessaria. A mio avviso non occorrono termini volgari per attirare e interessare il lettore, però non posso mettermi di certo contro la scelta dell’autore e della casa editrice.
Il mio timore, a volte, è che l’utilizzo di certe terminologie ridicolizzino totalmente una scena che potrebbe lasciare la bocca aperta o trasmettere emozioni forti. Tanto che ho paura che certi testi portino a generalizzare il pregiudizio sulla narrativa MM, quando ci sono tantissimi romanzi non scritti per forza in modi scurrili che meritano davvero, e la stessa cosa vale per il genere erotico. Mi è capitato di vedere persone storcere il naso semplicemente perché hanno avuto la sfortuna di incappare in lettura volgari dei suddetti generi, abbandonando poi totalmente la possibilità di leggere altro e inchiodando la visione di quel genere con quella facciata. Questo non è giusto.
Un’altra cosa che mi ha fatto “scervellare” è la possibilità che queste terminologie siano state solo tradotte in senso letterale dall’inglese all’italiano. Cerco di spiegare al meglio, ovvero, che alcune parole tradotte dal una lingua all’altra, semplicemente stonino, e purtroppo alcuni termini in italiano risultano ridicoli. Giusto per fare un esempio, viene a volte utilizzato in testi inglesi il termine “pistoning“, che così a orecchio non suonerebbe malvagio, ma tradotto nella nostra lingua “martellare” diventa pressoché… ridicolo, soprattutto se inserita in una scena di sesso.
Insomma, non c’è bisogno di essere volgari per creare una scena spinta o dettagliata a mio avviso, perché rovina l’atmosfera creatasi. Ovviamente, dipende anche come si imposta la volgarità, precisiamo! In preda all’estasi e alla passione un pizzico di questo non guasta di certo, ma inciampare nel troppo il passo è breve.
Detto ciò, spero di non creare alcun flame con queste parole, visto che rimane sempre un punto di vista personale.