Non servono molti giri di parole per dire che quello che più mi ha colpito di A regular poem è l’idea, nata dalla creatività di un giovane autore: Alessandro Porto. Poeta e performer, conosciuto di persona al Living green book festival dello scorso mese di luglio.
Questo libro, infatti, chiude la parentesi del mio bottino personale infilato nella libreria di casa dopo quella giornata in quel di Monza.
In realtà avevo preso contatti con Alessandro Porto già in precedenza: qualche scambio di mail per dei Poetry Slam da lui organizzati e tanta curiosità, da parte mia, per le sue idee culturali spesso condivise attraverso i social network.
Incontrarlo di persona è stata una bella rivelazione, in particolare per la sua giovanissima età. Fattore, questo, che ai miei occhi ha reso ancora più affascinante la stesura di A regular poem, un vero e proprio romanzo scritto in versi, un poema.
A regular poem: il libro di Alessandro Porto
Perché di questo si tratta. Di un poema fatto e finito. A regular poem – sottotitolo Ossia il resoconto di un uomo morto, ma sopravvissuto – è un lavoro ambizioso, coraggioso e unico. Un lavoro che a mio avviso è ben riuscito.
L’ispirazione è senza dubbio La Divina Commedia, di continuo citata, menzionata e presa a modello per quello che è un vero e proprio viaggio nell’io alla ricerca del senso della vita. Un viaggio, quello del protagonista Romeo, chiaramente ambientato nei giorni nostri tra sensi di colpa, notti trascorse nel lusso, incontri con personalità di poca sostanza e amore.
Perché anche per A regular poem ciò che “move il sole e l’altre stelle” è il più nobile dei sentimenti. Sarà infatti l’infatuazione per una donna a far intraprendere al protagonista un viaggio nelle notti di una Milano tratteggiata per il suo aspetto bohémien.
Un percorso che pagina dopo pagina spazia tra i vari temi che caratterizzano la società moderna: la politica, il denaro, il lusso e il sempre caro compromesso che c’è da sottoscrivere tra la vita sognata e quella realmente vissuta.
Romeo, infatti, è un uomo qualunque. Un essere stanco del suo lavoro e della consuetudine delle sue giornate. Ecco perché ogni lettore è in grado di riconoscersi facilmente nel protagonista e soprattutto nel viaggio interiore in cui si cimenta.
Ma ciò che più colpisce del libro di Alessandro Porto è la forma. Un romanzo – ops perdona caro iCrewer – poema, suddiviso in canti scritti con una tecnica sopraffina. Tecnica che richiama ai più antichi e blasonati poemi della storia della letteratura. L’autore stesso, grazie a una bellissima introduzione che apre il libro, va a indicare, canto per canto, l’ispirazione e l’aspirazione a cui far riferimento.
Un genere classico, dunque, rovesciato come un calzino da un vocabolario moderno e in qualche occasione anche audace. Del resto non si poteva certo disegnare i sentieri della perdizione con soffici colpi di pennello.
Ho letto A regular poem la sera, spesso anche vinto dalla stanchezza. Ho centellinato i canti concedendomene uno alla volta, a mio avviso il modo migliore per assimilarli e rimuginarli nella mente. Perché come dicevo, tra citazioni colte e colpi di tacco letterari, il poema rivela le domande esistenziale di ognuno di noi.
E quando un libro ti mette di fronte a uno specchio, o peggio ancora al muro, significa che l’autore ha svolto un ottimo lavoro. Almeno questo è quello che vale per quello che è il mio approccio alla lettura.
In conclusione, dovendo consigliare questo libro a voi lettori fedelissimi della nostra community, direi che A regular poem è il testo ideale per tutti quelli che vogliono qualcosa di diverso. Per i lettori che amano sperimentare e soprattutto che riconoscono il valore di giovani autori che si mettono alla prova con idee ricche di originalità e genialità. Anche quando sono pescate dal più classico dei corsi d’acqua della letteratura.