Anche quest’anno è uscito l’ultimo rapporto Istat sulla lettura in Italia. Dai risultati emerge una forte disuguaglianza territoriale
Già nel 2017 era stato evidenziato l’enorme divario tra Nord e Sud e le ultime ricerche Istat non hanno fatto altro che riconfermare i risultati già ottenuti. Infatti, secondo le statistiche, è nel Nord che si attestano le percentuali maggiori di soggetti, di età superiore ai sei anni, che hanno letto almeno un libro per motivi non strettamente scolastici (49,0%). Per quanto riguarda il Centro la posizione è intermedia: si va da un 46,4% della Toscana a un 35,2% dell’Abruzzo, attestandosi su un 44,5% totale. Al Sud la quota scende considerevolmente e arriva al 28,3%. Nelle Isole le percentuali variano notevolmente: si passa dal 25,8% della Sicilia al 44,5% della Sardegna, uguale al Lazio.
Di seguito riportiamo i dati, regione per regione. In cima troviamo la provincia di Trento con un 54,2%, seguita da Bolzano con un 52,0%. Si comincia a calare in Toscana, con un 46,4%. In fondo rimane la Sicilia con un 25,8%.
-Provincia Autonoma di Trento: 54,2%
-Provincia autonoma di Bolzano: 52,0%
-Friuli-Venezia Giulia: 50,6%
-Liguria: 49,1%
-Lombardia: 48,6%
-Veneto: 48,4%
-Emilia-Romagna: 48,3%
-Valle d’Aosta: 48,0%
-Toscana: 46,4%
-Piemonte: 46,2%
-Lazio: 44,5%
-Sardegna: 44,5%
-Marche: 41,8%
-Umbria: 41,1%
-Abruzzo: 35,2%
–Molise: 33,3%
-Basilicata: 30,8%
-Puglia: 27,6%
-Campania: 27,5%
-Calabria: 26,1%
-Sicilia: 25,8%
Da cosa possono dipendere le differenze tra regioni?
E’ noto che nelle regioni meridionali ci sia un tasso di disoccupazione più alto e redditi in media più bassi. Quindi, la maggior parte delle risorse viene usata per generi di prima necessità piuttosto che per per la cultura. Se, da una parte, le biblioteche potrebbero ovviare facilmente a questo problema, dall’altra è anche vero che spesso le strutture pubbliche sono carenti.
Inoltre, gran parte dei potenziali lettori sono studenti universitari che, molto spesso, si trasferiscono alle Università del Centro-Nord per completare gli studi. Di conseguenza, le percentuali che si riferiscono al Sud calano notevolmente.
Vediamo come sono cambiate le cose rispetto al 2017
Le ricerche Istat del 2017 avevano rilevato che nelle regioni del Sud leggeva meno di una persona su tre (28,3%), mentre quasi una su due in quelle del Nord (49,0%). Come si può vedere, la situazione non è cambiata. Al Nord le percentuali continuano a rimanere sul 49% e al Sud sul 28%.
Potrebbe sembrare normale che in un anno le cose non mutino più di tanto. E già ci rallegriamo che le percentuali non siano calate. Però un 49% che rimane 49% e un 28,3% che rimane un 28,3% è comunque un dato preoccupante. Se nel 2017 si era ottenuto un esiguo miglioramento per quanto riguarda la percentuale dei lettori mondiali, salita dello 0,5%, nel 2018 questa percentuale non è salita neanche un po’. Risulta chiaro che per invertire questa tendenza sarebbero necessarie politiche mirate ed efficaci da parte anche del governo.
Da dove nasce l’abitudine della lettura?
Lettori non si nasce, si diventa. Come evidenziano sempre i dati Istat, la passione per la lettura si acquisisce soprattutto in famiglia. Nei bambini dagli 11 ai 14 anni legge l’80% che ha madre e padre lettori e solo il 39,8% di coloro che hanno entrambi i genitori non lettori. Una differenza del 40%. Quindi, ed è anche intuitivo, è più difficile che un bambino cominci a leggere se in casa nessuno apre mai un libro. O se quelli che apre sono le riviste con la storia di Padre Pio. Anche se, comunque, sempre meglio che non leggere affatto. Dopotutto, è abbastanza difficile che un bambino possa appassionarsi alla lettura se non ha mai la possibilità di toccare un libro e di cominciare anche solo a guardarne le figure, per passare poi anche alle parole. Qualcuno potrebbe controbattere che, libri in casa o meno, arrivati a scuola necessariamente ci avviciniamo alla lettura. Sempre con i dati alla mano possiamo tranquillamente dire che le politiche scolastiche e di educazione alla lettura non fanno un buon lavoro da anni. Secondo gli editori ben il 38,4% di non lettori dipende da questo. E, pensandoci bene, non hanno tutti i torti. E’ veramente raro che la scuola incentivi la lettura. Anzi, diciamolo meglio. Andando a scuola i libri si leggono per forza, ammesso che non si scarichino i riassunti da Internet e non si copino i compiti. Dante, Manzoni, Verga, Gadda, talvolta Calvino, li abbiamo letti tutti. Stesso discorso può valere per le opere dei principali autori inglesi, francesi, tedeschi o spagnoli, a seconda della lingua studiata. Però, tra il far leggere i libri e far appassionare alla lettura c’è di mezzo il mare. Ci sono autori che vanno studiati ed è giusto così. Ma forse sarebbe anche necessario affiancare alla Divina Commedia letture degli ultimi anni, moderni, di scrittori altrettanto rispettabili e che sanno, in più, comunicare in modo più immediato con i giovani lettori. Un esempio potrebbe essere Ammaniti, solitamente altamente snobbato da qualsiasi insegnante di italiano, Elena Ferrante o anche scrittori di altri Paesi, come la Rowling. Harry Potter ormai l’ha letto chiunque ed è piaciuto più o meno a tutti.
Altro fattore che incide non poco sulla diffusione della lettura è l’offerta di servizi, come librerie e biblioteche, e le iniziative culturali proposte. E’ normale che se si entra in una libreria e si trovano solo libri di cucina o di un qualche youtuber che pubblica il libro della sua vita nonostante abbia quindici anni, non vi si torna più. Per non parlare delle biblioteche, che rischiano la chiusura un po’ ovunque.
Infine, sembra che anche la tipologia comunale sia un ulteriore elemento discriminante rispetto all’abitudine alla lettura: risulta molto più diffusa nei comuni centro dell’area metropolitana (49,1%) che in quelli con meno di 2mila abitanti (37,0%). Il che è abbastanza normale; nei paesi ci sono sicuramente meno opportunità di poter comprare un libro.