Dal mondo letterario e poetico d’oltre-oceano una nuova avanguardia si affaccia tra gli stili, il BlackoutPoetry che cancella invece di scrivere.
Che quello americano sia un popolo originale, moderno e all’avanguardia, è noto a tutti; che una ne pensino, cento ne inventino e mille ne facciano, forse altrettanto. Vero è che la loro letteratura è relativamente moderna (se si escludono i meravigliosi testi, tramandati oralmente, degli antichi pellerossa indigeni del luogo) e non affonda certamente le sue radici nella notte dei secoli come quella europea, considerando anche che la critica ufficiale è concorde nello stabilire che la data di inizio della nuova fioritura poetica, in America, sia il 1912, ma che addirittura la loro modernità si sia espressa inventando la poesia cancellata è, un minimo, destabilizzante…
Riprendo la notizia così come l’ho letta e te la ripropongo, tanto per farti un’idea: “Pochi semplici passi sono necessari: avere a portata di mano un articolo di giornale e un pennarello nero, cercare le parole più interessanti leggendo il testo, non solo dall’alto verso il basso (come normalmente si legge), nella maniera canonica ma in qualunque direzione (una sorta di anarchia di rotta), per avere punti di vista diversi, cancellando le parole di troppo e lasciando visibili quelle che ispirano la propria vena poetica”.
Meravigliato, stranito? Ti capisco. Sono assolutamente perplessa anch’io di fronte a questa novità. E’ giusto e sacrosanto essere aperti a tutto, il mondo poetico è bello perchè è vario… e si possono trovare tutti i luoghi comuni che il parlare generico può ispirare, ma converrai (e se non ne convieni, parliamone) che i seguaci del BlackoutPoetry, così si chiama la nuova tendenza, siano un pochino sui generis. Che i poeti appartengano ad una categoria certamente non tanto normale, (sempre ammesso che si possano stabilire dei canoni per la normalità e definire cosa è o non è normale ) che sia gente fuori dal comune sentire e forse anche un po fuori di testa, ci potrebbe pure stare ma inventarsi di cancellare per scrivere è quantomeno estroso. Quantomeno.
Non so fino a che punto i poeti della Tradizione Americana, gente che non rientra certamente nella comune normalità, penso ad Edgar Lee Master, a Charles Bukowski, ad Emily Dickinson o al più contemporaneo Bob Dylan, tanto per citarne solamente alcuni, accettino o avrebbero accettato questa nuova pratica poetica che, a volerci pensare, pesca un po dal Futurismo Italiano e un po dalle Avanguardie Francesi ma che, secondo il suo diffusore, Austin Kleon, risale addirittura a 250 anni fa.
Austin Kleon, autore e artista statunitense, le cui opere si concentrano sulla creatività, ha lavorato come bibliotecario, come web designer e copywriter. Molto attivo sui sociali, ha diffuso questo nuovo modo di fare poesia, a parte che su Instragram e Tumbrl, attraverso un suo libro Newspaper Blackout, pubblicato nel 2010 e del quale non esiste ancora una traduzione italiana (almeno così mi sembra, dopo aver cercato in largo e lungo su Internet). Altre sue opere, queste invece tradotte anche in italiano oltre che in altre lingue e reperibilissime su Amazon, sono: Ruba come un artista, Semina come un artista, Accendi le tue idee, per citarne alcune. Secondo il suo pensiero, rubare le idee ad altri e farne spunto per creare ex novo, sta alla base di ogni creatività artistica e non è reato (così per dirtelo in maniera semplice semplice…).
Mi sarebbe piaciuto leggerle queste poesie cancellate, (peccato non masticare tanto d’inglese) fosse solo per verificare se, oltre all’originalità della scrittura, anzi della cancellazione, i contenuti siano altrettanto originali e fantasiosi. Una cosa è certa, Austin Kleon ha trovato una soluzione per chi soffre di panico da foglio bianco: il foglio nero, dove i testi cancellati lasciano evidenziate soltanto le parole che il poeta sceglie per comporre i suoi versi.
Sinceramente non so se definire questa tecnica una genialata o un’americanata, la mia perplessità non riesce a trovare la famosa via di mezzo dove i latini hanno collocato la virtù. Probabilmente la forma mentis di quelli che come me amano la poesia, non dico tradizionale ma con la P maiuscola, poco si adatta a queste novità di oltreoceano. Mi sorge spontanea una domanda (il caro Marzullo mi supporta spesso…) e citando un altro famoso, William Gaddis , che afferma: “L’originalità è un trucco di cui si serve la gente priva di talento per far colpo su altra gente senza talento e per difendersi dalla gente di talento”, mi sento di aggiungere un bel punto di domanda, perchè il dubbio francamente mi è venuto.
E qui potremmo aprire un dibattito volendo, che ne pensi caro iCrewer della BlackoutPoetry?