Ali di carta di Sandra Mirabella, 75 pagine di vita vissuta e raccontata sulle resistenti e fragili ali della poesia.
non proprio tutti ma qualcuno si riconoscerà in queste mie righe…
…è la prima frase che si legge aprendo la raccolta di versi e pensieri di Sandra Mirabella, autrice di Ali di carta edizioni Accademia: la prima frase da già un piccolo anticipo di ciò che si racchiude nel suo mondo interiore fatto di piccole cose, di sensibilità, di fragilità ma anche di forza, di convinzione in quei valori che reputa eterni, di sottile ironia a volte, di osservazione profonda della vita con tutto quello che vi ruota intorno.
“La mia casa è in alto/ vicino al nido delle rondini./ Sono loro ad insegnarmi la libertà del volo/ l’apertura delle ali/ il planare col vento incontro al sole./” […]. (versi tratti da Volo libero).
Una piccola raccolta, solo 75 pagine racchiuse in una copertina che mostra un cielo a tinte sfumate, tra il violetto, l’azzurro e il rosa, dove le nuvole coprono l’azzurro e danno risalto alle ali aperte di uccelli librati in volo. “… stormi di uccelli neri,/ com’esuli pensieri, nel vespero migrar./ Sono questi versi stranoti del Carducci, la prima cosa che mi è venuta in mente vedendo la copertina di Ali di carta. Ma gli esuli pensieri di Sandra Mirabella, nella raccolta, non hanno la pesantezza di uccelli neri: sono pensieri a volte disincantati e densi di malinconia, altre crepuscolari o amari ma sempre carichi di speranza che sembra essere quasi il leit-motiv di tutta la raccolta.
Ed è proprio la speranza che come un filo invisibile unisce e cuce insieme, le quattro sezioni in cui è divisa la raccolta: Scie di sogni, Parole nude, Semi, Approdi. Ogni sezione è anticipata da una breve introduzione in prosa, probabilmente Sandra Mirabella vuole fornire al lettore una chiave di lettura, una sorta di spiegazione del suo poetare, quando dice “Non c’è persona più vicina al sogno di un poeta, […]. Un poeta parla alla luna, abbraccia l’orizzonte fa l’amore con gli elfi e le fate, figure di sogno, ma non questo perde il controllo di se stesso, anzi vi ci approda lentamente e continuamente attraverso il fluire delle emozioni…” Così si legge nel piccolo prologo della prima sezione, Scie di sogno.
La seconda sezione, Parole nude, sembra quasi capovolgere il senso del sogno per trovare la concretezza della realtà e approdare ad un percorso poetico che disegna la vita con le sue gioie e suoi dolori, con la sua logica ferrea e le sue contraddizioni ma che tratteggia e rende visibile, allo stesso tempo, la profonda sensibilità dell’autrice che ha “parole nude, prive del pudore e del suono della parola parlata, come un aratro che affonda nella profondità dell’anima e la disvela…”
Semi, la terza sezione o capitolo, come l’autrice definisce queste piccole incursioni nella prosa prima di ogni sezione, è la ricerca, il percorso che arriva fino nelle profondità dell’anima che “non teme il buio dei momenti di dolore o le cicatrici che troverà. […] In queste poesie esprimo dalla parte di chi non voglio stare, ovvero dalla parte dell’odio… […].Semi da curare da far fiorire in un terreno più fertile…”
Infine Approdi, l’ultima sezione è quella delle grandi domande, “Qual’è il senso della vita, cosa cerchiamo, […]. siamo solo un piccolo segmento nella linea del tempo ma il colore della nostra anima può disegnare l’infinito.” In questa sezione, sembra che l’amarezza prenda il sopravvento e che l’approdo sia il totale disincanto ma in realtà i semi di speranza, caparbi, resistono e germogliano anche nel buio totale di una terra arida.
Ho conosciuto Sandra Mirabella, meglio ho conosciuto la sua poesia, attraverso il social in cui entrambe bazzichiamo, ho scoperto piano piano, leggendola che dietro l’apparente distacco che uno schermo, spesso ingannevole, può trasmettere, c’era una persona certamente riservata e schiva ma dal cuore tenero, pregna di quei valori eterni a cui nessuno o quasi, crede più: una donna, un’insegnante, una mamma, sicuramente anche una moglie e precedentemente una figlia che vive il suo tempo, ne coglie le incongruenze, le ingiustizie, le fatiche e ne osserva lo scorrere; un’anima che scruta la natura nelle sue mutazioni e trasformazioni e con lei gli uomini in un’eterna metafora che accomuna, l’avvicendarsi delle stagioni e con loro gli avvenimenti della vita e ne fa poesia, ne fa il suo canto, il suo modo di esorcizzare e sconfiggere quel famoso male di vivere di Montaliana memoria che gran parte dei poeti portano inciso nel DNA. Questa mia prima impressione è stata confermata dalla lettura di “Ali di carta” (che Sandra molto carinamente mi ha regalato con una bella dedica personale) e penso di aver contribuito in minima parte alla pubblicazione: tante volte mi è capitato di commentare i suoi post di Face Book, dove Sandra gestisce una pagina dedicata alla poesia, Gocce di mare, spingendola a raccogliere i suoi versi e farne un libro… e libro fu, finalmente, nel Luglio 2019.
Al di la delle sezioni o capitoli, in cui Sandra Mirabella divide la raccolta, io credo che invece Ali di carta abbia un corpo unico, con un filo conduttore comune, (come ho anticipato sopra) presente (a volte più, a volte meno) in tutte le sezioni: la speranza. Può sembrare una speranza labile in alcuni componimenti: “Rimaneva attaccata/ l’ultima foglia./ Testarda,/ sfrontata,/ senza paura./ Legata a quel filo di speranza,/ convinta di non dover mai cadere./ E venne l’inverno./” (versi tratti da L’ultima foglia); oppure il pessimismo può prendere il sopravvento in altri: “Quanto Dolore dovrà ancora/ uccidere la Speranza?/ Non sono germogliati i semi di pace/ e giacciono sterili/ inutili su terra avvelenata./ (versi tratti da Semi di pace). O ancora, “adesso che abbiamo perso anche l’ultima goccia di Speranza […] non ci resta nulla da cantare./ Allora taci Poesia./” (versi tratti da Nulla da cantare)… ma la speranza risorge quasi caparbia e indomita e trionfa su ogni dolore, su ogni pessimismo, su ogni male di vivere, andando controvento, con le sue fragili ma indistruttibili ali di carta: “Se perdo la speranza/ si spegnerà anche il Sole/ lo stesso che riscalda anche te./ L’ho vista,/ si./ L’ho vista la speranza/ […] Dall’anima mia/ con un guizzo di follia/ sale ancora un ultimo richiamo/ e la Speranza/ come un’eco mi risponde./ (versi tratti da Plexiglas).
“Non proprio tutti ma qualcuno si riconoscerà…” scrive Sandra nella prima pagina: questo mettersi nei panni di chi legge, indossandoli e facendoli propri, è una costante nella sua poesia che ricerca l’altro come spettatore o come destinatario dei suoi versi, nell’assiduo bisogno di essere ascoltata, di esserci ma nello stesso tempo schiva, refrattaria e quasi nascosta, immersa nelle contraddizioni che sono proprie della sua poesia… “Scrivo nel Silenzio delle ore./ Nel Silenzio della vita/ traccio un segno/ un ordito./
Sandra Mirabella è siciliana, nata a Catania nel 1953. Ha vissuto nei primi anni di vita ad Ognina, un piccolo borgo marinaro in provincia di Siracusa. Avverte fin da piccola l’amore per la lettura e per la scrittura e, complice la vittoria di un concorso, dedicato ai ragazzi e lanciato alla radio, “E adesso continua tu”, dove si doveva dare un finale ad una storia iniziata, comincia la sua avventura nel mondo della scrittura. Trasferitasi a Siracusa con la famiglia, si diploma all’Istituto Magistrale e si iscrive all’Università di Catania alla Facoltà di Filosofia e Pedagogia, ma abbandona gli studi a poche materie dalla laurea. Sposa giovanissima, appena 19 anni, diventa presto madre di due figli. Accanto alla passione per la scrittura, Sandra Mirabella coltiva anche quella per la pittura. Ali di carta è la sua prima raccolta, altre sue poesie sono state pubblicate in un magazine online e, come ho avuto modo di raccontarti, è stata inserita in Goccia a goccia 2019, antologia di Poesia Sociale curata da Matteo Cotugno.
… e spero di non stancarti, caro iCrewer ma vorrei concludere questa pagina dedicata a Sandra Mirabella con una sua breve poesia che, a mio avviso, è emblematica del suo poetare:
Oggi ho fili di luce fra le dita.
Come un fiore
mi nutro di profumi
e stendo panni di colori
sull’erba di rugiada
ad asciugare al sole
d’ogni mattino.