Che strana cosa è la memoria! A volte basta un nome più o meno importante, per sentirsi sbalzati in un nano-secondo dentro un tempo vissuto ormai remoto e relegato nel fondo più profondo. Eppure un semplice richiamo, un’analogia o un nome riportano, improvvisamente, ad una realtà vissuta che resterà dentro per sempre. Così se ti dico “Ada Negri“, non dirmi che il ricordo delle poesie imparate ai tempi della scuola elementare, non è immediato e spontaneo anche per te. La mia generazione (e penso anche le altre successive alla mia), ha studiato a memoria decine di versi di Ada Negri, senza sapere e senza neanche chiedersi chi fosse quella donna-poeta che parlava di campi di strade e di neve che silenziosamente cadeva… Sui campi e sulle strade;/ silenziosa e lieve,/ volteggiando, la neve/ cade: quattro versi che riecheggiano fra i ricordi di un passato remoto fatto di infanzia, giochi, scuola, compiti e quaderni in bella copia dove scrivere poesie in rima da imparare e recitare. Poesie che non si dimenticano più, neanche a distanza di molti anni. Come non dimentico quello che allora a me, bimba del sud Italia (abituata a nomi più popolari e plebei), sembrava un nome aristocratico, quantomeno da principessa e non mi spiegavo come mai una che si chiamava Ada, invece di “fare la regina”, scrivesse poesie sulla neve che, volteggiando silenziosa, cadeva sulle strade… Infanzia incavata nella memoria, direbbe un altro poeta di mia conoscenza.
Memoria dicevo e dalle sue associazioni probabili e improbabili, anche per questo venerdì, scaturisce l’argomento per la rubrica di poesia, come di consueto. Anzi parliamo proprio di Ada Negri, menzionata sopra e non a caso: qualche giorno fa, infatti, esattamente il 14 Gennaio 2020, la casa editrice Mondadori (con la collana Oscar nello specifico), ha pubblicato gran parte della produzione letteraria di Ada Negri, in un unico volume, Poesie e prose, di 924 pagine raccogliendo le sue poesie e i suoi racconti. Dall’aver appreso la notizia, al voler approfondire la conoscenza di un’autrice quasi dimenticata e riaffiorata fra i ricordi, il passo per me non è stato molto lungo, come saprai la curiosità mi spinge sempre un po’ oltre e quando si tratta di poeti e poesia, la curiosità diventa proprio bisogno di saperne di più. (Che vuoi farci caro lettore, ognuno ha le sue fisse…)
Ada Negri nasce a Lodi nel 1870 e muore a Milano nel 1945. Le umili origini, mai dimenticate e raccontate in poesia, Io non ho nome./ Io son la rozza figlia dell’umile stamberga;/ plebe triste e dannata è mia famiglia,/ ma un’indomita fiamma in me s’alberga…, le valgono l’appellativo di prima scrittrice della classe operaia. Unica donna ammessa all’Accademia d’Italia, vive sempre all’insegna dell’indipendenza: indipendenza economica, in quanto il lavoro di maestra le consente di mantenersi autonomamente; indipendenza affettiva, perchè non esita a rompere un matrimonio in crisi e a trasferirsi in Svizzera; indipendenza culturale, dal momento che segue la sua ispirazione personale non badando alle mode letterarie del tempo. In un’epoca, il primo Novecento, dominata dalla cultura maschilista che relegava la donna all’esclusivo ambito di moglie e madre, la personalità poetica, caparbia e determinata di Ada Negri, rifiuta di sentirsi donna debole e sottomessa e diventa un prototipo di rivendicazione della condizione femminile (non dimentichiamoci, infatti, che proprio in quel periodo, in Inghilterra, cominciava a nascere il movimento femminile e femminista delle Suffraggette).
Trascorre le notti a scrivere “come presa d’assedio” versi che sembrano sgorgare dalla penna già formati.
Ada Negri ama scrivere e se ogni autore è figlio del suo tempo, con il suo tempo si rapporta e interagisce trasferendolo nelle sue opere, Ada abbraccia il suo interamente, con tutte le prerogative e le opportunità che le offre: viene a contatto con gli ambienti socialisti milanesi, negli anni a cavallo fra Ottocento e Novecento; conosce Turati e Mussolini (i cui inizi politici, come storia ci insegna, furono socialisti) ma soprattutto stringe amicizia con Anna Kuliscioff, compagna di Turati, che definisce sorella ideale. Da queste frequentazioni, nasce una poesia forte, di denuncia a sfondo sociale, tanto che qualcuno la definì poetessa del Quarto Stato: nasce il mito della Vergine Rossa, la maestrina proletaria che denuncia la miseria contadina, le condizioni della fabbrica e lo sfruttamento operaio.
Ma un dissennato grido a un tratto levasi;/ e pare lacerante urlo di belva/ ferita in una selva./ Fra i denti acuti un ingranaggio portasi/ – povera donna bionda e mutilata!…–/ una mano troncata.
È al mondo femminile che si rivolge la scrittura Ada Negri. Sin da Fatalità, raccolta di versi del 1892, propone l’immagine di una femminilità «ostile, armata, di razza diversa». Questa estrema consapevolezza del proprio ruolo e del proprio valore è un “fil rouge” che attraversa l’intera opera, in versi e in prosa, della scrittrice, e più in generale la sua attività di intellettuale. Le altre raccolte poetiche, Maternità del 1904, Dal profondo del 1910, Esilio del 1914, hanno un’impronta più intima e profonda, mentre la raccolta di racconti Le solitarie del 1917, è dedicata alla condizione femminile del tempo.
Vi è contenuta tanta parte di me, e posso dire che non una di quelle figure di donna che vi sono scolpite o sfumate mi è indifferente. Vissi con tutte, soffersi, amai, piansi con tutte.
La perdita della secondogenita Vittoria, morta ad un mese dalla nascita, il fallimento del matrimonio e il rifugio in Svizzera, rendono la sua scrittura più intima e autobiografica, ma non la vedono inattiva né dal punto di vista sociale, né dal punto di vista letterario. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, Ada Negri si avvicina alle posizioni di Mussolini (che intanto aveva abbandonato il socialismo e fondato il Partito Fascista) e scrive le Orazioni, una raccolta di odi patriottiche. La sua produzione in prosa e poesia è attivissima: I canti dell’isola, Vespertina, Il dono, Fons amoris, Finestre alte, Le strade, Sorelle, sono tutte opere che la consegnano al successo conclamato, tanto che abbandona il lavoro riuscendo a vivere di scrittura.
Nel 1926 e nel 1927 viene nominata al Premio Nobel per la letteratura e nel 1931 riceve il Premio Mussolini alla carriera che consolida la fama della poetessa ma al tempo stesso ne fa a tutti gli effetti un’intellettuale di regime. Nel 1940 arriva addirittura l’eccezionale nomina a membro dell’Accademia d’Italia. Mussolini sapeva come ben ricompensare chi era vicino alla sua politica, mentre erano cavoli amari per chi la avversava.
Ada Negri però, era già oltre tutto ciò che la aveva animata in precedenza, segnata dal dolore per la morte del tanto amato compagno, lontana dalla figlia primogenita Bianca, distante dal patriottismo, forse anche delusa dalla politica mussoliniana che aveva abbracciato, ripiegata su se stessa, chiusa nella solitudine e in un profondo pessimismo, rivolse l’ultima parte della sua vita alla fede e al trascendente: non a caso l’ultima sezione della raccolta Fons amoris (pubblicata postuma) si intitola Preghiere. Fa’ almen ch’io non mi volga indietro, ch’io/ non dubiti, non tremi, non mi penta/ del già compiuto (nel bene, s’intende): e dentro di me ti senta/ sola fiamma inesausta ardere, o Dio.
Muore nella notte tra il 10 e l’11 gennaio del 1945, a pochi mesi dalla fine della guerra e dalla liberazione dal fascismo che l’aveva osannata. La trova la figlia Bianca, viveva con lei dopo che la casa di Milano era stata bombardata. Era già caduta nell’oblio.
È triste constatare che una donna, una scrittrice, una poetessa con tanta vita vissuta, con tanto impegno letterario e sociale, sia rimasta relegata fino ad oggi in quell’oblio in cui il dopoguerra la relegò, forse a scotto di una fede politica abbracciata, il fascismo, che l’Italia ha giustamente rinnegato, considerando l’epilogo avuto. Ma un poeta resta un poeta e prima o poi, qualcuno se ne ricorda: oggi è toccato a me ricordare e scoprire Ada Negri e devo ammettere che non conoscevo quasi nulla di lei, se non le poesie scolastiche mandate a memoria.
Il volume Poesie e prose, edito da Mondadori, è un’occasione per scoprire o riscoprire Ada Negri: ci regala il ritratto a tutto tondo di un’artista complessa, sfaccettata eppure solidissima nel rivendicare la propria autonomia e libertà, una scrittrice e una donna la cui modernità ancora oggi sorprende.