Ho riscoperto Pierangelo Bertoli: sarà l’effetto quarantena, sarà il dover stare a casa ma in questi giorni sospesi la lettura e la musica accompagnano le giornate e le mille cose che ci troviamo ad inventare per far passare le ore del giorno e per non cedere alla sensazione di sentirsi agli arresti domiciliari senza processi né condanne.
La musica se non ci fosse bisognerebbe davvero inventarla: perdersi tra le note e i testi di vecchi brani è la cosa che, assieme ad un buon libro, più di ogni altra mi trascina in un’altra dimensione. Così, in questi giorni precari mi ritrovo ad ascoltare brani d’autore che hanno segnato la mia adolescenza e assieme alla mia quelle di chissà quanti vecchi ragazzi.
Chi si ricorda tra voi Pierangelo Bertoli? I più giovani, leggendo questo nome, diranno: “Pierangelo chi?!?!” Quelli un po’ più datati, come me, forse lo ricorderanno. La voce calda e pastosa, la grinta dei suoi testi votati al sociale e politicamente impegnati, la sedia a rotelle, dove una poliomielite contratta da piccolo aveva relegato la sua vita, lo caratterizzavano assieme all’inseparabile chitarra, quasi una continuazione delle sue mani.
Ho passato gli anni dell’impegno politico (non molti in verità, i post sessantottini come me, hanno avuto poco tempo per vivere le lotte politiche, poi, tutto si è uniformato… E qui ci sarebbe lo spunto per un altro articolo…) ascoltando Bertoli e altri che come lui cantavano le lotte sociali, i diritti per tutti e altre belle utopie naufragate nello yuppismo commerciale degli anni ottanta e novanta.
Sono nostalgica dici? Forse un po’. Forse però è anche normale in questi giorni incerti, quando anche il destino (chiamiamolo così) si accanisce sugli affetti più cari con cui si è condiviso tanto… La vita però ha le sue regole non fisse nè prevedibili ed è capace di stupirti o spiazzarti come meglio crede, intanto ascolto Pierangelo Bertoli , la dolcezza di certe sue ballate e le parole che sento mi sbalzano indietro di qualche decennio…
E credevamo a un domani sereno, quando avevamo cent’anni di meno…
(Pierangelo Bertoli, Cent’anni di meno)
No, non è il fatto di essere nostalgici, né tanto meno di indorare le pillole amare che il passato (o il presente ancora) ha propinato. Le abbiamo ingoiate e alcune digerite, mentre altre hanno cambiato per sempre le nostre funzioni metaboliche ma quando avevamo cent’anni di meno, la fiducia infinita dentro l’anima aveva il sapore di un domani sereno e soprattutto la convinzione che niente avrebbe scalfito i nostri progetti. Del resto a 18/20 anni, sembra di poter chiudere il mondo in una mano, di tenerlo stretto e di poterlo gestire a piacimento. Poi, la vita, gli eventi, le circostanze cambiano e stravolgono le carte in tavola.
Ora che il domani accorcia i suoi giorni e i rigurgiti dell’odio che credevamo resettato riemergono da un passato che ciclicamente ritorna; ora che un microscopico virus sta mettendo sotto scacco un pianeta, annullando la pseudo invincibilità dell’uomo; ora che gli anni davanti non hanno la stessa misura di quelli dietro le spalle, non abbiamo più l’incanto e forse neanche la speranza di poter cambiare il mondo: abbiamo cent’anni di più.
Chi è Pierangelo Bertoli?
Nato a Sassuolo il 5 Novembre del 1942, morto a Modena il 7 Ottobre del 2002, è considerato un vero e proprio cantastorie e una voce vera e genuina della sua terra. Pierangelo Bertoli è stato, dalla fine degli anni Settanta ai primissimi anni del Duemila, un emblema della canzone d’autore italiana con testi diretti, discorsivi e semplici ma densi di riferimenti sociali e politici. Di lui è stato scritto che l’immediatezza dei messaggi e la sincerità dell’ispirazione sono la peculiarità delle sue composizioni; la denuncia sociale, ora più meditata ora più aggressiva, connota il suo modo di raccontare l’uomo e il tempo in cui vive. Non ci sono coinvolgimenti nel consumismo del mercato, ma semmai una rabbia autentica certo non più attuale nel dilagante qualunquismo, ma frutto anche della maggiore sensibilità che egli ha come portatore di handicap.
Canterò le mie canzoni per la strada / ed affronterò la vita a muso duro / un guerriero senza patria e senza spada / con un piede nel passato / e lo sguardo dritto e aperto nel futur0.
Così è stato nel corso della sua vita terrena, così continua ad essere nel ricordo di chi, complice una quarantena forzata, lo ha riascoltato dopo tanto tempo trovandolo ancora attuale, vivo e ancora capace di commuovere per le emozioni che suscita: sarà il momento particolare che tutti stiamo vivendo o la sensibilità esasperata dagli eventi che spiazzano perchè inaspettati? Risposta non c’è o forse chi lo sa perduta nel vento sarà… (Mi risponderebbe così un certo Bob Dylan)
A questo punto, se un minimo ho stuzzicato la tua curiosità e soprattutto se non conosci Pierangelo Bertoli, non posso non suggerirti alcune pubblicazioni che lo riguardano, opere dell’autore Domenico Mangiardi, edite da Giunti: Pierangelo Bertoli. I “certi momenti”, del 2004 o Pierangelo Bertoli. Un emiliano tragico non è un vero emiliano del 2006, dove la sua storia tormentata, forte e ricca di passione è descritta dall’amico e confidente degli ultimi anni della sua vita. Con un commento di tutte le canzoni incise e una testimonianza di Luciano Ligabue, che da Bertoli ricevette un aiuto decisivo per entrare nel mondo della musica.
Nel 2011, un altro autore Mario Bonanno, ha dedicato all’opera e al ricordo di Bertoli Rosso è il colore dell’amore, un libro ispirato al suo pensiero socio-politico, al suo modo di cantare cose serie senza piangersi addosso: solidarietà di classe, emigrazione, sfruttamento, e farlo attraverso strofe e incisi che restassero appiccicati addosso.
Pierangelo Bertoli passava per duro. In realtà era solo sincero. Diretto. Colloquiale. Votato al giusto e al vero, come le canzoni che scriveva e che cantava.
Egregio signore secondo lei cosa vuol esprimere Bertoli nella canzone Cent anni di meno?
La mia opinione è che sia una canzone fortemente politica…e parla di un primigenio stato incorrotto ed è una critica alla società industriale e capitalista…..mi ricorda tantissimo Pasolini questa canzone.e infatti nn è nascosto la predilezione che aveva Bertoli per un certo schieramento politico…sarà molto poetica ma è intrisa di politica sta canzone…
Cara Rosa, intanto grazie per il tuo commento e l’attenzione nell’aver letto il mio articolo (sono una donna però) E come ben dici, il testo di questo brano è senza dubbio poetico ma è anche politicizzato, senza dubbio alcuno.
Quando Bertoli scriveva questo testo la Politica (non a caso la P maiuscola) non era considerata ‘cosa sporca solo per pochi intrallazzisti tutti uguali’. A quei tempi, ti parlo degli anni ’70, una certa Politica, cui Bertoli aderiva fortemente cedendoci, era il mezzo per realizzare una società giusta e per raggiungere quei diritti più equi per tutti che, purtroppo, continuano a restare un sogno.
Eravamo giovani, avevamo 100 anni di meno e ci credevamo davvero. Adesso abbiamo 100 anni di più e gli illusi, come me, ci credono ancora. Mentre i disillusi o i qualunquisti che considerano la politica roba per pochi, un po’ meno.
P. S. Si può fare poesia anche parlando di politica. Anzi, la poesia svolge un suo ruolo primario quando ancia messaggi rivolti anche al sociale. Non solo cuore amore mare cielo e sole. Ovvio che questo è un mio personalissimo parere.
*lancia