Pochi giorni fa si è spento all’età di 77 anni uno dei protagonisti del panorama letterario statunitense e non solo: Paul Auster. Lo scrittore, che combatteva da anni con un cancro ai polmoni, ha formato generazioni di scrittori e lasciato un segno indelebile nel mondo della letteratura contemporaneo.
Per omaggiarne la memoria ripercorriamo brevemente la sua vita, la sua carriera e le sue opere!
La vita e la carriera di Paul Auster
Paul Auster nacque nel New Jersey nel 1947 da una ricca famiglia con la quale, tuttavia, ha sempre avuto un rapporto complesso. In una splendida intervista fatta proprio in Italia Paul Auster dichiara di aver iniziato a scrivere all’età di 9 anni. Scriveva inizialmente soltanto poesie, pessime poesie, secondo il suo giudizio ma ben presto, anche grazie alle sue numerose letture, comincia a dedicarsi anche alla prosa.
Alla soglia dei vent’anni, Auster aveva già divorato tutti i grandi maestri della letteratura americana e inglese come Hemingway, Stevenson e Poe, per poi passare agli scrittori russi (Dostoevskij, Gogol’), francesi (Camus, Mallarmè) e tedeschi (Kafka, Vonnegut, Mann). Dalla letteratura italiana, invece, sembra abbia tratta ispirazione soprattutto dai poeti novecenteschi come Ungaretti.
Tutte queste letture, però, secondo lo stesso Auster, finirono per sommergerlo. Leggeva talmente tanto che non riusciva a trovare la sua dimensione di scrittore. Per questo fino ai 30 anni non è stato in grado di produrre nient’altro che piccole poesie e racconti che pubblicava saltuariamente sui giornali statunitensi.
A questa crisi letteraria si accompagnano anche le vicissitudini familiari. Il matrimonio con la prima moglie, Lydia Davis, da cui aveva avuto il figlio Daniel, stava finendo e, tra lavoretti saltuari e poco remunerativi, era rimasto ormai al verde.
La “svolta” arrivò piuttosto tardi. Una mattina ricevette una chiamata che gli annunciava la morte improvvisa del padre con il quale aveva sempre avuto un rapporto tormentato. La notizia lo sconvolse: fu, per lui, uno shock che lo colse del tutto alla sprovvista ma allo stesso tempo servì da molla per spingerlo verso la scrittura per il quale aveva sempre sentito una certa vocazione. Dalla morte del padre nacque il suo primo romanzo di successo L’invenzione della solitudine e da lì non si è più fermato, sfornando un successo dietro l’altro.
Quello che viene considerato dalla critica come il suo capolavoro è la Trilogia di New York, un insieme di tre romanzi che celebrano, a suo modo, la grande metropoli americana.
Ben presto, accanto alla sua attività di scrittore affianca anche quella di sceneggiatore, iniziata, come per molte altre attività della sua vita, per caso. Contattato per alcune consulenze riguardo l’adattamento di un suo romanzo La musica del caso, rimase colpito dalla varietà di interpretazioni che ciascun attore aveva dato al suo libro. Da quel momento in poi ha continuato a lavorare come sceneggiatore e poi anche come regista, stringendo importanti amicizie con i grandi protagonisti del mondo del Cinema come Woody Allen e soprattutto Wim Wenders.
Auster ha sempre tratto ispirazione dalle sue esperienze per i suoi romanzi. E di spunti ne ha purtroppo avuti parecchi, considerata che la sua vita non è stata affatto semplice. In particolare, infatti, è stato protagonista di una tragica vicenda giudiziaria insieme al figlio Daniel e alla nipotina, deceduti entrambi nel 2022 per una presunta overdose.
Nonostante tutto, però, la sua carriera non si è mai arrestata e anche negli ultimi anni ha continuato a scrivere e a lavorare come sceneggiatore e autore. La sua ultima fatica letteraria è il romanzo Baumgartner, del 2023.
Lo scrittore del Caso e della modernità
Le tematiche affrontate da Auster nella sua scrittura sono tantissime. Molti critici lo hanno collocato in diverse correnti letterarie: postmodernismo, esistenzialismo, trascendentalismo ecc…
La verità è che Paul Auster ha saputo raccogliere i diversi stimoli provenienti dai suoi maestri per creare uno stile assolutamente personale in grado di parlare in maniera forte e potente ai lettori moderni.
Tra i personaggi che non mancano mai nei suoi romanzi ce n’è sempre uno: il Caso.
A volte essa assume le sembianze della Buona Sorte, come ne La musica del Caso, altre volte si tinge di nero e diventa tragedia come in Leviatano, nella stessa Trilogia di New York e in gran parte dei suoi romanzi gialli e polizieschi.
In ogni caso, ogni suo personaggio deve fare i conti con il Destino, con un fato che non può controllare e a cui cerca disperatamente di dare un senso. Eppure all’annosa domanda sul “senso della vita”, Paul Auster non dà una risposta, anzi. Come mostra lo splendido Taccuino rosso, opera passata forse un po’ in sordina rispetto ai suoi altri capolavori, forse il senso dell’esistenza sta nel godersi ciò che la vita ha da offrirci, sia nel bene che nel male.
Per questo la sua vita è sempre al centro della sua scrittura. C’è sempre un po’ di Auster in tutti i suoi romanzi, nelle sue storie o nei suoi film. Ne è una prova il fatto che in quasi tutti i suoi libri compare la figura di uno scrittore, spesso il più tormentato. Tra indigenza, difficoltà, crisi gli scrittori di Auster devono, forse più di altri, cercare di trovare sé stessi in un mondo a cui non sempre sentono di appartenere.
Così Auster, parla di scrittura:
Non penso che le persone scelgano di diventare scrittori, penso che gli scrittori siano scelti. Non è come decidere di fare l’avvocato, il poliziotto o l’astronauta. È come essere messo con le spalle al muro: devi farlo. Scrivere non è una professione, è una chiamata, una vocazione. Per questo penso che tutti gli scrittori e gli artisti siano in qualche modo malati. È una malattia che ha bisogno continuamente di produrre. Non è una brutta malattia ma non ci si può guarire.
E così lo voglio ricordare anche io: con le dite che picchiettano sulla sua fedele macchina da scrivere, lontano dal ronzio dei computer che tanto lo infastidivano, mentre parla ad una società sempre più complessa eppure sempre meravigliosamente semplice.