“I passeggeri si preparino a scendere, la fermata potrebbe essere imminente, oppure no. L’importante è prepararsi, tenersi pronti!” Potrebbe essere l’annuncio dato in un qualsiasi treno, lungo le strade ferrate della nostra Italia; oppure l’annuncio di una hostess, al microfono filo-diffuso in un jet supersonico che si prepara ad atterrare in emergenza. Potrebbe. In entrambi i casi, i passeggeri in questione devono prepararsi.
Potrebbe funzionare così anche per la vita: un annuncio da un ipotetico microfono in filodiffusione che fra strade, vicoli e viali avvisi i passeggeri a prepararsi. Prepararsi a cosa stai pensando? A partire. Come quelli che, avvisati, scendono da quel treno (o dal jet supersonico) chiamato vita lanciato ad alta velocità, meglio di un Freccia Rossa di ultima generazione che, a volte, non consente neanche al pensiero di realizzare la fine improvvisa del viaggio, senza notifica di preannuncio.
Passeggeri in viaggio, passeggeri di passaggio, passeggeri come nuvole passeggere in un cielo estivo quando alzando gli occhi le vedi, per una manciata di secondi, oscurare il sole e l’attimo dopo non ci sono già più: dissolte, sfumate, passate. E hai quasi l’impressione di aver avuto un annebbiamento alla vista, tanto è rapido il transito. Fermati un minuto e pensaci, così siamo: io, tu, noi tutti, passeggeri come nuvole in estate, in un giornata di sole.
È la dura legge dell’esistenza che regola la traversata in questa porzione di universo e poi il viaggio prosegue verso l’ignoto, verso un altrove che non riusciamo a prefigurarci che forse ci sgomenta: io, tu, noi passeggeri e destinati a passare. E mentre alcuni attraversano inosservati fra l’indifferenza attorno, altri sono ricordati e forse rimpianti, altri ancora vengono posti su presumibili altari evocativi, mentre c’è chi scivola dalla memoria altrui come se non fosse mai esistito. Vite anonime o sotto i riflettori, in sordina o a pieno volume, eppure tutte ugualmente passeggere.
Noi pure fiorimmo un giorno, ma quel fiore presto appassì e la nostra fiamma fu di stoppa, fuoco passeggero.
Passeggeri e passaggi
Lo so, non è argomento estivo questo, non è argomento del mese di Luglio, è un argomento che poco si concilia con la voglia di leggerezza tipica di questo periodo. Tu che leggi avrai già mille pensieri per conto tuo e magari ti starai chiedendo: –che le è preso a questa oggi, con ‘sti discorsi sui passaggi e sui passeggeri?- (quesito che se non è propriamente espresso in un italiano corretto, rende comunque bene l’idea del tuo pseudo pensiero).
Come hai letto sopra, i versi di Publio Ovidio Nasone evidenziano che quello del passaggio passeggero è un argomento che da sempre coinvolge poeti, scrittori, filosofi, saggisti, uomini comuni, alfabetizzati e analfabeti: tutti passeggeri e a tutti la precarietà dell’esistenza regala sorprese e partenze inaspettate, a Luglio come a Gennaio… E quindi oggi è toccato anche a me che curo questa rubrica di poesia, dedicare attenzione all’argomento. Non a caso, forse.
E dal momento che c’è sempre una spiegazione a qualsiasi cosa si sceglie di fare, coscientemente o meno, la mia motivazione potrebbe riguardarti da vicino, potrebbe essere accaduto anche a te o magari potrebbe accaderti in futuro. Quel famoso treno chiamato vita, carico di passeggeri di passaggio, è imprevedibile e di tanto in tanto sorprende o destabilizza a suo piacimento: la scelta è sempre sua e nessun passeggero si è mai potuto opporre o ha mai potuto protestare per un avviso di scesa, improvviso o preannunciato.
Capita così di perdere compagni di viaggio, amici-passeggeri costretti a scendere dal treno in corsa, senza preavviso o con un semplice e veloce richiamo senza il tempo di capire, di metabolizzare che la corsa è finita. Passeggeri che con te hanno attraversato stazioni, paesi e città; con te hanno condiviso visioni di paesaggi incantevoli o brulli e con te hanno viaggiato, gioito e pianto, dei quali resta vivo e impresso nella memoria ogni piccolo particolare, ogni discorso, ogni battuta, ogni gesto, ogni risata, ogni lacrima.
Posti di passeggeri vuoti
Così mentre il tuo viaggio continua e non sai e non ti chiedi ancora per quanto tempo perchè non tocca a te decidere, il capotreno ha le sue regole e stabilisce come dirigere il traffico secondo i suoi piani, ai tuoi amici-passeggeri è toccato scendere senza bagagli e tu resti lì, attonito, ad osservare quei posti vuoti.
Ti chiedi se è vero che quel muro di separazione fra la vita e la morte è visibile solo ai passeggeri ancora in corsa, mentre gli altri, i passeggeri scesi, hanno piena prospettiva e nessun muro invalicabile impedisce loro la visuale: dispersi nell’aria come milioni di atomi luminosi, attraversano muri, spazio e tempo in un eterno presente, senza viaggi e senza treni in corsa.
Poi, in una sera quando la tristezza vuole prendere il sopravvento e le mille domande senza nessuna risposta si trasformano in un nodo che chiude la gola, sfogliando online le pagine di una rivista di poesia ti imbatti, casualmente, in qualcosa che in qualche modo risponde alle tue domande irrisolte, allora senti quel nodo sciogliersi e realizzi che davvero la morte è solo un passaggio di stato che l’umana percezione non comprende.
Sono seduta accanto a te/ anche se adesso non mi vedi/ con il mio sguardo che non c’è/ osservo il gioco dei pedali sotto i piedi./ E sono fatta d’aria/ la stessa aria che ancora respiri leggera/ sono accanto a te, con te/ sono la tua passeggera.
Io sto viaggiando accanto a te,/ qualunque cosa io ti dica/ con la mia voce che non c’è/ sono la tua migliore amica./ E sono fatta d’aria/ la stessa aria che muove la nebbia in brughiera/ sono accanto a te, con te/ sono la tua passeggera.
Quante lune sui campi/ quanti inverni ed estati/ quante lucciole accese/ quanti nomi scordati/ quanto sole sul mare/ quante estati ed inverni/ da riempirsene gli occhi/ da riempirci i quaderni./ Quante cose saranno/ e quante cose son state/ e non sono bastate, e non sono bastate/ e non sono bastate.
Sto camminando accanto a te/ e sono dentro al tuo pensiero/ per quanta strada adesso c’è/ può camminarci il mondo intero./ E sono fatta d’aria/ la stessa aria che muta un bisbiglio in preghiera/ e sono accanto a te, con te
sono la tua passeggera./ E sono accanto a te, per te
Compagna di viaggio è il titolo del brano che hai appena letto, non so se definirlo poesia, l’autore Giorgio Faletti lo ha scritto dedicandolo ad un’amica scomparsa. Io l’ho incontrato per caso tra le pagine di una rivista online (non ne conoscevo minimamente l’esistenza), se possiamo definire caso ciò che sembra una risposta arrivata proprio nel preciso momento in cui ne avevo bisogno.
P. S. Finisco questo che può sembrarti uno strano articolo, con qualche verso di un brano di Luciano Ligabue, Lettera a G. e se mai hai perso qualcuno di molto caro, comprenderai il senso di quanto ho scritto oggi.
[…] Se ti scrivo solo adesso è che sono io così/ è che arrivo spesso tardi/ quando sono già i ricordi che hanno preso casa qui… […]