Siamo pronti per un nuovo viaggio caro iCrewer: andiamo a Pico (Frosinone) nel Parco letterario intitolato a Tommaso Landolfi, scrittore, poeta e traduttore.
Scrittore insofferente alle mode e ai meccanismi per il raggiungimento della fama e del successo, è considerato dalla critica fra i massimi del Novecento, non solo italiano.
Nasce a Pico nel 1927 in provincia di Frosinone, luogo a cui rimane molto legato per tutta vita e per questo nella sua opera richiama immagini, fantasie legate alla vita e ai personaggi del paese.
Pico è un piccolo comune di circa tremila abitanti, arroccato su una collina a ridosso di Monte Pota, caratterizzato dal suo Castello fatto erigere da Giovanni Scinto, signore di Aquino, nel 1049, intorno alle cui mura si è sviluppato il primo nucleo abitativo.
Di particolare interesse anche la chiesa di Santa Marina di Pico, donata all’abate da G. Scinto e da sua moglie Alfarana. Il centro storico è, inoltre, caratterizzato da strade strette, regolari, concentriche, collegate da scalinate, che si snodano attorno al castello e una cinta muraria interrotta da tre porte per l’accesso al centro abitato, di cui resta intatta quella di San Rocco.
“Non potrò dunque mai scrivere veramente a caso e senza disegno, sì da almeno sbirciare, traverso il subbuglio e il disordine, il fondo di me?”
Tommaso Landolfi coltiva fin da bambino la sua passione per la scrittura: a dodici anni compone i suoi primi sonetti. Dopo la maturità classica nel 1927, si iscrive alla Facoltà di Lettere di Roma, poi a Firenze, laureandosi con il massimo dei voti nel 1932, a ventiquattro anni, con una tesi sulla poetessa russa Achmatova.
La sua è un’intelligenza che ha la necessità di essere libera da vincoli e che riesce ad esprimersi appieno solo in ciò per cui prova una vera passione. È uno studente irrequieto, che vive di notte. Si avvicina al gioco d’azzardo, alle carte e al biliardo, tema questo che si ritrova anche nelle sue opere.
Dal 1929 comincerà a pubblicare i suoi primi racconti, le sue liriche e le sue traduzioni su alcune riviste. Nel 1937 esce la sua prima raccolta, “Dialogo dei massimi sistemi“, formata da sette racconti molto originali.
La sua produzione letteraria è copiosa, caratterizzata da uno stile secco ma raffinato, un humor tagliente e talvolta macabro, una fantasia vivace, tutto venato da una costante ironia. Successivamente pubblica con l’editore Vallecchi i racconti raccolti nel “Mar della blatte e altre storie” e il romanzo “La pietra lunare” entrambi nel 1939.
Poi la nuova raccolta di racconti “La spada” (1942) e nel 1946 il romanzo “Le due zitelle”, cui seguono “Racconto d’autunno” nel 1947 e “Cancroregina” nel 1950.
Quest’ultima opera racconta di un viaggiatore solitario che attende la fine all’interno di un’astronave costruita da un folle, ma continua, nel frattempo, ad osservare lo spettacolo della vita umana da quella distanza.
Al centro delle successive opere, nella forma del diario, il demone del gioco e altri motivi autobiografici: “La bière du pécheur” del 1953, “Rien va”(1963) e “Des mois” (1967). Nel 1975 vince il premio Strega con “A caso”.
Siamo arrivati alla fine anche di questo viaggio. Come sempre ti invito a visitare il Parco letterario dedicato a questo autore tanto schivo quanto illuminato che ha dato un contributo originale alla letteratura italiana,e non solo, del novecento.
Ti aspetto come sempre la prossima settimana! E se ti fa piacere parliamo di questo parco letterario o di quelli che hai già visitato sul nostro nuovo FORUM, la tua esperienza sarà preziosa per chi vorrà visitarli!