Anche questo mese, in Parole dall’Oriente, parliamo di un libro coreano (prometto che il prossimo sarà originario di un’altra letteratura). In particolare, di Il Grande Magazzino dei Sogni di Mi-ye Lee, tradotto da Lia Iovenitti e pubblicato da Mondadori.
Il romanzo, che tratta della dimensione onirica in un modo davvero particolare e, per quanto mi riguarda, innovativo, è la prima opera pubblicata da Mi-ye Lee. L’autrice, nata nel 1990 a Busan, si è laureata in ingegneria e ha lavorato alla Samsung, prima di finanziare attraverso un’operazione di crowdfunding la pubblicazione di 달러구트 꿈 백화점, ossia Il Grande Magazzino dei Sogni, nel 2020.
Chiudiamo gli occhi, e sogniamo la trama
Penny è davvero in ansia: il colloquio di lavoro, la cui chiamata è abbastanza convinta di aver ricevuto per puro caso, è dietro l’angolo, e lei proprio non riesce a ricordare nulla di tutto quello che ha studiato. E se le facessero una domanda estremamente complessa? E se, improvvisamente, si dimenticasse anche il suo nome?
Dopotutto, quello al Grande Magazzino dei Sogni del signor Dollagut è un lavoro agognato da molti. Chi non desidererebbe poter passare le giornate a vendere sogni, a conoscere meglio l’intricato e complesso mondo che si nasconde dentro di essi, e magari avere pure l’occasione di poterne provare qualcuno? Penny è pronta a metterci la firma. Ora bisogna solo aspettare e sperare che anche il proprietario sia della stessa opinione!
Il Grande Magazzino dei Sogni di Mi-ye Lee: la mia recensione
Ancora una volta, sono stata completamente stupita dal libro del mese. Ammetto di aver intrapreso la lettura di Il Grande Magazzino dei Sogni di Mi-ye Lee con il più basso livello di aspettativa possibile, e non perchè non ne avessi, quanto più per non rischiare di rimanere delusa o troppo spiazzata, se il libro non si fosse rivelato essere ciò che pensavo. Con il senno di poi, credo che sia stato l’atteggiamento migliore.
L’opera, infatti, mi ha fin da subito fatto stare in guardia, pronta a captare ogni più piccolo dettaglio di un mondo che potrebbe benissimo essere il nostro, se non fosse che, ad esempio, dietro l’angolo si aggirano i Nocticula, creature pelose il cui compito è rivestire i turisti-sognatori che dimenticano il decoro (o che si scordano della temperatura esterna) nella smania di sognare.
Mi sono chiesta per molto tempo, durante la lettura, dove potesse essere collocato il Grande Magazzino, se in una realtà parallela, oppure in una sorta di sacca temporale collegata alla quotidianità, o altrove, e solo verso la fine sono riuscita a fare una supposizione che sento accurata – e che non condividerò, per evitare spoiler, anche se sarei proprio curiosa di sapere se coincide con la tua.
Quel che è immediatamente chiaro, è che il centro del libro di Mi-ye Lee sono i sogni: avventurosi, statici, rilassanti, che tolgono il fiato. Per pisolini o per dormite che durano giorni. Per adulti, bambini e sì, anche per animali. Con uno stile estremamente scorrevole e descrittivo, l’autrice è stata in grado di tessere una storia che inviti a riflettere sul potere dei sogni, senza però rischiare di assumere le caratteristiche di un saggio. Inoltre, la scelta di utilizzare il cambio di capitolo come metodo per introdurre le diverse tipologie oniriche, ha aggiunto una sfumatura d’imprevedibilità alla trama.
E così, in men che non si dica, ci si trova a cercare di ricordare quand’è stata l’ultima volta che un sogno ci ha dato il coraggio di fare qualcosa; o quando un incubo, alla lunga, ci ha aiutato a capire che le sfide e le difficoltà del passato, per quanto grandi, sono, appunto, passate e già superate. Ho particolarmente apprezzato la combinazione della parte più teorica, per così dire, in cui i commessi veterani spiegano a Penny, la nuova arrivata, il funzionamento di un sogno in particolare, con lo stralcio di vita del cliente che ha poi finito per acquistare proprio quel prodotto.
Per non parlare del metodo di pagamento dei sogni: non credo di aver mai letto nulla di simile, e l’ho trovato davvero affascinante. E della storia, raccontata proprio all’inizio del libro, della nascita dei sogni – anche se ammetto che i tre allievi mi hanno ricordato, per certi versi, i tre fratelli di Harry Potter e i Doni della Morte.
Mi è sembrato, invece, che Penny abbia avuto principalmente il compito di accompagnarci nel viaggio, ma senza esserne pienamente la protagonista. Per quanto, infatti, si possa notare la sua crescita nel corso del racconto – da neo-assunta un po’ goffa, a impiegata ben rodata – ho avuto la sensazione che Mi-ye Lee abbia voluto utilizzare questo personaggio, nuovo nell’ambiente e a cui quindi era necessario insegnare il mestiere, per spiegare a noi lettori il funzionamento dei sogni.
Mi è capitato di vedere lo stesso espediente in manga e anime, soprattutto di genere sportivo (per esempio, il nuovo manager che non conosce bene le regole del gioco, cosicché, spiegandole a lui, vengano poi spiegate anche al lettore), ma mai all’interno di un romanzo. Sono stata felicemente stupita.
Per quanto riguarda la cover, ammetto di preferire di gran lunga quella coreana. Per quanto mi riguarda, credo che rappresenti meglio lo spirito del romanzo di Mi-ye Lee e dell’ambientazione. La copertina italiana, invece, sembra richiamare un convenience store, che davvero, non centra nulla con la storia. Così come, mi dispiace, non centrano nulla i gattini che si aggirano intorno a Penny.
Per concludere, mi sento di consigliare Il Grande Magazzino dei Sogni di Mi-ye Lee a chi desidera una lettura scorrevole, fresca, libera dagli schemi narrativi a cui potremmo essere abituati, e ricca di colori e di sogni fantastici.
La lettura di febbraio
Per la lettura di febbraio, ho pensato che potesse essere interessante tornare in Giappone. Per questo ho scelto Finché non aprirai quel libro di Michiko Aoyama, pubblicato in Italia da Garzanti.