Il giornalista è il solo scrittore che, quando prende la penna, non spera nell’immortalità.
Ugo Ojetti
Cari iCrewers è un piacere presentarvi l’ospite di oggi: scrittore, giornalista e nel tempo libero il mio insegnante d’Inglese, vi presento Paolo Pavone.
Paolo Pavone un cuore metà Italiano metà londinese.
Caro Paolo vuoi raccontarci chi sei?
Chi sono? Bella domanda! Scherzi a parte: mi chiamo Paolo Pavone, sono nato in Italia, ma ho anche vissuto in Inghilterra per sei anni. Ho compiuto studi accademici di arte, ma presto mi sono dirottato verso la scrittura e il giornalismo.
Come mai questo tuo trasferimento in Inghilterra? E come mai sei tornato in Italia?
Ho vissuto nel Regno Unito, perché mio padre, un maresciallo dell’aeronautica militare, è stato “spedito” lì. Siamo tornati perché la missione era giunta al termine; ovviamente non escludo il ritorno definitivo. Aldilà della manica si vive meglio, non ci sono dubbi. Mi manca un sacco!
Ci parli del tuo romanzo?
Il mio romanzo è in realtà definito come un racconto lungo; si intitola “Boris Il Clown”, è uscito nel 2015 per la casa editrice di Pordenone, Safarà Editore.
È stato un esperimento: volevo aprire un blog, un posticino dove sfogarmi e scrivere senza un filo logico, ma presto si è trasformato in qualcosa di diverso. È così nato Boris, appunto un clown che riesce in qualche modo a fermare il tempo per riempirsi gli occhi e le tasche. Un racconto di formazione con un finale, se vogliamo, romantico.
Cosa pensi del mondo editoriale Italiano?
Definirsi scrittori, specie in Italia, è davvero difficile. Si è scrittori quando si “mangia” grazie alla vendita dei propri sacrifici; la cerchia si stringe appunto ai grandi autori con editori che vendono milioni di copie all’anno. Oggi davvero pochi possono considerarsi veri scrittori, ahimè.
Il mondo dell’editoria è in forte crisi, i numeri non pagano, le statistiche ancor meno.
Basti pensare che almeno sei italiani su dieci nel corso del 2016 non hanno aperto un libro, beh la dice lunga, o sbaglio?
Meritocrazia a parte, chi vive di soli libri? Forse Fabio Volo, De Luca, Baricco e nomi simili. All’estero, l’autore italiano, non è molto considerato: per esempio oltre oceano, farsi tradurre, è un’impresa che appartiene a pochi. Le case editrici lì hanno una filosofia totalmente diversa e la meritocrazia paga ancora.
Come è nata la tua passione per il giornalismo?
Ho sempre scritto, anche quando studiavo semplicemente pittura. Ho conosciuto la responsabile di un mensile milanese la quale mi ha aperto un mondo: quello del giornalismo. Mi ha letteralmente preso sotto la sua ala e mi ha insegnato il mestiere, consigliato gli studi più appropriati e infine, mi ha assunto nella sua redazione. Poi va da sé, l’iscrizione all’albo e le varie esperienze con i giornali locali.
Di che settore ti occupi?
Ho iniziato a scrivere di musica poi sono passato alla cultura, infine alla cronaca. Settori diversi tra loro, è vero, ma che hanno il filo conduttore della scrittura. Scrivere una notizia è davvero semplice, tutti possono farlo, è il modo in cui la si scrive a fare la differenza. Poi, personalmente, sono affascinato dal cosiddetto gonzo journalism, del grande Thompson. Ovviamente qui in Italia non è facile poter scrivere con tale libertà, ma non è impossibile.
Dove trovi l’ispirazione per scrivere?
L’ispirazione per scrivere la trovo guardandomi semplicemente attorno; ovviamente dipende dal tipo di notizia, dal taglio di un articolo e dallo spazio a disposizione.
Quanto servono e quanto ti servi di notizie provenienti da agenzie tipo Ansa?
Le agenzie di stampa vanno viste come un grande strumento a favore delle grandi testate giornalistiche. Personalmente fruisco molto del servizio che offrono: ci sono diverse agenzie, anche estere che hanno una grande capacità di raccolta per i media. Bisogna saperle “utilizzare” in modo sapiente.
Hai dei progetti per il tuo futuro?
Progetti futuri? Spero di crescere, non in altezza, ormai ci ho rinunciato ahahah. Crescita personale, lavorativa e tutto il resto. Stare bene con me stesso, far star bene chi mi sta attorno e cristallizzare magari la mia carriera nell’ambito giornalistico e letterario. Ovviamente con le dovute misure.
Ma un nuovo romanzo lo scrivi?
Ho nel cassetto due romanzi che vedranno l’uscita nei prossimi mesi, almeno penso. Ne sto ultimando altri due, ma non ho sempre il tempo necessario per poterli ultimare, purtroppo.
Che poi è la solita scusa di chi scrive, o no?
Non ho tempo, mi manca l’ispirazione, la stanza ha poca luce, questo computer non va bene, il foglio di word mi sta antipatico, con un sole così non si può stare a casa a scrivere, etc… Scherzi a parte, spero davvero di finirli al più presto.
Ti saluto caro Paolo, Finisci i tuoi romanzi!
Vi saluto cari iCrewers e come dico sempre…
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