Spero che mi rispettiate: sono gay.
Una confessione che sapeva di liberatorio quella di Iker Casillas, ex portiere del Real Madrid e della Nazionale Spagnola che con un tweet poteva finalmente sfatare il tabù dell’omosessualità nel calcio maschile. Un’affermazione lapidaria a cui segue un abbraccio virtuale del giocatore Charles Puyol, suo ex compagno in Nazionale e rivale nel Barcellona che risponde al tweet con un È tempo di raccontare la nostra storia, Iker. Purtroppo quella che poteva diventare finalmente un’occasione di riscatto per tutti quei calciatori che nascondono la loro sessualità, per paura di essere tagliati fuori dal mondo del calcio, si è dissolta nel giro di poche ore.
Vediamo perché!
Il caso Casillas
Quella frase in cui Casillas stava confessando la sua omosessualità nel calcio inizia a far scoppiare una bomba, che viene presto disinnescata con il tweet cancellato e subito dopo la dichiarazione di un account hackerato con le scuse a tutti i followers e soprattutto alla comunità LGBT. Sembra che per sviare l’attenzione sulle presunti voci delle ultime relazioni sentimentali e il gossip pressante su di lui, Casillas abbia voluto creare un brutto scherzo, una provocazione di cattivo gusto pur di allontanare le voci che lo vedono molto vicino ad Alejandra Onieva, ex cognata di Tamara Falco.
Uno scherzo con la complicità dell’amico Puyol che con la sua risposta aveva aumentato i dubbi e sollevato un polverone mediatico. Ma questo atteggiamento e le scuse inappropriate rendono questo avvenimento una mancanza di sensibilità e di delicatezza per tutti quelli che combattono ogni giorno contro l’omofobia, tuttora presente e con radici affondate nel mondo del calcio.
Tra chi ha criticato questo gesto troviamo Joshua Cavallo, terzino sinistro e calciatore dell’Adelaide, un club australiano, che è stato il primo giocatore gay a fare coming out in questo sport; il giocatore ha risposto con un tweet a Casillas e Puyol dichiarando quanto lo scherzo abbia ferito i suoi sentimenti e quanto sia stato irrispettoso per il coming out nel calcio. Ma ci sono episodi passati che ci fanno capire quanto il percorso per manifestare il proprio orientamento in modo libero sia lungo e complicato.
Storia dell’omofobia nel calcio
La figura del calciatore, grazie ai mass media e alle pubblicità, si è plasmata nel corso di tanti anni, rendendolo un personaggio quasi di fiction, un attore che gioca a pallone e che rispetta standard che gli vengono imposti con caratteristiche molto specifiche: palestrato, prestante, bello e impossibile, con un look da far invidia e soprattutto con l’atteggiamento da macho, costantemente accompagnato da giovani modelle negli eventi mondani.
Tutto questo ha generato uno stereotipo nei confronti dei calciatori che si è profondamente radicalizzato nella nostra cultura, allontanando tutto ciò che poteva distorcere questa figura e quindi l’immagine perfetta del calciatore non doveva subire cambiamenti né dal punto di vista delle debolezze (dipendenze da alcool e droghe) né dal punto di vista della sessualità (omosessualità bandita).
Ci sono due episodi lampanti che fanno capire quanto ci sia ancora omofobia nel calcio. Il primo caso è quello di Graeme Le Saux, difensore inglese degli anni Novanta, che per una voce falsa diffusa sulla sua omosessualità ha ricevuto ripetuti insulti omofobi da tifosi e calciatori al punto che quando si è ritirato ha provato un grande sollievo.
Ma il più noto e tragico episodio è quello dell’attaccante inglese Justin Fashanu, del Nottingham Forest. Quando si alimentano le voci che lui frequenta locali gay, diventa un emarginato del calcio, la sua carriera prosegue solo in club di basso livello e dopo il suo ritiro nel 1997, si suicidò dopo accuse pesanti di abusi da parte di un ragazzino.
Tutti questi fatti hanno in comune il pregiudizio, l’odio e l’emarginazione in uno sport che dovrebbe avere altri principi. Ma ci sono giocatori esemplari che stanno iniziando a far sentire la propria voce in merito all’omofobia.
Uno di questi è Patrice Evra.
Patrice Evra riaccende la questione omosessualità nel calcio
Patrice Evra è stato un ex giocatore del Manchester United e della Juventus, con una grande carriera trentennale in cui ha indossato le maglie più prestigiose. Mesi fa ha deciso di pubblicare la sua autobiografia in cui racconta e denuncia episodi gravi e decide di testimoniare l’abuso che ha ricevuto in adolescenza per aiutare le giovani vittime a non chiudersi nella bolla del silenzio. Nel suo libro intitolato I love this game apre un capitolo sull’omosessualità nel calcio, con queste dichiarazioni:
Nel calcio tutto è chiuso, se dici che sei gay sei morto. Ricordo che una volta venne una persona a parlare di omosessualità alla squadra. Alcuni dei miei compagni dissero che era contro la loro religione e che se avessero scoperto un gay nello spogliatoio avrebbero chiesto alla società di cacciarlo.
Ci sono almeno due gay per squadra, ma non possono dirlo altrimenti sono finiti. Sono sicuro di questo perché alcuni compagni che ho avuto durante la mia lunga carriera si sono aperti con me in privato, ma hanno paura di farlo pubblicamente.
Effettivamente i casi di omosessualità nel calcio maschile professionistico sono troppi pochi. La strada sembra ancora lunga, il mondo del calcio è ancora indietro ma forse iniziando a parlarne si può trovare finalmente la strada giusta per aprire uno spiraglio. Proprio come ha fatto Evra nella sua autobiografia.