In questa fine di gennaio, Iperborea fa arrivare nelle librerie italiane due romanzi, uno dal Belgio e uno dalla Svezia. Il primo si intitola Il Guardiano, è scritto da Peter Terrin (tradotto in italiano da C. Cozzi) ed è disponibile dal 20 gennaio 2021. Il secondo è un’opera dello scrittore svedese Stig Dagerman, si intitola Il serpente ed è disponibile dal 27 gennaio 2021, nella traduzione di Fulvio Ferrari.
Il guardiano, di Peter Terrin (Iperborea)
In un’atmosfera sospesa e irreale, Il guardiano riesce a fondere con sottile ironia l’inquietudine e lo straniamento esistenziale e la tensione di un thriller all’ultimo respiro.
Harry e Michel, in servizio nel garage sotterraneo di un lussuoso condominio, scandiscono giornate sempre uguali tra turni di guardia e giri d’ispezione finché qualcosa di insolito spezza la loro routine: improvvisamente tutti i residenti – tranne uno – lasciano il palazzo in gran fretta. Sicuramente in città è successo qualcosa di terribile, forse un’esplosione nucleare, forse un virus, forse addirittura una guerra; ma Harry e Michel non possono saperlo, perché dall’esterno, al di là del blindatissimo cancello d’ingresso che non possono varcare, non arriva nessun rumore.
Fuori, un mondo indecifrabile, un «deserto dei Tartari» muto e inquietante; dentro, una fortezza inespugnabile dove Harry e Michel, ligi al dovere, non possono che aspettare gli ordini dell’onnipotente Organizzazione da cui dipendono, ma che sembra essersi dimenticata di loro. Con divertita ironia, Peter Terrin tratteggia i tic dei due protagonisti nella semioscurità claustrofobica del seminterrato deserto: il veterano Harry, così compreso nel suo ruolo da vedere il pericolo anche nell’arrivo del furgone delle provviste, e lo spaesato Michel, maniaco dell’ordine e della pulizia, che fa il bucato, cuoce il pane ed è più attento allo sgocciolio dello sciacquone che al pericolo di un attacco esterno.
Come Vladimiro ed Estragone, Harry e Michel aspettano il loro Godot, ma quando finalmente qualcosa succede, con l’arrivo di un terzo guardiano, la paranoia di Harry prende il sopravvento e la situazione precipita. In un crescendo di suspense, Michel si ritrova coinvolto, e i lettori con lui, in una spirale di eventi che mettono a nudo la fragilità di un uomo lasciato solo a decidere il proprio destino quando tutto intorno è incomprensibile.
Il serpente, di Stig Dagerman (Iperborea)
L’esordio narrativo, finora inedito in Italia, con cui l’appena ventiduenne Stig Dagerman si guadagnò nel 1945 la fama di nuovo talento della letteratura svedese raccontando, sullo sfondo di un Paese in mobilitazione generale, la paura della paura.
Mentre la Seconda guerra mondiale opprime l’Europa, un serpente infesta un sonnacchioso campo di addestramento della campagna svedese e un’altrettanto inoperosa caserma di Stoccolma durante la mobilitazione generale. Nella sua concretezza di corpo ora si scopre, ora si copre alla vista, ma il simbolo maligno che incarna sa piantarsi nella psiche di chi ci si è imbattuto. Il primo a vederlo è il sergente Bohman, al comando di uno svogliato gruppo in esercitazione, e subito un crampo lo stringe come in un cerchio di ferro.
Il soldato Bill lo cattura a cuor leggero, forse solo per strappare al sergente qualche ora in più di libera uscita in cui togliersi una voglia con Irène prima di una festicciola a base di ragazze e bevute. Ma il serpente che crede di avere al sicuro nello zaino gli infesterà i sogni, getterà nel panico gli amici e confonderà realtà e fantasia tanto a lui quanto a Irène. Sotto forma di odore di paura, poi, aleggia pungente in «Non riusciamo a dormire», in cui otto reclute cercano di scacciare l’insonnia raccontandosi storie di vita vissuta. E di strategie contro l’angoscia, con le menzogne che comportano, saranno in cerca tutti i personaggi del libro.
Tutti tranne Scriver, alter ego dell’autore, convinto che il serpente sia sempre lì, manifesto o latente, e che sia responsabilità di ciascuno prenderne atto, anche fino alle estreme conseguenze. Il serpente, che sia un romanzo, come gli entusiasti recensori lo definirono nel 1945 quando uscì, o una raccolta di racconti collegati, mette in campo ricchezza metaforica, potenza simbolica e beffarda ironia, movimentate da arditi salti di registro, per mostrare che la sola via per l’umano è non aver paura della paura.