Eccola è arrivata, è già estate. Un’altra estate, quella del 2020, è venuta di notte col suo nuovo ed eterno solstizio di luce, nel giorno più lungo dell’anno. Tra assilli vecchi e problemi nuovi è ancora il sole ad annunciarla e lei, calda svestita e sensuale, si distende serena fra i monti e il mare e regala i suoi giorni agli amanti in trepida attesa.
E vabbè, mi è presa così oggi, con l’attacco pseudo-poetico-romantico-sentimentale che a rileggerlo mi sale spontanea la voglia di riscriverlo, tanto mi appare scontato ed iconograficamente trito e ritrito. Sarà l’estate arrivata fresca fresca di giornata che concilia immagini oscillanti fra sentimento e sensualità?… Oddio, l’estate fresca fresca meglio di no. Che estate sarebbe? L’estate deve essere calda, come di rito, non facciamo scherzi, siamo già abbastanza stravolti da virus vaganti che non si sa che intenzioni hanno.
Un’altra estate è qui/ è un’altra volta qui/ più disinvolta e più puttana che mai/…
L’estate stagione cantata in teoremi di forme secondo scrittori, poeti e cantanti che da sempre le dedicano pagine, musica e canzoni, disinvolta o puttana che sia come Renato Zero cantava qualche anno fa, ci trova e ci coglie così in questo strano 2020: fra lo stravolto e l’incerto ma resilienti ad oltranza. Probabilmente perché dopo i mesi passati dentro le mura di casa, abbiamo bisogno di esorcizzare la paura per un virus ancora sconosciuto. E gli esorcismi con la bella stagione riescono meglio, sono più facili.
Tra la pandemia già affezionata al globo terrestre e le ricette infallibili o quasi per la ripresa, infilate dentro tasche bucate dove si perdono facilmente, gli italiani hanno bisogno di credere che va tutto bene, ma dubito seriamente che riescano a farlo. Accantonano e rimandano i problemi al momento e resistono oltre ogni limite. Lo scontro con la realtà è pesante da sostenere, pur se l’estate è arrivata con i suoi vestimenti leggeri (come direbbe D’Annunzio) e svolazzanti che invitano ad alleggerire oneri e pensieri.
Riusciranno le calde giornate estive a farci dimenticare, almeno per un breve lasso di tempo, la nuova crisi mondiale incombente sulle nostre capocce già lungamente provate? Riuscirà l’estate con la sua voglia di affogare fra le onde ogni problema a farci galleggiare tranquilli sul mare di guai che la pandemia ha provocato?
Mi fermo e rifletto…
Dimenticheremo in questi tre mesi di caldo estivo di avere un’economia interna ridotta in mutande, una sanità che chi ruba poco si pente, una scuola che non si sa come dovrà riprendere, una magistratura che di tanto in tanto dimentica di essere custode e depositaria della Legge uguale per tutti, una classe politica che campa sui proclami, dei leader politici degni delle peggiori barzellette e della maggioranza silenziosa che, tracheotomizzata, ha rinunciato a farsi sentire? Troppe domande per un Mi fermo e rifletto solo, ce ne vorrebbero almeno tre. È estate però… E d’estate troppe domande fanno male all’umore e quindi, almeno per qualche settimana dimenticheremo.
I barconi della di-speranza, no, non dimenticano di continuare ad arrivare nel Mediterraneo, con il loro carico di carne umana ammassata e disperata, incurante di tutte le pandemie del mondo. Perché la fame è fame, la desolazione è desolazione, la guerra è guerra, le persecuzioni sono persecuzioni e da esse si scappa, quando si può. In inverno, in estate e in tutte le stagioni dell’anno e della vita.
Un’umanità alla ricerca un’esistenza nuova, migliore e degna di essere definita tale, preme in attesa di una mano da afferrare. E l’attesa rimane attesa, stipata nei centri di accoglienza, appollaiata sugli scogli ma non per rosolarsi al sole, parcheggiata nei campi di pomodori dove nuovi padroni sfruttano braccia e vite per pochi spiccioli al giorno.
Capita, di tanto in tanto, che l’attesa abbia una soluzione diversa, capita che finisca in fondo al mare ma non per fare sports subacquei. E il mare, come di rito, restituisce sempre ciò che riceve, siano essi rifiuti di incivile umanità, siano essi poveri corpi: vite umane spezzate dal rifiuto e dall’egoismo che di umano non hanno nulla.
Un diritto alla felicità che non vale per questa umanità di serie B che ha avuto soltanto la sorte avversa di nascere in altre latitudini. Noi, svagati dal sole dell’estate, forse siamo ancora capaci di commuoverci un attimo davanti ad una foto che mostra lo strazio di una vita stroncata prima di crescere. È solo un attimo però, poi siamo già altrove. In fondo ci riguarda poco quell’immagine, vale solo un attimo di pena… E l’estate non può essere avvelenata dai dolori altrui.
Estate, tempo di leggerezza
Un’estate che torna ci consente di accantonare assilli nuovi e problemi vecchi (o almeno tentiamo di farlo) e di affogarli in mare. Ci vestiremo di sole per esorcizzare il futuro, canteremo canzonette orecchiabili per dimenticare i dolori del mondo, berremo bibite ghiacciate e mangeremo granite e gelati perché che estate è senza granita e gelato a colazione? Faremo lunghe e salutari passeggiate al mare o in montagna, guarderemo la gioconda luna e le brillanti stelle da balconi, terrazze e finestre spalancate sulle caldi notti estive e forse, dico forse, saremo meno incazzati con il mondo, per una stagione almeno.
Riposeremo le membra stanche e le ossa artrosiche (capisci a me, ho una certa età e i reumatismi mi accompagnano) su lettini e sdraio da spiaggia (perché che estate è senza mare?), a distanza regolamentare dai nostri simili e magari, in una botta di socialità esasperata, penseremo che non tutti i virus vengono per nuocere, se consentono di godersi spiaggia, mare e sole senza essere attaccati ai vicini di ombrellone che, per carità sono tanto brave persone, ma se stanno a due metri di distanza è meglio.
Io, come ogni estate, cercherò spiagge solitarie dove non arriva il rumore del mondo, dove i pensieri si fondono e confondono con lo sciabordio delle onde e lo sguardo si perde oltre l’orizzonte terreno. E spero di non smarrirmi in mezzo a tanta immensità perchè ritrovarsi è faticoso, senza contare che perdendomi magari faccio felice qualcuno… Scherzi a parte ogni tanto, covid o non covid, prendere le distanze serve. Come serve fermarsi a riflettere.
Sciorino pensieri al sole/ li bagno fra i flutti e le onde/ li stendo sui sassi e li lascio asciugare./ Osservo in silenzio grovigli e spirali/ dipanarsi e distendersi/ in filo continuo,/ ininterrotto./ Poi lo riavvolgo, asciutto,/ in ordinato gomitolo./