Incontro di Maura
Caro iCrewer è venuto il momento del mio racconto, ti ripropongo Incontro presente nella raccolta Quando il fine non giustifica i mezzi. In questi giorni, in cui ognuno sta reinventando la propria quotidianità, una storia che profuma di amicizia.
Questo racconto ti farà entrare in un’atmosfera particolare, quella che non è facile mantenere, che ogni giorno deve reinventarsi, che un’abbraccio vero l’avrebbe bisogno per consolidarsi.
Non indugio oltre, ti auguro buona lettura!
>>> PRIMA PARTE<<<
Incontro
Febbraio 2019
Il Castello Sforzesco è sempre uno spettacolo esilarante, tra le meraviglie che si trovano in questa grande città forse è quella che più apprezzo e non mi stanco mai di visitare; in ogni angolo il profumo della storia che da qui è passata, che ha segnato la vita dei milanesi e di tutta Italia. Questa volta però c’è una tensione diversa che mi accompagna in questo posto che ho iniziato ad amare molto negli anni vissuti a Milano, durante e dopo il periodo universitario. Torno spesso, non vivo molto distante, la magia di questo luogo, soprattutto in questa stagione, dove i colori delle mura si confondono con quelli della natura che ancora non si è risvegliata, mi ha sempre affascinato. Oggi sono qui per qualcuno e la scelta di un posto così antico e pregno della storia degli Sforza e di Ludovico il Moro non è casuale perché fa da contrappunto a qualcosa che di storia non ne ha. Sono in attesa di una persona che conosco meglio di molte altre, ma non ho mai visto realmente, che mi comprende più di quelli che si sono spesso presentati come grandi amici. Questo il pensiero che mi ha condotto qui anche se, adesso, a qualche minuto dal nostro appuntamento, temo di essermi imbattuta in una strada sbagliata.
Attendo nel freddo di una giornata di fine inverno, nel frattempo nascondo i lunghi capelli rossi dentro al Borsalino blu, sono abbastanza irriconoscibile, penso di non avergli mai detto che porto gli occhiali e questi da sole, a ripararmi dal riverbero della neve, mi coprono per bene. Ho messo un bel paio di stivali, adora i tacchi questo me lo ricordo bene, è stata una delle prime cose che mi ha detto, per il resto un abbigliamento molto sobrio, adatto ad una colazione tra amici, e la mia immancabile grande borsa nera con all’interno tutto quello che potrebbe servire e anche quello che probabilmente non servirà mai.
Ho intenzione di avvistarlo per prima, se il primo impatto non mi induce ad avvicinarmi a lui me ne vado, questo è certo, è vero che non ho nulla da perderci, ma se non mi convince fin da lontano non mi farò proprio vedere.
«Scusi signora, non l’avevo vista.» Un ragazzo mi urta mentre controlla il cellulare; potrebbe essere lui, era concentrato ad inviare un messaggio e nemmeno mi ha guardata, ma mi ha detto scusi signora, mi fa sentire troppo adulta, fuori posto, fuori luogo; osservo dove si dirige. Un metro e ottanta, spalle possenti che si distinguono anche sotto il giaccone, capelli corti, nell’immaginario corrisponde al mio amico, ma continua a passeggiare in modo nervoso nel Cortile delle Armi, non è il posto del nostro appuntamento.
Mi dirigo nella zona di Porta Giovia, vicino alle mura si dovrebbe sentire meno il vento freddo e pungente che si sta alzando; qualcosa mi attira verso quel giovane che all’improvviso si volta. Sguardo fiero, sicuro, anche lui attende qualcuno, anche lui è molto irrequieto.
La piccola coltre di neve congelata rende i giardini luminosi sotto un raggio di sole invernale, sembra di essere in un posto magico. I merli del castello brillano grazie ai bianchi fiocchi ormai ghiacciati che si sono depositati nella notte. I rumori della città, ovattati dal nevischio, sono quasi impercettibili, i pochi turisti infreddoliti si scattano qualche foto e se ne vanno; mi sposto e mi dirigo in una posizione da cui posso vedere il punto del nostro incontro: la ringhiera da cui si scorge il grande Parco Sempione.
Messaggio al cellulare: «Sono arrivato, ti aspetto!», non lo vedo, ho la netta sensazione che stiamo giocando al gatto e il topo, «sono in ritardo, dammi cinque minuti», prendo tempo, inizio ad agitarmi e non va bene, la situazione devo tenerla sotto controllo. Aspetto che si avvicini al luogo prestabilito, appena riceve il messaggio dovrebbe farlo senza troppi indugi.
Il giovane di un attimo fa mi passa di nuovo a fianco, lascia dietro di sé una scia di profumo di muschio speziato. Si appoggia all’inferriata e continua a osservare il cellulare ed è visibilmente spazientito, non lo so, potrebbe essere lui. Tolgo dalla borsa il mio libro nel momento in cui si gira verso di me, un immenso sorriso lo illumina: non c’è dubbio che mi abbia riconosciuta. Si avvicina e dalla tasca dei jeans, attillati quel giusto che basta per delineare la sua muscolatura, estrae un cioccolatino fondente. E’ lui non posso sbagliarmi. Cammina lentamente, ho il tempo di osservarlo, un gran bel portamento, occhi magnetici e intriganti.
«Ciao», mi porge la mano, una stretta sicura, l’imbarazzo è palpabile: nascosti dietro una chat era tutto più spontaneo.
«Buongiorno a te, sono arrivata ora. Quel cioccolatino è per me?», cerco di dire qualcosa per iniziare una conversazione. Allunga verso di me la mano con il Mon Chéri, lo prendo e in modo involontario ci sfioriamo, i nostri occhi non si staccano un attimo, ci scrutiamo come se dovessimo scoprire chissà cosa di particolare.
Pensavo fosse tutto molto più semplice, ma il mezzo che utilizzavamo era uno schermo, rassicurante e anonimo, ora improvvisamente tutto è diventato reale.
«Scusami, ma non so che dire», la sua voce è molto meglio di come sembrava dalla registrazione del telefono, calda e profonda, «è una situazione così particolare che tra tutto quello che ho pensato non avrei mai creduto possibile di rimanere senza parole; eppure averti di fronte a me non è come me lo sono immaginato.»
Cosa si era immaginato? Una top model? Una sfigata alla ricerca di un toy-boy? Forse è meglio che io non chieda nulla.
«Sicuramente è strano incontrare un estraneo che sa molto di te, sembra che il tempo si sia invertito e ciò che sarebbe dovuto essere è già stato; tutto si sta materializzando.»
Anche un abbraccio, di quelli che ti scaldano il cuore, sarebbe reale e non solo un’emozione provata a distanza, chiusi soli tra le quattro mura di casa con un cellulare tra le mani.
>>> FINE PRIMA PARTE<<<
A domani caro iCrewer! Ci sarà o non ci un nuovo incontro?