Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro
La memoria è importante, è importante ricordare, lo sapeva bene anche Luis Sepulveda, di cui sopra hai già letto la frase, recentemente scomparso. Ma non è di lui che voglio parlarti oggi, magari lo farò in seguito. Oggi, seppur con un giorno di anticipo voglio fare memoria del 25 Aprile, ovviamente a modo mio, ovviamente in poesia.
Non starò certamente a raccontarti cose che già sai: il 25 Aprile è una data ricordata da tutti libri di storia, una data che ogni anno vede tante celebrazioni ma anche tante polemiche, così com’è nello stile italico; è una data nella quale l’Italia del 1945 vedeva finalmente la liberazione da quel “ventennio vestito di nero” che seminò e raccolse tanto dolore e tanta morte.
Se fossi lì in mezzo/ avrei novant’anni/ avrei dei nipoti con cui litigare/ ma ho fatto una scelta/ in libera scelta/ non credo ci fosse altra scelta da fare/ scelta migliore./
Potrebbe raccontarci così, un qualsiasi ragazzo del 1945, uno dei tanti rifugiati in clandestinità sulle montagne; uno dei tanti che aveva nel cuore il desiderio di vivere i suoi verdi anni con la forza di ideali che non vestivano di nero; uno dei tanti Partigiani, rossi, bianchi, verdi o blu, non importa il colore, che adesso sarebbe ultranovantenne…
Ho avuto una vita/ nessuno lo nega/ me ne hanno portato via il pezzo più grosso./ Se parti per sempre/ a neanche vent’anni/ non sei mai l’eroe sei per sempre il ragazzo./
Un ragazzo o un uomo, uno dei tanti che lasciati amici, spensieratezza, casa e famiglia, da un giorno all’altro imbraccia un fucile per difendere il diritto, quel “santo diritto” alla libertà che noi, generazioni venute dopo, diamo quasi per scontato. Ragazzi, uomini e donne immolati sull’altare della libertà e degli ideali. Eroi anonimi che ogni tanto qualcuno ricorda.
I versi che stai leggendo, probabilmente non li conosci. A meno che tu non sia frequentatore di quelle che i critici, con la K (rafforzativa e maiuscola per sottolineare l’importanza) chiamano canzonette. I versi che ti ho proposto oggi, sono di Luciano Ligabue: I campi in Aprile, il titolo, è un brano dedicato ad un ragazzo del 1945, Luciano Tondelli partigiano diciassettenne, ucciso proprio dieci giorni prima del 25 Aprile 1945.
[…] Se muori in aprile,/ se muori col sole/ finisce che muori aspettando l’estate./ A me è capitato/ a guerra finita/ mancavano solo dieci giornate./
I campi in Aprile/ promettono bene/ son nato in un posto cresciuto in un posto che non lascerò… […]
La memoria e la poesia…
… Corrono sullo stesso filo teso fra presente e passato: un passato da non dimenticare e un presente che deve imparare a leggere la storia perché puntualmente tende a ripetere i suoi cliché. Luciano Tondelli, ragazzo partigiano, è quel simbolo d’Italia che lotta e muore ma deve restare vivo nella memoria di tutti per ciò che rappresenta. E se è una ‘canzonetta’ a ricordarlo ben venga.
Il 25 Aprile dei poeti
Non so se ti trovi d’accordo con me o se storci il naso, quando definisco poeta un cantautore. L’opinione dei critici, quelli con la K maiuscola, tende a non definire poesia i testi di alcuni brani musicali, ma si sa, spesso i critici, quelli con K maiuscola, vivono nelle loro torri d’avorio credendosi depositari di verità assolute e snobbano chi non appartiene alle loro caste. E mi fermo qui, perché non è il caso di scendere in polemiche.
Un testo come I campi in Aprile, è un vero testo poetico a mio avviso. Facile, d’acchiappo istantaneo se vuoi, ma con niente da invidiare a testi famosi di “poeti laureati“. Luciano Ligabue sarà un canzonettaro ma nei suoi testi c’è poesia e sfido chiunque a dimostrare il contrario (giuro che non mi ha pagata, parlo soltanto da estimatrice).
Diversi sono i testi poetici dedicati alla memoria del 25 Aprile: autori come Quasimodo, Ungaretti, Gatto, Buzzati, Pavese, Calvino, Rodari e la lista potrebbe ancora continuare, hanno scritto e dedicato versi alla libertà e ai suoi martiri, i tanti Luciano Tondelli che hanno lasciato la loro vita sui campi in Aprile o in qualsiasi altro mese.
Qui/ vivono per sempre/ gli occhi che furono chiusi alla luce/ perchè tutti/ li avessero aperti/ per sempre/ alla luce.
Giuseppe Ungaretti, nei pochi ma densi versi di Per i morti della resistenza, racchiude la storia intera di chi non ha esitato a sacrificare la propria esistenza in nome di un ideale. In nome di quella luce che ha solo un nome: libertà.
E come potevamo noi cantare/ con il piede straniero sopra il cuore,/ fra i morti /abbandonati nelle piazze/ sull’erba dura di ghiaccio, al lamento/ d’agnello dei fanciulli,/ all’urlo nero/ della madre che andava incontro al figlio/ crocifisso sul palo del telegrafo?/ Alle fronde dei salici, per voto,/ anche le nostre cetre erano appese,/ oscillavano lievi al triste vento.
Che dire di Alle fronde dei salici di Salvatore Quasimodo che già non sia stato già detto? Nulla, se non parole storpiate e smozzicate dal dolore per morti; nulla se non il canto strozzato in gola per le atrocità viste o subite; nulla se non il dolore muto che non trova voce. Nulla adesso, se non una profonda riconoscenza per quella luce che tante vite ci hanno regalato, spegnendosi.
E mentre dall’estero omaggiano la nostra Resistenza, oggi ai tempi del Covid 19, sulle note della famosa Bella ciao canzone-simbolo da sempre, questa creativa e fantasiosa Italia che ancora resiste, io mi chiedo cosa è rimasto, a noi uomini del terzo millennio di quegli ideali; mi chiedo se davvero abbiamo capito cosa significa sacrificare se stessi per la libertà di tutti; mi chiedo se ancora qualcuno sarebbe capace di fare altrettanto; mi chiedo se ancora sappiamo cosa significa essere davvero liberi o se ci basta l’illusione, il surrogato di quella libertà che tutti crediamo di possedere.
Sono solita farmi domande che restano senza risposta, lo so… E per completare il quadro in chiave canzonettistico-poetico-patriottica, finisco con un Viva l’Italia, l’Italia che resiste, di Degregoriana memoria.
Bellissima e commovente raccolta di brani e brevi poesie.
Perché tu sai, come ci ha detto Holderlin, che ” ciò che resta lo salvano i poeti,
Grazie, Rolando
Grazie, il tuo parere vale doppio sopratutto perché viene da ‘uno del mestiere’.
I poeti sono strane creature, hanno occhi e cuore che buttano sempre oltre… (parafrasando De Gregori, per restare in tema)
Grazie per ciò che ci doni
Grazie a te Cristiana per l’attenzione. ♥️