Si è spento improvvisamente all’età di 74 anni il giornalista sportivo del Corriere della Sera Mario Sconcerti. L’editorialista è stato direttore del Corriere dello Sport e del Secolo XIX, primo responsabile delle pagine sportive di Repubblica, vice direttore della Gazzetta dello Sport e ospite di molte trasmissioni sportive di Sky e Rai. Era ricoverato in ospedale, a Roma, per alcuni accertamenti di routine.
Dalle prime informazioni sembra che abbia avuto un malore improvviso. Tifosissimo della Fiorentina, di cui non nascondeva la fede calcistica, era stato anche direttore generale del club ai tempi di Cecchi Gori.
Scrittore appassionato, ha pubblicato vari libri di argomento sportivo, tra i quali citiamo Con Moser da Parigi a Roubaix (1978), Storia delle idee del calcio (2009), Il calcio dei ricchi (2012) e Storia del gol (2015), sperimentando inoltre anche il genere letterario con i romanzi Se ha torto Dio (2003), thriller ambientato nel Seicento, e Romolo. L’alba di Roma da riscrivere (2011), inchiesta giornalistica e cronaca puntuale sulla figura di Romolo, tra mito e storia.
Ci sembra doveroso ricordare Mario Sconcerti con due libri sportivi di grande ricchezza.
La differenza di Totti: da Meazza a Roberto Baggio l’evoluzione del numero 10 di Mario Sconcerti
Una prima lettura che consiglio è La differenza di Totti edito da Limina del 2004: un volume non recente ma decisamente interessante per il viaggio che Sconcerti fa intraprendere al lettore sul filo rosso del numero 10 e dei vari talenti che hanno costellato il mondo del calcio italiano e internazionale.
Ecco un estratto:
La prima differenza di Totti non è tecnica, è fisica. Può sopportare qualunque carico di lavoro. Fin da ragazzo aveva doti atletiche superiori. Spesso chi è molto bravo con il pallone tende a non allenarsi molto. Pensa di non averne bisogno perché comunque fa quello che vuole in campo.
Da ragazzi le differenze sono molto più marcate. Uno come Totti quasi si annoiava con quelli della sua età. Infatti lo hanno sempre fatto giocare due categorie sopra.
Di seguito la sinossi del libro:
La magia del numero 10 nasce da un equivoco internazionale. Meglio Pelé o Maradona? Rivera o Mazzola? Dove collocare nella storia Platini e Sivori, Mancini e Di Stefano? Senza Baggio ci sarebbe stato Del Piero? E qual è il ruolo di Totti dentro questa magia? Un viaggio puramente tecnico in un fenomeno che da sempre scrive la storia del calcio.
Storia del gol: epoche, uomini e numero dello sport più bello del mondo
Seconda lettura decisamente più recente è intitolata Storia del gol: epoche, uomini e numeri dello sport più bello del mondo edito da Mondadori: in questo libro viene esaltata ancora di più la precisione e la cura nei dettagli e nei tecnicismi del giornalista Sconcerti che riesce in questo volume ha spiegare brillantemente il vero significato e la storia del gol, non solo come atto finale. Ecco la sinossi!
Il calcio come lo intendiamo oggi ha la sua origine verso la fine dell’Ottocento, quando lo scopo del gioco non è più semplicemente strappare il pallone agli avversari, ma indirizzarlo in una zona ben precisa e delimitata del campo, che assume la forma di una porta. È la nascita del gol, che di questo sport incarna l’essenza. Eppure, nonostante chiunque ne avverta quasi naturalmente il fascino e il valore incomparabile, il gol è sempre stato inteso solo come mezzo per il raggiungimento di un risultato finale, la vittoria.
Mario Sconcerti, una delle firme del nostro giornalismo sportivo, è il primo ad aver studiato il gol come gesto tecnico puro, come costruzione ed evoluzione del gioco, ripercorrendone la storia dai tempi pionieristici degli scudetti del Genoa e del Milan all’inizio del secolo scorso al calcio superprofessionistico e televisivo di oggi.
Da quando, cent’anni fa, i campi erano senza erba, fangosi o duri come l’asfalto, e i palloni, tutt’altro che sferici, andavano dove volevano e diventavano pesantissimi con la pioggia, difficili da colpire di testa: fattore che, unito all’altezza media degli italiani, all’epoca di un metro e sessantacinque, produceva da noi un gol veloce, un po’ avventuroso, costruito con la palla a terra. A quando, quarant’anni dopo, finita la seconda guerra mondiale, siamo stati invasi da giovani giganti svedesi e danesi (Nordahl, Praest, Liedholm, Jeppson, i fratelli Hansen) che chiedono, invece, la palla alta.