Margaret Atwood non smette di sorprendere. A 86 anni – li compirà il 18 novembre – la scrittrice canadese, due volte vincitrice del Booker Prize e autrice di capolavori come Il racconto dell’ancella e Il testamenti, torna in libreria con l’attesissimo memoir Book of Lives (A Memoir of Sorts), che in Italia esce per Ponte alle Grazie con il titolo Le nostre vite. L’uscita è prevista per martedì 4 novembre in contemporanea mondiale.

Margaret Atwood: un viaggio tra vita e letteratura
In quasi seicento pagine, Atwood distilla la sua esistenza in una narrazione vibrante e ironica, mescolando “cose stupide, catastrofi, vendette, tempi di orrore politico”, ma anche “momenti di gioia, eventi sorprendenti e, ovviamente, i libri”.
Non è un’autobiografia tradizionale: Le nostre vite intreccia ricordi personali, episodi di formazione e riflessioni sui momenti storici che hanno plasmato la sua scrittura.
La giovane donna che nel 1972 pubblicava Surfacing (in Italia La donna da sola), ritratta sul retro di copertina con sguardo intenso e capelli ricci, si trasforma oggi nell’arguta ottuagenaria vestita di rosso scarlatto – un colore che richiama inevitabilmente le Ancelle di Gilead – per raccontare se stessa e il mondo che ha osservato con sguardo lucido e talvolta impietoso.
Dalle foreste del Québec a Berlino Est
Nel memoir, Atwood rievoca la propria infanzia trascorsa nelle foreste del nord del Québec con i genitori scienziati – il padre era un entomologo – e le esperienze che hanno alimentato il suo immaginario ecologico e visionario.
Un ruolo fondamentale ebbero anche gli anni Ottanta a Berlino Est, dove Atwood visse grazie a una borsa di studio del Deutscher Akademischer Austauschdienst (DAAD). Da quell’appartamento che si affacciava sul Muro nacque una delle atmosfere più potenti della sua narrativa: quella sospesa e opprimente di The Handmaid’s Tale.
“Era il luogo perfetto per pensare a uno Stato totalitario – ne avevo due a portata di mano, a ciascun lato del Muro”, ha dichiarato la scrittrice.
A Berlino, “si sentiva l’odore della Storia”: la divisione, i controlli, le torrette armate. Tutti elementi che confluirono nella teocrazia distopica di Gilead, simbolo universale del potere e della resistenza.

Un omaggio all’amore e alla scrittura
Le nostre vite è anche un tributo alla lunga relazione di Margaret Atwood con il compagno Graeme Gibson, scrittore e padre della loro figlia Eleanor, scomparso nel 2019. È il racconto di un sodalizio intellettuale e affettivo, di una vita spesa tra libri, politica e ironia.
“Ho sudato sangue su questo libro – confessa Atwood – c’era troppa vita da metterci dentro. Se fossi morta a 25 anni come John Keats sarebbe stato più breve, ma mi sono anche fatta tante risate.”
Una memoria per il presente
Con la sua consueta lucidità e il suo sarcasmo tagliente, Margaret Atwood non costruisce un santuario del passato, ma una riflessione sulle nostre epoche di crisi, sull’identità femminile, sull’immaginazione come forma di resistenza.
Le nostre vite è, in fondo, un libro che parla di tutti noi: delle storie che ci attraversano, delle paure collettive e delle speranze che continuano a scrivere il futuro.