II momento è difficile e complicato ma c’è un momento per tutto, anche per pensare. Il giorno della memoria ci costringe alla riflessione, al rispetto morale di una tragedia epocale che ha coinvolto un intero popolo. E una memoria storica difficile da accettare ed è per questo che il ricordo assume un significato profondo. Alla Shoah è dato il doloroso ma doveroso compito di risvegliare le coscienze perché di essa non si perda il senso dell’ingiustizia gratuita.
Lo sport ricorda la Shoah, la storia di Arpad Weisz l’allenatore ebreo morto ad Auschwitz
Anche lo sport ricorda la Shoah riportando alla memoria le storie di due grandi personaggi sportivi vittime dell’olocausto. Una bella iniziativa di Diarkos editore che ha scelto di onorare la Shoah riproponendo Dallo scudetto ad Auschwitz di Matteo Marani e il libro di Francesco Veltri dedicato alla memoria di Vittorio Staccione, Il mediano di Mauthausen.
Di Matteo Marani ti ho già parlato in altre occasioni. Bolognese del ’70 è uno storico e un giornalista. Scrive, parla e racconta di sport. Dal 2008 al 2016 è stato direttore del « Guerin Sportivo ». Editorialista Sky per il quale cura Storie di Matteo Marani Ha collaborato con i principali quotidiani italiani. È vicepresidente del Museo del calcio della Federazione italiana giuoco calcio. Tiene diversi corsi universitari.
Il libro, dedicato ad Arpad Weisz, e uscito nel 2019, è arrivato alla terza edizione e arricchito da una serie fotografica molto particolare ed inedita.
«Lei conosce Arpad Weisz?» Calciatore e poi allenatore nell’Italia del regime fascista, di lui si è perduta ogni traccia. Eppure aveva vinto più di tutti all’epoca d’oro del pallone, gli anni Venti e Trenta, più di tanti tecnici acclamati oggi, vincendo scudetti e coppe, e portando al trionfo il Bologna.
Sarebbe immaginabile che oggi qualcuno di loro scomparisse di colpo? A Weisz è successo, portato via dal vento tragico della storia, delle leggi razziali, della Shoa. Arpad Weisz è scomparso ad Auschwitz, la mattina del 31 gennaio 1944. Due anni prima erano entrati nella camera a gas sua moglie Elena e i suoi figli Roberto e Clara, dodici e otto anni.
È un libro che commuove, frutto di anni di ricerca scrupolosa per dare voce alla storia di questo allenatore ebreo, divenuto prima un fantasma e poi simbolo della lotta nel calcio contro ogni odio e discriminazione.
Lo sport ricorda la Shoah. La storia di Vittorio Staccione
Francesco Veltri autore di Il mediano di Mauthasen è nato a Cosenza nel 1979. Giornalista professionista con la passione per lo sport, la politica, il sociale. Ha lavorato nelle redazioni di diverse testate tra cui Calabria Ora, L’Ora della Calabria e La Provincia cosentina. Con esperienze nel mondo radiofonico è stato, inoltre, addetto stampa del Cosenza Calcio.
A Vittorio Staccione, giocatore grigio-rosso nella stagione 1924-25, morto a Gusen-Mauthausen il 16 marzo 1945, simbolo dello sport come impegno sociale, civile e politico, lottò sui campi della vita per la libertà e la fratellanza degli uomini.
E scritto sulla lapide a lui dedicata nello stadio Zini di Cremona.
La vera storia di Vittorio Staccione è la storia di un calciatore. Ma non un calciatore qualunque. Si chiama Vittorio Staccione e la sua vita cambia radicalmente in un freddo pomeriggio d’inverno del 1915. Ha appena undici anni e sta giocando a pallone insieme ai suoi amici in un campo dissestato del quartiere operaio di Madonna di Campagna, quando viene notato da Enrico Bachmann, il mitico capitano del Torino.
«Ti andrebbe di allenarti con i ragazzi del settore giovanile?» Vittorio non riesce a crederci, è solo un bambino. Risponde di sì, una svolta per sempre. In pochi anni, quell’umile ometto tutto corsa e sacrificio che di ruolo fa il mediano, diventerà un elemento importante della compagine della sua città, fino alla conquista dello scudetto insieme a campioni assoluti come Libonatti, Baloncieri e Rossetti
Ma alla passione per il calcio, Vittorio alterna quella per la politica. Le lotte sociali all’interno delle fabbriche e la povertà dilagante portano il giovane e puro calciatore torinese a non chinare il capo di fronte a ogni genere di sopruso. Una scelta che, in un periodo in cui la prepotenza del regime fascista inizia a limitare i movimenti di chi non si allinea alle regole di Benito Mussolini, pagherà molto cara.
Nel 1927 è ingaggiato dall’ambiziosa Fiorentina del marchese Luigi Ridolfi, amico intimo del Duce, e qui, pur essendo considerato dai tifosi il calciatore più rappresentativo della squadra viola, viene costantemente intimidito e perseguitato dalle camicie nere per le sue frequentazioni fasciste.
In Toscana si innamora perdutamente di Giulia Vannetti che, diventata sua moglie, in breve tempo gli procurerà una felicità immensa e un dolore devastante. La ragazza rimane incinta ma muore di parto insieme alla bambina che portava in grembo, lasciando suo marito nello sconforto più totale. Uno shock che, unito all’attivismo politico, condizionerà il percorso professionale di Vittorio, costretto a finire, all’apice della sua carriera, a giocare in serie C.
Lasciato il calcio ad appena trentun’anni, l’ultimo atto della sua esistenza si consuma in una Torino assediata dai tedeschi. Lavora come operaio e a seguito degli scioperi nelle fabbriche del marzo del 1944, viene arrestato su delazione e consegnato al Comando Germanico.
Sul treno che lo porterà nel terribile campo di sterminio di Mauthausen, l’ex mediano granata lascerà tutto se stesso: i successi sportivi, la gloria personale e il ricordo di un amore spezzato brutalmente da un destino ingiusto e balordo. Ingiusto e balordo come quei giorni di bombe, di miseria e di morte. Il libro contiene fotografie inedite dall’album della famiglia Staccione.
Sono libri da leggere perchè interessanti da un punto di vista letterario e umano. Un modo per non dimenticare il valore di due uomini che attraverso lo sport hanno difeso la libertà e la democrazia.