IL CONI abbassa gli occhi e chiede scusa agli ebrei.
La settimana scorsa, in occasione della Giornata della Memoria, ho segnalato alcuni libri collegati, in qualche modo, alle tragiche vicende dell’Olocausto. E se la memoria storica o quella collettiva ci ha restituito una realtà capace di trasformare gli uomini in aguzzini e perseguitati, anche il mondo sportivo, quello che si riteneva potesse essere avulso, per spirito decoubertiano, da ogni sentimento di prevaricazione purtroppo non ci ha lasciato nulla di cui andare fieri.
Eppure per comprenderne le cause, è indispensabile capire i motivi che, a mio avviso, hanno portato lo sport a subire una radicale inversione di rotta. Le fonti storiche lo citano ovunque. La figura del Duce ci viene riportata come un uomo estremamente amante dello sport, profondamente convinto dei suoi benefici e fermamente disposto a farne un uso che noi definiremmo inappropriato e con finalità che non andavano certo a braccetto con lo spirito di aggregazione e di uguaglianza.
La disciplina sportiva era soprattutto “disciplina” tesa, non tanto ad allenare per migliorare la condizione fisica dell’individuo e quindi propedeutica per migliorare le sue prestazioni atletiche, quanto ad “addestrare” educare i giovanissimi “balilla” all’obbedienza, al rispetto obbligato delle regole. In altre parole, lo sport era solo un modo per istruire gli individui all’annientamento del nemico, alla rappresentazione militare dell’ideologia politica, un modo illecito per orientare i giovani ad un corporativismo che nulla aveva a che fare con la vera cultura sportiva.
L’entrata in vigore delle leggi razziali, purtroppo, rafforzò il concetto iniziale di selezione, ma la storia, nonostante tutto, ci ha restituito momenti di riscatto sportivo che non possono e non devono essere dimenticati. Pensiamo ai 250 atleti medagliati morti nei campi di sterminio, alle Olimpiadi del ‘37, alle quattro medaglie d’oro di Jesse Owens, a Margaret Bergmann Lambert, campionessa di salto in alto estromessa a Berlino perchè ebrea, alla fiorettista Helene Mayer ebrea tedesca, a Arpad Weisz allenatore di calcio e vincitore di quattro scudetti con l’Inter e deportato ad Auschwuitsz a cui Matteo Marani ha dedicato il libro Dallo scudetto ad Auschwuitsz . Storia di Arpad Weisz allenatore ebreo edito da Imprimatur.
Anche noi abbiamo avuto i nostri eroi. Tra il 43 e il 44 Bartali riuscì a salvare 800 ebrei dalla deportazione nascondendo documenti falsi nel tubo della sua bicicletta. Una storia di grande coraggio raccontata nel libro per ragazzi La bicicletta di Bartali di Simone Dini Gandini con illustrazioni di Roberto Lauciello ed edito da Notes Edizioni, che vale la pena leggere.
Lo sport italiano ricorda anche Leone Efrati un grande pugile di origine ebrea tornato in Italia per salvare il fratello e morto poi ad Auschwitsz, Manlio Gelsomini atleta partigiano morto nelle fosse ardeatine, una storia forte e dolorosa raccontata nel libro di Valerio Piccioni, Manlio Gelsomini Campione Partigiano edito da Gruppo Abele Torino
Storie di atleti ma soprattutto di uomini, testimoni di un coraggio di cui si deve prendere atto e a cui chiedere scusa, perchè la Storia, purtroppo, con i suoi documenti, ci dice che non ci siamo comportati bene e le parole scritte parlano chiaro:
«In ottemperanza alle direttive che la politica del Regime ha stabilito in ogni attività della Nazione, per la salvaguardia della purezza della razza, Il CONI ha provveduto alla esclusione di ogni elemento ebraico dai suoi quadri. Tale epurazione razziale è oggi completa». E ancora. «Il CONI attraverso la Federazioni Medici degli Sportivi ha offerto la sua collaborazione all’Istituto di Bonifica Umana ed Ortogenesi della Razza di recente costituzione. Le modalità di tale collaborazione non sono state per ora precisate ma si impernieranno nel reciproco scambio».
Che dire, Non ci sono parole. Il documentario di Matteo Marani, in onda su Sky Storia, stende un velo pietoso sulla integrità dei principi del Comitato Olimpico Italiano dell’epoca e le verità, finalmente svelate, hanno fatto rumore. Puntuali sono arrivate le scuse ufficiali dal Presidente del CONI Malagò, ma, per quanto giuste e doverose, non credo potranno mai restituirci la dignità e l’onore, li abbiamo persi 80 anni fa.
Io, ho preferito aprire il mio articolo con un immagine che parla da sola di rispetto e di lealtà sportiva, ma chiudo con un video dedicato a Gino Bartali, Per non dimenticarli!
A MARTEDI PROSSIMO E BUONA LETTURA!