Il sapere, la conoscenza e le tradizione delle civiltà antiche possono arrivare fino a noi mediante i reperti archeologici, le pitture e le opere d’arte e, soprattutto, tramite i testi scritti. Tuttavia, decifrare una documento di cinquemila anni fa, magari scritto servendosi dell’alfabeto cuneiforme, presenta una serie di insidie: prima di tutto, il supporto fisico (la tavoletta d’argilla, in questo caso) può essere deteriorato; oppure possono esserci parti mancanti o illeggibili. Infine, gli studiosi devono conoscere abbastanza bene la lingua, da riuscire a decifrarla in modo corretto.
Perchè se per idiomi come il latino e il greco antico sono rimaste abbastanza fonti non solo per tradurre in modo relativamente agevole (non è mai un lavoro facile, tanto meno se non si hanno a disposizione parlanti nativi in carne e ossa che risolvano alcuni dubbi) ma anche per renderle materie scolastiche, lo stesso non si può dire in molti altri casi. Senza la stele di Roseta forse l’interpretazione dei geroglifici sarebbe proceduta con molta più fatica, com’è accaduto per la lingua scritta maya, di cui si conservano pochissime testimonianze.
L’alfabeto cuneiforme rientra facilmente in quelli che presentano una sfida per gli studiosi. Una prima motivazione è certamente il fatto che non siano poi in molti a padroneggiarlo (esistono però manuali per impararlo anche per appassionati), e poi il materiale a disposizione è limitato, soprattutto considerando che si tratta di reperti del 3000 a. C.. Un lato positivo può essere che lo stesso alfabeto è impiegato sia per scrivere il sumero, sia l’accadico che l’ittita, ma ciò non toglie che il processo di traduzione sia lungo e complesso.
L’Ai per tradurre l’alfabeto cuneiforme: l’intelligenza artificiale applicata alle lingue antiche
Traducendo sia professionalmente sia per comprensione personale, può capitare di trovarsi davanti a termini o espressioni che non compaiono nei dizionari. E allora, in questo tempo di tecnologia, è una la cosa che viene spontaneo fare: aprire Internet. A volte la risposta si può trovare tra i risultati del motore di ricerca (specialmente se quel termine che non si capiva finisce per essere un nome proprio), più spesso capita di andare direttamente nei traduttori automatici (alcuni più affidabili di altri) e incollare il testo interessato. Bene, immagina se si potesse fare così anche con le lingue antiche.
Deve esserci stata un’idea simile alla base del progetto portato avanti della squadra di informatici e archeologi israeliani che ha messo in piedi il primo programma di traduzione automatica dal cuneiforme accadico all’inglese. Come spiegano gli esperti, alla base del programma c’è il metodo di traduzione automatica neurale, che consiste nel convertire ogni parola in una stringa di numeri e poi tradurla in un’altra lingua – in questo caso l’inglese, facendo attenzione anche alla precisione della struttura sintattica.
Per il momento, il Best Bilingual Evaluation Understudy 4, un sistema che valuta le traduzioni automatiche, ha dato un punteggio di trentasette scarso su cento a questo programma, ma trattandosi di un progetto ancora in via di sviluppo, gli studiosi sono molto fiduciosi – soprattutto considerando che Google Traduttore si assesta sul sessanta.
A condizionare il rendimento dell’intelligenza artificiale nel tradurre l’alfabeto cuneiforme è, prima di tutto, la quantità di materiale disponibile a cui accedere in rete, a cui il sistema può fare riferimento per tradurre, molto minore rispetto a quello reperibile per le lingue più recenti – parliamo di seimila tavolette di argilla contro decenni di documenti e prodotti digitali, ad esempio. Alcune parole, poi, potrebbero essere danneggiate o poco leggibili, e quindi inutilizzabili.
Per quanto il programma non se la cavi affatto male con testi dalla forma standard, come editti e leggi, non è ancora in grado di tradurre diverse varianti dell’accadico, in quanto dovrebbero essere prima inseriti i parametri e i dati per ognuna di esse. Tuttavia rimane il fatto che, anche se si trova ancora allo stadio embrionale, questo sistema ha tradotto in pochi secondi quello che gli studiosi avrebbero decifrato forse in mesi. Chissà quanti misteri si potranno portare alla luce, in futuro, grazie a questi nuovi impieghi della tecnologia.