L’insostenibile leggerezza dell’essere è un romanzo di Milan Kundera che può essere considerato un classico della letteratura mondiale. È uno di quei libri da tenere sempre in bella vista sul ripiano centrale della libreria, da riprendere di tanto in tanto e rileggere. Personalmente lo ritengo un quasi un compagno di vita: da quando l’ho conosciuto lo avrò letto 3 o 4 volte ed ogni volta è come immergersi in pagine che non avevo letto prima.
Ci sono libri che accompagnano fedelmente il percorso dell’esistenza di ognuno: L’insostenibile leggerezza dell’essere accompagna la mia vita da circa un trentennio, da quando cioè, attraverso un brano di Antonello Venditti, (L’insostenibile leggerezza dell’essere, sì, proprio come il libro) sentii per la prima volta il titolo e ne fui affascinata. Strano come a volte basti solo un titolo per richiamare l’attenzione su un libro, ne convieni anche tu caro lettore?
L’insostenibile leggerezza dell’essere: una lettura con un certo peso
Al primo approccio, l’ossimoro del titolo, insostenibile leggerezza, mi apparve subito come un richiamo alla poesia e da frequentatrice di versi, non potevo restare insensibile. Così è stato infatti. Poco dopo mi ritrovai a comprare una delle primissime edizioni circolanti in Italia (esattamente quella di cui vedi la foto sotto) che presenta in sovra-copertina un dipinto di Matisse, La danza… E parlando di leggerezza, il curatore di quella edizione del 1985, Adelphi per essere precisi, non poteva scegliere meglio.
Lo stesso autore, Milan Kundera, era una specie di mito in quegli anni. Cecoslovacco, figlio di un musicista, avversato dal potere comunista, emarginato e costretto all’esilio fu uno dei protagonisti della Primavera di Praga e a me, ragazzina degli anni ’80, appariva come un eroe, circondato dal sacro fuoco degli ideali politici e letterari: motivo in più per leggere L’insostenibile leggerezza dell’essere che fra l’altro, era stato vietato nei Paesi a regime comunista.
Alla prima lettura, ricordo, non capii granchè: mi colpirono però alcuni passaggi e la quasi pesantezza della storia in cui, alle vicende private dei quattro protagonisti principali, si intrecciano contesti storici, filosofici, esistenziali, politici ed emotivi. E poi, la ricerca della leggerezza da parte di alcuni di loro: leggerezza nelle facili avventure sessuali, nei rapporti mordi e fuggi, nella quasi insensibilità del protagonista nei confronti dei malesseri interiori della sua donna.
Leggerezza che nello svolgersi delle vicende del romanzo diventa insopportabile, insostenibile… Un bel malloppo penserai tu a questo punto, l’ho pensato anch’io a quel tempo. Tuttavia, malgrado le difficoltà iniziali, ho trovato in tutto il romanzo qualcosa di profondamente vero e vicino al mio (e non solo) mondo interiore ed è per questo che ne fui affascinata fin da subito. Tanto che a quella prima lettura ne seguirono altre a distanza di tempo che servirono sia a capirne meglio i concetti, sia ad approfondire l’introspezione che il libro spinge a fare.
Su L’insostenibile leggerezza dell’essere hanno detto:
Numerose le note di critici e scrittori famosi nei confronti di L’insostenibile leggerezza dell’essere, Italo Calvino, ad esempio ebbe a commentare:
[…] nella vita tutto quello che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile. Forse solo la vivacità e la mobilità dell’intelligenza sfuggono a questa condanna…
O ancora, senza scomodare grandi nomi, commenti di persone comuni che hanno amato il romanzo:
Un romanzo sull’alternanza degli equilibri fra leggerezza e pesantezza, in cui nessuna risulta migliore o peggiore dell’altra. Non mi meraviglio che sia diventato un classico sempreverde.
Uno di quei libri che ti entrano dentro, ti cambiano e ti fanno mettere in dubbio ogni cosa.
Vorrei dimenticare di averlo già letto, solo per il gusto di innamorarmi di nuovo.
Non è certo un libro d’evasione L’insostenibile leggerezza dell’essere, è un romanzo che potrebbe essere considerato un saggio. La vita di ciascun personaggio, serve all’autore solo da esempio per spiegare i suoi concetti personali sui temi esistenziali: il destino, l’impossibilità di compiere scelte sicure nel corso dell’esistenza, la ricerca della felicità anche in condizioni difficili.
L’insostenibile leggerezza dell’essere, un’indagine di Milan Kundera sulla condizione umana
L’ampia gamma di esperienze umane presenti nel libro, conduce il lettore alla riflessione e spesso all’introspezione o almeno così è capitato a me. Per questo la necessità di leggerlo e rileggerlo e la conseguente sorpresa di trovare tra quelle pagine, nuovi spunti, nuovi stimoli, forse nuove verità che riguardano il profondo dell’essere umano, con i suoi conflitti interiori, le sue contraddizioni, le leggerezze insostenibili e le pesantezze inevitabili.
La leggerezza dell’essere è insostenibile perché è uno schermo dietro cui nascondere la reale essenza della vita: la pesantezza esistenziale. Essa è una distrazione in senso lato dalle più pressanti cure proprie dell’uomo che vive poiché distrae ed allontana dalla realtà, è il nocciolo della futilità di quando, si pensa, possa colmare un vuoto eterno ed affatto ineliminabile…
Potrai pensare che il libro proposto oggi per la rubrica Spazio ai classici sia una lettura per cervellotici, quelli cioè amano masturbarsi i neuroni con elucubrazioni mentali di vario tipo: forse è vero. Altrettanto vero è, però, che una coscienza sensibile ed aperta non può fare a meno di guardarsi dentro fin nel profondo e non sempre quello che si riesce a comprendere di se stessi risulta gradevole.
A volte, non guardare i propri abissi e fare finta che non ci siano rende più leggera l’esistenza. Almeno fino a quando la leggerezza dell’essere non diventa insostenibile. E a quel punto ha ragione Milan Kundera.