Roma, il suo impero e la grandezza di Vespasiano sono al centro de L’imperatore di Roma il nuovo storico di Roberto Fabbri, scrittore nato a Ginevra ma residente tra Londra e Berlino.
L’imperatore di Roma, l’impero Romano e i suoi imperatori nell’ultima ricerca storica di Roberto Fabbri
Per venticinque anni lo scrittore ha lavorato in produzioni televisive e cinematografiche ma la sua vera passione, l’ho constatato personalmente, è per la storia, in particolare per quella che riguarda l’antica Roma con una attenzione particolare per la figura di Vespasiano, a cui ha dedicato molti dei suoi libri.
Di lui, La Newton Compton ha pubblicato Il tribuno, Il giustiziere di Roma, Il generale di Roma, Il re della guerra, Sotto il nome di Roma, Il figlio perduto di Roma, La furia di Roma. Roma in fiamme, Le tre legioni e dulcis in fundo, (giusto per rimanere in tema) L’imperatore di Roma il primo libro che ho avuto l’onore ma anche l’onere di leggere.
Sulla passione di Roberto Fabbri per la storia antica non c’è nulla da dire, si avverte in tutta la narrazione, è palpabile, ti trascina con lui nei meandri strategici di quello che è stato l’Impero più grande del mondo. Una passione, oserei dire, quasi sfrenata quando l’attenzione è rivolta a Vespasiano.
Il generale romano riempie la scena, è tramandato ai posteri come il condottiero senza macchia ne paura, figura saggia e autorevole al comando quanto amorevole ed emotivamente coinvolto nelle relazioni personali.
Non potrebbe essere altrimenti e se anche mi fosse venuto in mente di analizzare il tema del libro o i suoi personaggi, non sarebbe stata una scelta giustificata, la storia non si discute e Fabbri la storia la conosce bene, fin nei minimi particolari.
C’è da dire che anche le critiche letterarie si sono lasciate andare a pensieri lusinghieri confermati tra l’altro dalle 130.000 copie vendute in tutto il mondo e su questo non ci piove. Non me ne voglia, tuttavia, lo scrittore se mi concedo almeno il lusso di esprimere comunque il mio pensiero, se non altro per difendere la categoria dei lettori a cui è data, come è giusto che sia, l’ardua sentenza.
Credo sia giusto iniziare dalla narrazione per comprendere il momento storico. Ne L’imperatore di Roma Fabbri prende in considerazione due anni molto particolari, quelli che vanno dal 68 a.C. al 70 a.C.
Sono due anni difficili, l’Impero Romano continua ad espandersi e nello stesso tempo deve fare i conti con le reazioni eversive dei popoli sottomessi, soprattutto quelli avversi per religione.
Vespasiano, nominato da Nerone, discusso imperatore di Roma, è ancora una volta chiamato a riequilibrare la situazione, un impegno che svolge con la prudenza e la saggezza che lo contraddistingue. A capo di un grande esercito, il generale quindi si ritrova con il figlio Tito a sedare la rivolta degli ebrei in Giudea, un compito certamente non facile per l’avversione della popolazione e l’avvento di un nuovo RE che, a suo dire, sfiderebbe il dominio dell’impero stesso.
L’imperatore di Roma, Fabbri racconta Roma antica e la figura di Vespasiano
La lucida follia di Nerone e il suo suicidio, poi, danno seguito a tutta una serie di diatribe politiche tra coloro che si ritengono papabili alla sua sostituzione e questo rende più complicato il riassesto politico dei territori occupati.
Il succedersi nefasto di oppositori del regime spiana quindi la strada alla convinzione che Roma abbia finalmente bisogno di un vero capo. Vespasiano ha tutte le carte in regola per conquistare il potere, ma le correnti contrarie non sono facili da superare, a cominciare da figure appartenenti allo stesso entourage familiare.
Fabbri quindi si muove su questo scenario; segue Vespasiano con la lente d’ingrandimento tra battaglie, riunioni politiche; filtra i suoi pensieri, le drastiche decisioni, lo scruta nei momenti di riflessione, rabbia e nei momenti concessi ai sentimenti.
Per farlo lo scrittore usa il dialogo, ininterrotto, con tutti coloro che lo circondano, senza sosta, riavvolgendo continuamente il nastro degli avvenimenti e riportando alla memoria fatti e personaggi non sempre facili da memorizzare.
Personalmente, nonostante il tema fosse storicamente interessante, ho avuto difficolta nel mantenere la giusta concentrazione, probabilmente a causa di una mancata scorrevolezza delle conversazioni, troppo lunghe e dispersive soprattutto nelle descrizioni delle varie battaglie o nei dialoghi personali con i numerosissimi personaggi che si avvicendano nella storia.
Alleggerire le descrizioni e ridurre i dialoghi a mio avviso avrebbe dato respiro alla narrazione aiutando il lettore ad una migliore comprensione, soprattutto di colui che della storia ha meno contezza.
L’errore, se lo vogliamo considerare tale, non l’ho invece riscontrato nell’ultima parte del libro, senza dubbio più scorrevole, scritto con una intensità di toni diversa, più pacata e comprensibile, capace di coinvolgere emotivamente per l’epilogo delle vicende che, inevitabilmente appartengono alla storia.
Detto questo si nota il grande lavoro di ricerca dello scrittore e il fuoco interiore che lo ha spinto a scrivere la serie. Il libro, al di là di tutto, desta interesse, Fabbri è molto bravo a sciolinare la storia come fosse acqua fresca e davanti alle competenze ci si inchina. Rispetto invece alla modalità di comunicazione avrei certamente reso la sublime Storia e forse anche Vespasiano meno complicati e più accessibili.
Ma questa probabilmente, per un appassionato come Fabbri, sarebbe stata un’altra Storia!