Liliana Segre, lo sappiamo tutti, è stata fra coloro che hanno subito l’ingiustizia delle leggi razziali e che hanno vissuto sulla propria pelle l’orrore dei campi di concentramento. Una donna che ha visto il suo nome tramutarsi in un numero: precisamente il 75.190.
Liliana Segre: perché bisogna sempre lottare contro le ingiustizie e combattere i soprusi e il totalitarismo di qualunque tipo esso sia
Liliana è stata bruscamente strappata da quella che era la sua vita di bambina, le è stata brutalmente rubata l’innocenza e la vivacità tipica di quella età, le hanno impedito di vedere il mondo a colori, di osservare – meravigliandosi di quanto fosse bello – il cielo azzurro puntellato di nuvole bianche -, non ha potuto inalare il buon profumo delle margheritine da campo e farne un bel mazzolino da portare alla mamma.
La donna, infatti, già all’età di otto anni ha capito che la sua vita sarebbe cambiata: le hanno detto che non sarebbe più potuta andare a scuola, perché? Perché era un’ebrea. Le tanto paventate e decantate leggi razziali lo impedivano, così come proibivano agli ebrei – come lei – di compiere numerose altre cose. Venne loro vietato di entrare persino in determinati locali.
E poi, Liliana conobbe l’orrore – ed è sempre un termine troppo riduttivo per esprimere ciò che agli ebrei accadde – dei campi di concentramento. Campi di deportazione dove la propria personalità veniva annullata, dove il silenzio era l’unica consolazione mentre si attendeva tra la vita e la morte. Dove si evitava di fare delle amicizie per paura poi di doversene separare, si osservava il proprio corpo scomparire ogni giorno sempre più. Allora, cosa ti restava? Il silenzio. Solo questo.
Questo è parte di ciò che Liliana Segre ha raccontato nello scorso ottobre 2020; lei che è stata testimone dell’olocausto e del dispotismo dei nazisti che hanno compiuto – e che si sono macchiati – dei peggiori crimini. Impossibile dimenticare ciò che si è vissuto, ma bisogna raccontarlo, seppur con il dolore nel cuore ed un velo sugli occhi, perché le generazioni a venire sappiamo cosa è davvero accaduto, perché, come sempre sostengo, non bisogna che ciò che è successo, si ripeta di nuovo.
In questa occasione ad Arezzo e precisamente nel borgo di Rondine, Liliana Segre ed altre personalità influenti di Stato, fra le quali il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si sono ritrovati insieme per inaugurare uno spazio chiamato Area di Janine, dedicato ad un’amica di Liliana che quest’ultima non ha potuto salutare prima che la stessa raggiungesse la Camera a gas di Auschwitz.
Ricordiamo che Liliana Segre è stata nominata senatrice a vita dal Presidente Sergio Mattarella con la seguente motivazione «per avere illustrato la Patria con altissimi meriti in campo sociale.»
Gherardo Colombo, Liliana Segre: La sola colpa di essere nati, 21 gennaio 2021
Tra non molto sarà la data evocativa della Shoah, che si celebra il 27 gennaio di ogni anno. Giornata dedicato al ricordo, alla commemorazione, alla riflessione. Quale occasione migliore quindi per leggere il nuovo libro di Liliana Segre, scritto a quattro mani assieme all’ex magistrato Gherardo Colombo, che dal 2007 si dedica alla riflessione pubblica sulla giustizia per il tramite dell’associazione Sulle regole.
Entrambi sono gli autori di un libro che vedrà la pubblicazione in data 21 gennaio, edito Garzanti e dal titolo La sola colpa di essere nati «Per me è molto importante sentirmi sulla tua stessa strada. Perché hai vissuto ciò che io ho solo letto, e perché avendolo vissuto non hai assecondato l’istinto di rispondere all’odio con l’odio».
«Non abbiamo bisogno di eroi, serve però tenere sempre viva la capacità di vergognarsi per il male altrui, di non voltarsi dall’altra parte, di non accettare le ingiustizie».
Liliana Segre ha compiuto da poco otto anni quando, nel 1938, con l’emanazione delle leggi razziali, le viene impedito di tornare in classe: alunni e insegnanti di «razza ebraica» sono espulsi dalle scuole statali, e di lì a poco gli ebrei vengono licenziati dalle amministrazioni pubbliche e dalle banche, non possono sposare «ariani», possedere aziende, scrivere sui giornali e subiscono molte altre odiose limitazioni.
È l’inizio della più terribile delle tragedie che culminerà nei campi di sterminio e nelle camere a gas.
In questo dialogo, Liliana Segre e Gherardo Colombo ripercorrono quei drammatici momenti personali e collettivi, si interrogano sulla profonda differenza che intercorre tra giustizia e legalità e sottolineano la necessità di non voltare mai lo sguardo davanti alle ingiustizie, per fare in modo che le pagine più oscure della nostra storia non si ripetano mai più.»
Un libro profondo e fortemente commemorativo che non possiamo fare a meno di conoscere e di leggere.