Il 16 gennaio è stato il giorno più triste dell’anno. Ora concludiamo la settimana con alcuni consigli per combattere la tristezza. Tra i viaggi e le letture ecco alcuni consigli per cercare di non cadere in depressione.
Come combattere la tristezza: i viaggi
Tra i primi rimedi troviamo, come ha analizzato la Washington State University in un’indagine, i viaggi. Non ci voleva un’Università americana per capirlo, ma attraverso i viaggi si abbandona per un piccolo periodo la propria zona di comfort e la routine che sono spesso fonti in cui la nostra tristezza può diventare un mood costante.
Le persone che viaggiano più frequentemente invece sperimentano livelli più elevati di felicità grazie alle sostanze rilasciate dal cervello. I responsabili sono la dopamina, l’ossitocina e la serotonina, che si attivano durante questi viaggi in cui l’individuo supera i limiti del territorio conosciuto per entrare in un mondo a lui estraneo, e che gli fa illuminare il cervello.
Marta Jiménez Castro, neuropsicologa specializzata in disturbi d’ansia e dell’umore, lo spiega così:
“viaggiare è come innamorarsi. E intendo letteralmente, perché il cervello reagisce allo stesso modo quando viaggiamo e quando ci innamoriamo. La mente non distingue tra uno stimolo nuovo e un altro. Non importa se si tratta di un nuovo partner o di un luogo sconosciuto. Concentra l’attenzione su nuovi stimoli e li rileva attraverso la dopamina. Ecco perché viaggiare ha un effetto psicologico ed emotivo positivo su di noi. Anche con un weekend di vacanza”.
Si può quindi dire che viaggiare fa innamorare di nuovi luoghi, di quelli che si visitano per la prima volta e delle emozioni che questi territori provocano.
Alcuni anni fa, un gruppo di ricercatori della Cornell University ha stabilito che la felicità è racchiusa nel registro dei ricordi e delle esperienze rilevanti, la cui massima espressione è il viaggio.
Lo studio ha trovato altri indizi, una connessione tra longevità e viaggi. A quanto pare esiste una sorta di gene del viaggio, il DRD4 7r, un recettore della dopamina che determina il desiderio di esplorare. Lo psicologo Alberto Noguera dice:
“il nostro cervello può essere educato in una misura che non possiamo immaginare. Alcune cose sono difficili, soprattutto quelle che fanno urlare la nostra voce interiore per spaventarci. Ma possiamo educarlo, dirgli che accettiamo la sua paura o i suoi avvertimenti e continuare a parlargli finché non perde forza. È come andare in palestra: all’inizio è difficile, ma poi viene naturale e la vostra salute ve ne sarà grata. Lo stesso vale per uscire dalla propria zona di comfort”.
Non tutti hanno voglia di viaggiare, fare le valigie non è un impulso naturale, ma gli scienziati sembrano concordare sul fatto che dovrebbero farlo. Non è solo una questione di felicità momentanea: è un puro investimento in salute. Lo stress non entra in valigia Sembra che alcuni problemi non abbiano spazio nel bagaglio. Almeno per il cervello.
Un altro esempio, suggerito da un report di Civitatis, è lo studio condotto da un gruppo di ricercatori in Arizona, che ha concluso che le donne che fanno più vacanze tendono a essere meno soggette a depressione, stanchezza e stress. Hanno anche dato una valutazione migliore ai loro matrimoni e alle loro relazioni personali.
Contro la tristezza: abbandonare la tecnologia
Andrés Muatruga, sociologo e autore di diversi libri sull’impatto dello sviluppo tecnologico, afferma che “lo stress, data la situazione attuale, è un’epidemia che ci segue, ci insegue, attraverso dispositivi come il telefono, il tablet o il computer“, e assicura che “questa situazione ha un impatto sul nostro cervello di cui non siamo ancora riusciti a verificare tutte le conseguenze. L’aumento dei disturbi ansiosi e depressivi negli ultimi anni è innegabile e, in molti casi, sembra essere legato allo sviluppo tecnologico (soprattutto a causa dell’iperconnettività e del costante confronto sugli rrss). Se uniamo questi problemi alle difficoltà economiche, alle eco ansie, alle preoccupazioni sociali, alle guerre intorno a noi, il risultato può essere una catastrofe emotiva ben di più di una sola giornata più triste dell’anno“. Pressioni, richieste e confronti costanti a cui sembra impossibile sottrarsi in un mondo che è iperconnesso.
I libri anti-tristezza
Qui ti suggerisco tre libri che potrebbero aiutarti a combattere la tristezza e la depressione.
Il diario di Bridget Jones, Helen Fielding
Mangia troppo, beve troppo, fuma troppo, ha una madre troppo invadente e incontra solo amanti egoisti o sgangherati. Bridget Jones è una donna appassionata in guerra contro cellulite, lavori frustranti e principi azzurri inaffdabili: il prototipo della single pronta a difendere il proprio diritto di essere “quasi” perfetta. Un romanzo che, uscito nel 1996, è diventato subito un fenomeno di culto e, oggi, a più di vent’anni dalla sua pubblicazione, si è guadagnato un posto tra i classici della letteratura femminile.
Nudi e crudi, Alan Bennet
Trovare la casa svaligiata dai ladri è senza dubbio un evento sinistro. Ma se spariscono anche la moquette, il rotolo della carta igienica, il forno e l’arrosto che attendeva lo scatto del timer, è palese che non può trattarsi di un semplice furto. Questo racconto suscita una reazione pressoché unica nella letteratura degli ultimi anni: una ilarità che assale sin dalle prime righe – e quanto più si procede, tanto più essa si mescola con la percezione di una inquietante perfidia.
Alice nel paese delle meraviglie, Lewis Carroll
A oltre un secolo dalla sua pubblicazione, Alice, come romanzo e come personaggio, conserva ancora intatta tutta la sua freschezza, incantando non solo i più giovani ma anche gli adulti, che nel suo mondo meraviglioso scoprono un altro sé, pronto a sfidare ardui giochi linguistici, entusiasmanti trucchi psicologici, situazioni impossibili che mettono in discussione la realtà e svelano l’irresistibile fascino dell’assurdo.