The Queen of Chinatown è una delle sue hit più famose. Ma di chi sto parlando? Della favolosa ed eccentrica Amanda Lear, poliedrica artista che può vantare di aver vissuto una vita intensa, accanto a nomi celebri. Il suo vero nome è Amanda Tap, nasce a Saigon nel 1939 e ha pubblicato ben 28 album nei quali spiccano brani come Tomorrow e Follow me.
La cantante (ma anche attrice, conduttrice televisiva, scrittrice, pittrice e modella) ha avuto molte relazioni d’amore importanti tra cui quella con Morgan Paul Lear, suo ex marito, di cui ha mantenuto il cognome, Brian Jones dei Rolling Stones, Brian Ferry e David Bowie. Negli ultimi anni è stata accanto a ragazzi molto più giovani di lei, ma c’è un rapporto che più di tutti l’ha resa una musa ispiratrice, una dea dell’amore libero.
Ma prima di parlare di questo, soffermiamoci sulla sua figura androgina che ha creato una vera e propria leggenda sul suo sesso.
La leggenda su Amanda
È la stessa ragione per cui qualcuno continua a dire che la terra è piatta. Io sono stata la prima vittima delle fake news e dei complottisti. Dicevano che quelle foto erano ritoccate. La gente sparlava di me pensando forse di distruggermi. E invece hanno contribuito alla mia fama. Ecco, do questo consiglio alle vittime delle fake news di oggi sui social: utilizzatele a vostro vantaggio.
Questo il commento di Amanda Lear sul mistero che ha da sempre contornato la sua figura, visto soprattutto l’aspetto fisico e la sua voce profonda.
Il fatto è che in realtà prima di diventare fotomodella, sembra fosse stata un ragazzo di nome Peki d’Oslo, all’anagrafe Alain Tap, nato nel 1939. Sembra inoltre che l’artefice di questa leggenda, se vogliamo chiamarla così, sia stato proprio Salvador Dalì, che a quanto pare ha conosciuto la sua Amanda quando era ancora un ragazzo in uno spettacolo sadomaso a Barcellona, nel Barrio Gotico.
La storia d’amore con il genio del surrealismo
É il 1965, siamo a Parigi. Amanda Lear aveva 26 anni, faceva la modella, e aveva (non che oggi non ce l’abbia) una bellezza particolare, quasi ipnotica; Salvador Dalì era invece una star della pittura, con il suo stile unico e inconfondibile.
Sono i tavoli del club Castel che danno il via a una relazione durata ben 17 anni, un menage a trois con la moglie di lui Gala, che invece di vedere Amanda Lear come una nemica, l’accolse immediatamente instaurando con lei un’amicizia profonda, come valore aggiunto alla coppia.
La sinossi de La mia vita con Dalì di Amanda Lear
La lunga liaison tra Amanda e il pittore è raccontata nel libro La mia vita con Dalì, che ormai è un classico: pubblicato una trentina d’anni fa da Costa & Nolan, ora torna grazie al Saggiatore, che lo ha scelto come biglietto da visita da Testo.
Ecco un estratto e la sinossi del libro!
Dalí tendeva alla calvizie ed era un po’ in carne. Lo trovai presuntuoso e, per essere sincera, ridicolo con i suoi baffi impomatati e il panciotto di lamé dorato. A ogni frase brandiva un bastone da passeggio con l’impugnatura d’oro. La sua corte era composta da vergini di professione e giovani parrucchieri pederasti.
Da questo momento non ci lasceremo mai, lo sa?» Con queste parole Salvador Dalí saluta Amanda Lear dopo il loro primo pranzo insieme a Parigi. Si erano conosciuti soltanto la sera prima, un giorno d’ottobre del 1965, in un ristorante di rue Princesse: lei giovane studentessa di Belle Arti che aveva da poco cominciato a posare come modella per pagarsi l’affitto e le lezioni di disegno; lui genio indiscusso del surrealismo all’apice del successo internazionale.
Le prime impressioni che l’artista sortisce su Amanda Lear non sono affatto lusinghiere, lo considera presuntuoso nei suoi modi cerimoniosi e ridicolo con quei suoi baffi impomatati, ma il fascino che emana la sua figura, la sua estrema vitalità, il suo modo di osservare la realtà finiscono per conquistarla. «Lei ha proprio un bel cranio» sarà il primo, bizzarro complimento che le rivolgerà: nessuno le aveva mai detto che aveva un bel cranio.
Comincia così una relazione che durerà più di quindici anni: Amanda Lear diventerà per Salvador Dalí una «musa», un «angelo», un «papavero orientale» da proteggere, amare e trasfigurare nei suoi dipinti. “La mia vita con Dalí” racconta questa storia: l’incontro tra due destini che hanno saputo sconcertare il mondo, che lo hanno reso più visionario, che hanno cambiato il modo di pensare la parola «amore».