“Nel flusso indefinito del tempo e degli stati d’animo, gran parte della storia è incisa nei sensi. E cose di nessuna importanza, insostituibili ritornano così all’improvviso, in un caffè d’inverno.”
La cucina è il luogo dove più spesso ci si incontra, il luogo di molti ricordi, dove veramente la casa mostra il suo senso più profondo.
“Non c’è posto al mondo che non ami di più della cucina…”
Così comincia “Kitchen” pubblicato in Italia da Feltrinelli nel 1991(prima traduzione).
La protagonista, Mikage, rimasta sola al mondo dopo la morte della nonna, trova nelle cucine nuove e luccicanti ma anche vecchie e vissute il calore della famiglia che non ha più.
Ed è sempre in cucina che Mikage una famiglia se la “inventa”: è la cucina del suo giovane amico Yuichi che la invita ad andare per un po’ a vivere a casa sua per non rimanere da sola. Qui la madre di Yuichi, in realtà padre, la accoglie nella sua casa e lei cucina per loro e può eleggerli come propria famiglia.
La cucina come sinonimo di calore, di famiglia, di incontro, ma anche luogo dove dimostrare l’affetto, la cura, l’amore attraverso la preparazione di un piatto per la persona cara:
“Eriko mangiava con espressione felice la minestra di riso con le uova e l’insalata di cetrioli che avevo preparato.”
“Mentre preparavo i ramen l’incredibile rumore della centrifuga risuonava nella cucina di notte.
Sembrava una cosa straordinaria e allo stesso tempo una cosa da niente, Un prodigio, ma anche la cosa più naturale del mondo.”
Con questo romanzo, e il breve racconto che lo chiude, Banana Yoshimoto ha fatto il suo fortunato esordio in Italia. Con il suo stile acuto, venato di tristezza e la sensibilita che la contraddistinguono, Banana affronta il tema della solitudine, Il cibo, la transessualità e la morte, a lei particolarmente caro. Inoltre mutuando lo stile dai fumetti manga riesce a far immaginare nitidamente con la sua scrittura un piccolo scorcio del suo paese.