Cari iCrewers il libro che oggi vi propongo è il romanzo d’esordio di Muriel Barbery: “Estasi culinarie”.
Per chi ha già letto l”Eleganza del riccio” ritroverà in questo romanzo il palazzo di Rue de Grenelle e la portinaia Renée. Questa volta però il protagonista o meglio, colui che racconta in una sorta di diario i pensieri che lo tormentano nelle sue ultime 48 ore di vita, è il più grande critico gastronomico del mondo, Monsieur Arthens.
Arthens viene descritto come un padre e un marito assente, un uomo egocentrico e un despota in tema di cucina, un uomo che dice “da padrone ho vissuto e da padrone morirò, senza scrupoli né propensione ai sentimentalismi, senza nessun rimorso per aver accumulato beni né per aver conquistato anime e individui come si compra un quadro di valore…” E invece di interrogarsi su questo il suo unico scopo in punto di morte è quello di ricercare un sapore, il sapore per eccellenza quello che definisce come:
l’unica verità che in vita mia sia stata detta o messa in pratica.
Questo è anche il messaggio tra le righe di questo libro: la verità che Arthens cerca è nascosta dietro all’apparenza, alla sontuosità di quei cibi, alla ricercatezza delle descrizioni dell’atto del mangiare, alle evocazioni delle sensazioni provate, è appena sotto alla superficie delle cose.
La differenza la fa la voglia di cercarla questa verità e di scavare e andare in fondo alle cose per scoprirne la vera essenza.
Per Arthens la verità è questo sapore primordiale che lo riporta a quello che era prima di diventare famoso, il sé stesso di cui ha coperto ogni traccia con il tempo.
E tu, quale sapore ricercheresti?
Io ricercherei un sapore che mi ricorda l’adolescenza, quello delle pannocchie appena arrostite, quando penso a quel sapore e a quel profumo il cuore mi si riempie di emozione perché ricordo me spensierata e felice solo per poter addentare quella pannocchia dai colori del sole. Una felicità pura senza pretese che oggi a volte faccio fatica a ritrovare.
Ma ritorniamo al libro, al suo interno ci sono elenchi di cibi, descrizioni di ricette, e di singoli ingredienti che ti conducono con tutti i sensi nelle “estasi culinarie” di questo importante critico gastronomico:
Tra queste, nel capitolo in cui Arthens parla dell’orto della zia Marche si celebra la riscoperta del pomodoro…
“In insalata, al forno, in ratatouille, in marmellata, alla griglia, farciti, canditi, ciliegini, grossi e morbidi, verdi e acidi, fregiati d’olio d’oliva, di sale grosso, vino, zucchero, peperoncino, schiacciati, pelati, in salsa, in composta, in mousse, perfino in sorbetto: credevo di averne esplorato tutte le possibilità, e in più di un’occasione di averne carpito il segreto sulla scia delle mie recensioni ispirate dai menu dei più grandi chef. Che idiota, che pena… Mi sono inventato misteri inesistenti e tutto questo solo per giustificare un deplorevole commercio”
oppure la colazione a San Francisco, a mangiare “il breakfast della vita”…
“Scrambled Eggs with Sausage and John’s special Potatoes” e davanti ai miei occhi vidi arrivare una tazza fumante di caffè imbevibile insieme a un piatto, o meglio a un vassoio, straripante di uova strapazzate e patate saltate con l’aglio, ornato da tre salsicciotte grasse e profumate.”
Con la fantasia in cucina si può spaziare quanto si vuole…
L’autrice ce lo ha dimostrato ampiamente in questo libro con la sua scrittura raffinata e sontuosa. Un libro che forse poteva dare maggiore risalto anche agli altri personaggi, alle loro storie, ma nel complesso piacevole anche per chi non è appassionato di cucina.