È approdata su Netflix la serie televisiva incentrata sulla vita di Wanna Marchi. È del 2003 il libro scritto dalla stessa con la figlia, Stefania Nobile, Le mie prigioni. Un diario a quattro mani.
Un secondo libro, questa volta non autobiografico è Wanna Marchi, del 2022, scritto da Stefano Zurlo, edito da Baldini + Castoldi.
La vita di Wanna Marchi
Wanna Marchi, definita la Regina delle televendite e la più grande truffatrice italiana, nasce 2 il settembre 1942 a Castel Guelfo di Bologna. La sua affermazione mediatica arriva negli anni ’80 per poi crescere ulteriormente nel decennio successivo.
La sua più grande capacità è stata quella di riuscire ad usare un linguaggio accattivante e che si avvicina al pubblico. La sua passione per le telecamere e la cosmetica (e la voglia di diventare qualcuno anche se nata da una famiglia povera) la portano ad avvicinarsi al mondo delle televendite e alla fine degli annni ’70 inizia a farsi notare con i prodotti dimagranti come lo scioglipancia.
Nel 1983 ha uno show tutto suo, il Wanna Marchi Show su Rete A che conduce insieme ai suoi figli Maurizio e Stefania e diventa famosa per il suo talento nelle vendite e il suo iconico urlo “D’accordo?“.
Al suo fianco, instancabilmente, c’è sempre la figlia, Stefania Nobile. Stefania l’ha sempre difesa e supportata a spada tratta. In seguito alle indagini sulla loro attività di televendita, le due donne vengono condannate al carcere.
La serie Netflix
Ozzano, ed è lì che l’impero Wanna Marchi ha preso vita, dapprima con un negozio di cosmetica e poi con una base operativa che negli anni l’ha portata a diventare la più grande televenditrice italiana vivente, virago che senza grazia e senza cultura è riuscita a convincere milioni di persone a comprare le sue creme e ad affidarsi al suo mago perché in quella voce gracchiante e in quei capelli impalcati di lacca quelle milioni di persone vedevano una luce nel mare buio della scontentezza.
Quand’è che questo impero è nato, e quand’è che qualcosa ha iniziato a incrinarsi fino ad arrivare alla disfatta che tutti conosciamo? Wanna, la docu-serie scritta da Alessandro Garramone con Davide Bandiera, diretta da Nicola Prosatore e disponibile su Netflix, risponde a queste domande con interviste, filmati che ci riportano alla memoria l’Italia volgare e spendacciona degli anni Ottanta, e lei, Wanna Marchi, che, scontata la pena di 9 anni e 6 mesi per bancarotta fraudolenta, truffa aggravata e associazione per delinquere, è di nuovo davanti alle telecamere per fare la cosa che le è sempre riuscita meglio: vendere sé stessa.
Il libro: Wanna – Ascesa e caduta di un mito
All’inizio era timida e impacciata: non riusciva a vendere i suoi prodotti. Poi, il marito Raimondo Nobile s’inventò l’alga liofilizzata e Wanna Marchi diventò famosa. Una figura tornata oggi alla ribalta tanto che Netflix le ha dedicato una docuserie.
Per vent’anni l’estetista di Ozzano è stata una delle regine della Tv, un personaggio ricercato nei salotti e persino a teatro, una promessa del cinema, un fenomeno di costume. Finché qualcosa è cambiato: la signora che sferzava le casalinghe e le invitava a farsi belle ha cominciato a vendere i numeri della fortuna, in compagnia della figlia Stefania e di un mago brasiliano, si è messa a predicare sfortune e sventure, a vendere sale e pozioni contro il malocchio. C’era solo il sogno, è rimasta la truffa. Il miraggio del benessere ha lasciato il posto alla povertà, l’euforia all’umiliazione.
Le vittime, con le loro drammatiche deposizioni in tribunale, svelano come si è sviluppata la fabbrica delle illusioni; Mario Pacheco Do Nascimento spiega com’era gestita dall’interno. Un ex dipendente e un’insegnante di Bologna mostrano come la magistratura e le istituzioni abbiano ignorato per anni le denunce e gli allarmi lanciati da chi aveva intuito il malaffare. Piergiuseppe Cananzi, ai tempi capitano della Guardia di finanza, l’ufficiale che arrestò Wanna e la figlia Stefania, ricostruisce l’operazione «Tapito salato» fino alla notte in cui scattarono le manette. Era il 24 gennaio 2002.
Stefano Zurlo dà voce a tutti i protagonisti della vicenda, ricordando che nel caso di Wanna Marchi la televisione buona ha prevalso sulla cattiva, quella che illude e inganna la gente, mettendo finalmente la magistratura nelle condizioni di intervenire.