Ti è mai capitato di prendere l’aereo o atterrare all’aeroporto internazionale di Venezia? Anche se così non fosse, sono sicura che tu abbia già sentito nominare Marco Polo, mercante veneziano che nel 1200 arrivò fino alla corte del Gran Khan, in Cina. Se ancora nessuna scintilla sprizza riconoscimento nella tua memoria, niente paura, pertchè ti racconterò tutti in Libri dalla Storia di oggi.
Ora che il pritagonista e autore è stato svelato, non ci resta che parlare dell’opera: il Milione, celeberrimo esempio di narrativa di viaggio.
Il manoscritto: Marco Polo e Rustichello da Pisa
La genesi del manoscritto del Milione è unica nel suo genere: sebbene venga comunemente attribuito a Marco Polo, gli autori sono due. Il testo, che vede la luce tra il 1298 e il 1299 nelle carceri genovesi, è certamente frutto dei ricordi del veneziano, ma la penna che lo compose fu quella di Rustichello da Pisa, all’epoca noto autore di romanzi cavallereschi e compagno di cella del mercante (imprigionato in seguito alla presa di una nave della Serenissima da parte della flotta di Genova).
I due strinsero un patto editoriale inedito: Marco raccontava e Rustichello scriveva. Il risultato? Un’opera che loro stessi, nell’Incipit, definiscono “nostro libro“, in cui non sempre si riesce a capire se stiamo leggendo i ricordi di Polo, o se il romanziere di corte ci ha messo del suo. Ci sono, però, degli indizi che ci possono aiutare: se la narrazione è in prima persona e al tempo presente, allora il nostro interlocutore è Marco; se il tempo è il passato e la persona è la terza, è Rustichello che ci diletta (solitamente con descrizioni che paiono giungere dirette dai racconti a lui più familiari).
Dove si trova adesso, ti starai chiedendo, questo manoscritto? Be’, mi dispiace deluderti, ma non sarà possibile ammirarlo di persona. La copia originale, purtroppo, non ci è pervenuta. Tutti i testi che possiamo trovare – quasi 300 versioni – sono figli di edizioni successive, a volte rimaneggiate nell’estensione e nel contenuto (nel Medioevo non c’era il diritto d’autore, il copista poteva attuare al testo tutte le modifiche che voleva), in modo da risultare più appetibile al pubblico di riferimento: descrizioni di palazzi, castelli e mitiche avventure per la Corte; informazioni commerciali, rotte di viaggio e stime per i mercanti.
Neppure del titolo siamo certi. Quasi sicuramente quello ufficiale suonava simile a Devisament du Monde, Descrizione del mondo, visto il carattere didattico, scientifico ed enciclopedico che Marco sembra voler dare all’opera. Il manoscritto che circolava per la Corte di Francia si chiama, invece, Livres des Meraveilles, Libro delle Meraviglie, a sottolineare la materia esotica, curiosa e, appunto, meravigliosa che esso narra. Il titolo italiano, Milione, deriva da un’edizione del ‘300 e non si rifà ai tesori d’Oriente, no: Milion era il soprannome dei Polo, famiglia di mercanti dai fiorenti commerci.
Di cosa parla?
Diviso in 209 capitoli, il Milione inizia narrando il viaggio compiuto da Marco Polo, insieme a suo padre Niccolò e suo zio Matteo, lungo la Via della Seta, da Venezia fino alla corte del Gran Khan, in Cina. Non mancano nemmeno i resoconti delle varie missioni compiute da Marco, per conto di Kublai Khan, nei quasi 17 che passò al suo servizio; e, infine, il ritorno, lungo la Via marittima delle Spezie.
Il tutto visto attraverso una lente antropologica inedita per l’epoca. Polo era, infatti, di vedute alquanto larghe e tolleranti nei confronti degli altri popoli, del diverso (Saraceni a parte): ne descrive le usanze, i costumi, la religione e i riti in modo dettagliato, attento e preciso. A ciò si aggiungono indicazioni geografiche e consigli su come raggiungere le varie città. Predominante, però, è l’occhio del mercante, che tutto valuta, nota e annota, in modo da poter fornire un valido aiuto e una guida a tutti coloro che svolgono il suo stesso mestiere.
E quindi, se Rustichello ci delizia con la descrizione del meraviglioso palazzo reale di Cambaluc (odierna Pechino); Marco non perde tempo a descrivere il valore di un olio che sgorga dal terreno e che brucia (il petrolio) o di pietre che ardono meglio della carta (il carbone), entrambi sconosciuti nell’Occidente medievale.
Divertenti e interessanti sono anche le descrizioni degli animali, sempre estremamente più grandi, belli e maestosi rispetto a come il lettore si aspetta. Fanno persino la loro comparsa bestie mitologiche come l’unicorno – anche se, ahimè, in realtà Marco si trova di fronte a un rinoceronte indiano – e la salamandra – che Polo ci dice non essere in realtà un animale, quanto piuttosto un materiale ignifugo, l’amianto.
Poi leggende, eventi, battaglie, paesaggi. Si può trovare proprio di tutto, dalla narrazione del secondo tentativo d’invasione mongola del Giappone, al primo racconto occidentale della vita di Buddha.
La lettura può seguire la disposizione del testo, o può essere più selettiva: per avere un breve resoconto di tutta la vicenda, infatti, basta consultare i primi diciannove capitoli, in cui il veneziano sintetizza l’intero viaggio. Nei restanti 150 e più, Marco Polo e Rusctichello entrano nel dettaglio di ogni tappa, ogni città, seguendo uno schema fisso e ripetitivo (posizione geografica, situazione politica e religiosa, usi e costumi di un qualche interesse, annotazioni commerciali). Quindi, nel caso non ti andasse di seguire fedelmente le orme del mercante, puoi semplicemente selezionare le mete che più ti incuriosiscono.
Un consiglio di lettura
Se l’idea di confrontarti fin da subito con un testo scritto in un italiano del ‘300 non ti entusiasma, ti consiglio di leggere prima (dopo o durante, o anche solamente) Marco Polo: Viaggio ai confini del Medioevo (2018), di Giulio Busi, edito da Mondadori.
Si tratta di un saggio molto scorrevole, spesso ironico, che ripercorre i temi principali del manoscritto, facendo chiarezza e citando molti brani. Per quanto mi riguarda, è stata una lettura estremamente più piacevole di quella dell’opera di Marco Polo e Rustichello.
Realtà o