Caro iCrewer, oggi partiremo insieme per un viaggio particolare, nei meandri della letteratura di uno dei Paesi più affascinanti del mondo, patria di koala, canguri, ornitorinchi, ragni giganti… l’Australia!
Quando penso all’Australia la prima cosa che, purtroppo, mi viene in mente è quel “simpatico” fenomeno conosciuto come Angel Rain, in cui migliaia di orridi ragnetti piovono dal cielo e ricoprono con le loro ragnatele strade, alberi, case… intere località. Nonostante abbia una fobia quasi imbarazzante per ogni tipo di insetto o aracnide e abbia paura in generale di quasi tutti gli animali, ho sempre desiderato fare un bel viaggio in Australia, un Paese che da sempre considero magico e interessantissimo, nonostante i ragni dalla schiena rossa, gli pseudonaja e gli squali bianchi.
Quel che ha di affascinante l’Australia è sicuramente la sua storia. Circondata dagli oceani, quello Indiano a ovest e sud e quello Pacifico a est, l’Australia è abitata da quasi 40.000 anni. I primi ad arrivare nella Terra Australis (“terra meridionale”), come veniva comunemente chiamata da Greci e Romani, furono gli aborigeni, provenienti dal Sud-Est asiatico, seguiti dai Maori, che si stabilirono poi in Nuova Zelanda. Sono le pitture rupestri a raccontarci la crescita e lo sviluppo del “Popolo del Sogno“, le loro leggende e le loro storie. Organizzati in clan, che all’arrivo dei primi esploratori erano più di 250, gli aborigeni consideravano la pittura un rituale magico, in grado di donare vita eterna ai luoghi; per questo venivano solitamente scelti luoghi sacri, che avessero un’importanza spirituale o religiosa nella cultura locale. Le pitture rupestri più conosciute sono quelle del Parco Nazionale del Kakadu, dove vediamo rappresentate semplici silhouette e sottilissime figure umane stilizzate. Gli aborigeni usavano tecniche molto particolari per i loro disegni su roccia, tecniche che sono state riprese negli anni dai più grandi artisti moderni e contemporanei. Una tra le più interessanti e conosciute è la pittura “a raggi X”, che mostra l’aspetto esterno di uomini e animali, ma anche quello interno, gli organi e lo scheletro, proprio come in una radiografia. Altra tecnica particolare è la pittura stencil, in negativo: l’artista, per esempio, appoggiava la mano sulla roccia e spruzzava il colore, lasciando la sua impronta sulla pietra (gli street artists hanno imparato tanto).
L’arte aborigena è ricca di fascino, di mistero ed è avvolta nella leggenda. Ti dice niente il nome Wandjina? Ebbene, si narra che, durante un’epoca conosciuta con il nome di dreaming, misteriosi esseri provenienti dal cielo fossero scesi sulla terra e avessero creato la vita. Tracce di queste creature rimangono sulle pareti rocciose della regione di Kimberley, in Australia occidentale, dove vengono raffigurati con volti allungati e appuntiti, occhi grandi e sproporzionati e privi di bocca. La cosa inquietante, a cui ancora oggi non si sa dare una risposta certa, è: perché gli aborigeni scelsero di dipingere proprio in quel modo quegli dei primordiali? Da dove era nata l’ispirazione? Inutile dirti che gli ufologi hanno dato una spiegazione molto semplice: alieni. E guadando i disegni, possiamo contraddirli?
La vita tranquilla e pacifica degli aborigeni venne bruscamente interrotta dopo la spedizione di James Cook del 1770, quando l’Impero Inglese cominciò a interessarsi all’Australia, che divenne luogo di deportazione e colonia penale. Soltanto nel 1901 riuscì a divenire Stato federale indipendente, rimanendo, però, all’interno del Commonwealth britannico. A questo proposito vorrei inserire un piccolo aneddoto, significativo per capire come sono visti in Australia i discendenti dei primi coloni inglesi dalle altre etnie emigrate successivamente. Una sorella di mio nonno emigrò in Australia molti anni fa. Molti anni dopo, i miei prozii tornarono in Italia a visitare tutti i parenti, probabilmente per l’ultima volta. Durante gli inevitabili discorsi su figli e nipoti, mio zio ci informò con queste parole che Rita, la figlia minore, si sarebbe sposata l’anno successivo: “Sposa un inglese, ma è un bravo ragazzo“. E detto da lui, che ricordo come una persona forte come un bue e altrettanto mite, suonava così sincero che a nessuno venne il dubbio che tutti gli inglesi australiani fossero dei semi criminali. Non so se questo è dovuto all’eredità dei loro progenitori forzati o a chissà che, ma l’immagine che ne hanno gli emigrati delle altre nazioni è questa.
La letteratura
La letteratura australiana, è quasi inutile dirlo, non è che un ramo della letteratura inglese coloniale. Come Rudyard Kipling, nei suoi romanzi, aveva descritto l’India dal punto di vista inglese, così i primi autori australiani descrissero l’identità indigena dei coloni, ma anche la dura vita nelle colonie penali. I primi coloni australiani, infatti, furono proprio deportati che avevano avuto a che fare con la legge inglese. Quello che è considerato il primo romanzo australiano è stato scritto proprio da un falsario inglese, condannato alla colonia penale, Henry Savery, che nel 1831 pubblicò il suo Quintus Servinron in Tasmania, dove gli inglesi avevano letteralmente estinto gli indigeni.
A influenzare la letteratura australiana, però, non c’era solo quella della madre patria; un’altra letteratura coloniale si stava affrancando e affermando, quella nord americana: il Far West, i cow boy, la grande frontiera americana che influenzò i primi romanzi australiani.
Il più grande scrittore australiano, però, non è un romanziere, ma un poeta. Henry Lawson, figlio di Louisa Lawson, un’attivista per l’emancipazione femminile, e di un pescatore norvegese. Forse è anche grazie all’influenza della madre che Henry concepì versi come questi:
“Sing the strong, proud song of Labour,
Toss the ringing music high;
Liberty’s a nearer neighbour
Than she was in days gone by.
Workmen’s weary wives and daughters
Sing the songs of liberty;
Men hail men across the waters,
Men reply across the sea.We are marching on and onward
To the silver-streak of dawn,
To the dynasty of mankind
We are marching on”
Lawson è considerato il più grande scrittore australiano di tutti i tempi e, quando fu introdotto il sistema monetario decimale in Australia, il suo viso comparve sulla banconota da 10 dollari come da noi è successo a Dante nelle 500 lire d’argento o a Manzoni nelle 100.000 lire.
Insieme a lui troviamo Christopher Brennan e Adam Lindsay Gordon, altri due grandi poeti estremamente famosi e celebrati in Australia e in madre patria. Se un limite possiamo attribuire ai tre poeti nazionali è quello di imitare lo stile europeo in generale e inglese in particolare.
Più interessante, per quanto considerata artisticamente inferiore, è la produzione di canzoni popolari e ballate (e non storcere la bocca, ricorda che Bob Dylan ha vinto un nobel per la letteratura). Henry Lawson e Banjo Paterson furono i Woody Guthrie e Pete Seeger australiani; in particolare Banjo scrisse la più famosa canzone popolare australiana Waltzing Matilda,
che è stata proposta come inno nazionale e che è stata omaggiata anche da Tom Waits in una sua personalissima versione miscelata col suo Tom Traubert’s blues e dai muppets, ovviamente nel loro solito stile ironico:
Nel 1973 Patrick White vinse il nobel per la letteratura, primo e, per ora, unico scrittore australiano ad aggiudicarsi il premio. Anche lui, nato nel 1912, è stato fortemente influenzato dalla letteratura inglese, o meglio irlandese, visto che fa grande uso dello stream of consciousness di joyciana memoria. Anche gli autori più recenti non riescono a produrre una letteratura “originale” visto che, oltretutto, vivono in gran parte negli Stati Uniti e, in generale, all’estero. Forse possiamo aspettarci qualcosa di nuovo dagli scrittori discendenti degli aborigeni che, finalmente, nel XXI secolo, cominciano a farsi conoscere. Scrittori come Kim Scott, Alexis Wright, Kate Howarth, Tara June Winch, Yvette Holt e Anita Heiss, che hanno anche vinto prestigiosi premi letterari australiani. Il problema è che non solo non sono tradotti, ma i loro scritti non sono facilmente reperibili da noi.
In attesa di conoscere anche in Europa questi scrittori, consoliamoci con un’altra poesia del bardo australiano Henry Lawson:
By right of birth in southern land I send my warning forth.
I see my country ruined by the wrongs that damned the North.
And shall I stand with fireless eyes and still and silent mouth
While Mammon builds his Londons on the fair fields of the South?O must we hide our colour
In fear of Mammon’s spleen?
Or shall we wear the bonnie blue
As Ireland wore the green?
As Ireland wore the green, my friends!
As Ireland wore the green!
Aye, we will wear our colour still,
As Ireland wore the green!