Un paese in guerra raccontato da un rifugiato
Eccoci qui, caro iCrewer, con il secondo appuntamento di questa nuova rubrica, che mira a farti fare il giro del mondo attraverso autori e libri di ogni Nazione. Oggi siamo in Medio Oriente, per visitare l’Afghanistan.
Ammetto di aver ceduto per un attimo al panico, quando mi è stato proposto di parlare di questo Paese. La Repubblica Islamica dell’Afghanistan è uno Stato di 652.864 km², prevalentemente montuoso e senza sbocchi sul mare. Ci sono due lingue ufficiali: il dari, una forma di persiano, e il pashtu, che viene parlato anche in Pakistan. Non stupisce dunque che ognuna di esse abbia la propria letteratura ed io, non essendomi mai occupata né di letteratura persiana né di letteratura afghana in pashtu, avevo molti dubbi su quale autore portare. Alla fine, ho deciso di uscire dai confini territoriali e di dare spazio ad una terza categoria letteraria, che ha preso piede negli ultimi decenni: la letteratura della diaspora.
Come ben sai, a partire dagli anni Settanta l’Afghanistan ha vissuto una fase di instabilità politica, causata da continui colpi di Stato, guerre civili e invasioni straniere. Ciò ha portato parte della popolazione a chiedere asilo politico all’estero e, fra questi, alcuni hanno deciso di raccontare al mondo cosa è accaduto in quegli anni di violenze belliche, spesso nella lingua del Paese in cui questi autori hanno trovato rifugio. È nata così la cosiddetta letteratura della diaspora, che ha come temi: la crudeltà della guerra, le difficoltà derivate dall’emigrazione, le differenze etniche e religiose. Tra le molteplici voci di questa corrente letteraria, celebre è Khaled Hosseini.
Hosseini nacque il 4 marzo 1965 a Kabul, la capitale afghana. Suo padre fu un diplomatico del Ministero degli Affari Esteri afghano e ciò portò la famiglia a vivere per alcuni periodi all’estero. Fu proprio durante il mandato a Parigi iniziato nel 1976, che in Afghanistan avvenne la Rivoluzione di Saur (1978), impedendo loro di ritornare in patria. In risposta al colpo di Stato, l’Unione Sovietica decise di invadere il Paese e cercò di instaurarvi un governo filo-comunista. Non potendo rientrare in Afghanistan, la famiglia Hosseini ottenne asilo politico negli Stati Uniti d’America e si stabilì in California.
Nonostante Khaled Hosseini abbia lasciato il suo Paese natio all’età di undici anni, i ricordi della sua Kabul rivivono fra le pagine dei suoi romanzi: Il cacciatore di aquiloni (Piemme, 2004), Mille splendidi soli (Piemme, 2007) ed E l’eco rispose (Piemme, 2013). In ognuno di essi, egli ci racconta i drammi e le atrocità causate dalla guerra in Afghanistan degli anni Settanta e l’espatrio come una fonte di salvezza, come unica certezza di avere un futuro. Le sue pagine sono così potenti che, quando arrivi a fine lettura, è impossibile continuare a vedere il mondo con gli stessi occhi di prima, tale è la bravura dello scrittore nel rendere appieno le tragedie di cui narra.
Avendo vissuto sulla sua pelle la condizione di migrante, Hosseini è impegnato con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, di cui è stato inviato in Afghanistan. Nel 2018 ha pubblicato inoltre per la casa editrice SEM il racconto Preghiera del mare: una lettera scritta da un padre a suo figlio e ispiratagli dalla vicenda di Alan Kurdi, il bambino siriano di tre anni annegato nelle acque del Mediterraneo.
Sicuramente ci sono altri autori afghani meritevoli di essere scoperti, caro iCrewer, tuttavia io ho deciso di parlarti di Khaled Hosseini perchè sa raccontare la sua terra dilaniata dai continui conflitti, facendo avere al lettore un altro punto di vista sul Medio Oriente.