I giorni che precedono e seguono l’11 novembre sono spesso noti con il nome di “estate di San Martino“, in quanto rappresentano una rarità all’interno della stagione autunnale (o meglio, erano una rarità in anni in cui il clima era più… prevedibile): giornate quasi estive, in contrasto con la stagione rigida, sempre più vicina. Il fatto, poi, che questa cosiddetta estate sia proprio di San Martino, è legato al giorno in cui si commemora questo santo, ossia l’11 novembre.
San Martino, nato in Ungheria nel 316 circa e poi trasferitosi a Pavia ancora bambino quando il padre, soldato dell’impero romano, venne congedato dall’esercito, è un noto santo cristiano, nonché tra i primi a non essere stato elevato a questo grado in seguito al martirio. Seguì le orme del padre, divenendo anch’egli soldato romano e venne stanziato in Gallia, dove rimase per il resto della vita. Ed è proprio qui che ebbe luogo l’episodio forse più celebre che lo vede come protagonista.
Durante una notte d’inverno, mentre all’allora soltanto Martino eseguiva il suo consueto giro di ronda a cavallo, il romano s’imbatté in un mendicante che, seminudo, giaceva sul ciglio della strada. Egli sfoderò la spada e, senza esitazione, tagliò in due parti il mantello che portava addosso – simbolo del suo status sociale – e ne donò metà al mendicante, perchè potesse proteggersi dal freddo. Quella stessa notte, Martino sognò Gesù con in dosso la metà di mantello donata al mendicante, per poi, al risveglio, trovare l’indumento nuovamente integro. L’impatto che questa esperienza ebbe sul giovane fu talmente forte da arrivare a richiedere il battesimo entro la Pasqua dell’anno successivo, iniziando così il percorso che l’avrebbe portato alla santità.
Da un cavallo in carne e ossa a uno di biscotto
In alcune zone del Veneto, c’è una tradizione particolare legata al giorno di San Martino. Si tratta della preparazione – e soprattutto della consumazione – di un grande biscotto di pasta frolla che ritrae il santo a cavallo, con il mantello e la spada sguainata. Il dolce, solitamente glassato con una glassa di zucchero o di cioccolato, e ricoperto da ogni tipo di caramella e zuccherino, viene mangiato esattamente l’11 novembre, e dopo quella data è davvero raro riuscire a reperirne qualche esemplare prima dell’autunno successivo (parlo per esperienza).
Nel veneziano, poi, è usanza che i bambini indossino mantelli ed elmi di fortuna e, armati di pentole e coperchi, vadano in giro per la città intonando canzoncine e facendo un allegro baccano. Immancabili, poi, sono le fermate sull’uscio di ogni negozio: qui i bambini ricevono dolcetti e caramelle in cambio di un canto di buon augurio.
Fare San Martino
Un’altra espressione peculiare – oltre a “estate di San Martino” – legata al giorno in cui si celebra il santo è quella di “fare San Martino“. Questo modo di dire, in uso soprattutto nella pianura padana, affonda le radici nella tradizione contadina della zona.
Fino al passato più recente era infatti usanza che il contratto d’impiego dei contadini durasse fino alla fine del periodo della semina, ossia fino ai primi giorni di novembre. Ciò è particolarmente importante se si tiene a mente che la maggior parte dei contadini non lavorava terreni di proprietà, ma era invece assunta con contratti di mezzadria o come braccianti e lavora quindi le terre di qualcun altro – il “padrone”. L’11 novembre era dunque il momento in cui si scopriva se il proprio contratto sarebbe stato rinnovato per un altro anno, o se era invece necessario cercare un nuovo impiego.
Tuttavia, cercare un nuovo impiego era molto più complesso di quello che potremmo immaginare oggi. Spesso e volentieri comportava, infatti, il trasloco dell’intera famiglia da una proprietà all’altra e, in epoche precedenti alla diffusione virale delle automobili, ciò significava approfittare dei giorni di bel tempo tipici di questo specifico periodo, e spostare tutto con carri e carretti.