Uno degli aspetti della lettura che non smette mai di affascinarmi è il come possa bastare un libro, un singolo volume a sconvolgere ciò che fino a quel momento si credeva essere la verità. Ed è proprio questo che mi è accaduto di recente, durante la lettura di I raccontastorie di Nicholas Jubber (Bompiani), quando, nel secondo capitolo ho fatto la conoscenza di Hanna Dyâb.
Il saggio, che parla di storie, della loro creazione e delle penne che le hanno fatte arrivare fino a noi, non si pone confini geografici e il secondo capitolo è dedicato per l’appunto a Hanna Dyâb, un personaggio ai più sconosciuto, ma a cui dobbiamo la creazione, o quanto meno rielaborazione, di alcune delle storie arabe più note in tutto il mondo. Perchè pare proprio che Aladdin e Alì Babà e i quaranta ladroni non facessero parte del corpus originario delle Mille e una notte, ma siano stati rielaborati di Hanna Dyâb prendendo come base storie della tradizione orale di Aleppo.
Andiamo con ordine: chi era Hanna Dyâb?
Hanna Dyâb, il cui nome completo è ‘Abd al-Qari Antoun Youssef Yuohenna Dyâb, nacque in una famiglia cristiana ad Aleppo, nell’attuale Siria, nel 1688. Inizialmente la sua intenzione era quella di prendere i voti e, per questo, da giovane entrò in un monastero sul Monte Libano. Ben presto, però, si rese conto di non essere fatto per quella vita: erano troppe le cose che lo lasciavano perplesso, e non apprezzava particolarmente nemmeno il comportamento dei monaci nei confronti dei novizi. Decise, quindi, di tornare in città e tentare la sorte come commerciante al mercato.
Neppure questa strada, però, si rivelò fruttuosa, e il giovane Hanna Dyâb finì ben presto per decidere di tornarsene al monastero. Fu proprio durante il viaggio di ritorno, nel 1707, mentre egli si preparava mestamente a chiedere perdono ai monaci, che gli si presentò l’occasione della vita: partire in direzione della Francia alle dipendenze del diplomatico del Re Sole Paul Lucas.
Quando, dopo innumerevoli mirabolanti avventure e spericolate peripezie, i due (e il seguito di Lucas) giunsero in Francia, Hanna Dyâb si trovò di fronte a una Parigi ricca di opposti: tra un palazzo reale bello come non se n’erano mai visti, e la gente comune che, nel rigidissimo inverno del 1709, moriva assiderata nel sonno. Alla corte di Versailles, però, non c’era spazio che per la meraviglia e la novità, e ben presto Hanna Dyâb stesso, vestito nei suoi abiti tradizionali, si trovò a essere oggetto di scrutinio da parte di dame e principi.
Fu, però, nel 1709 a Parigi, che Hanna Dyâb e Antoine Galland s’incontrarono per la prima volta. Galland in quegli anni stava lavorando alla traduzione delle Mille e una notte e, visto l’enorme successo che ebbe ‘opera tra i contemporanei, si trovava in una posizione scomoda: tutti – editore compreso – chiedevano nuovi racconti, ma il materiale era quasi terminato. Fu in quell’occasione che conobbe Hanna Dyâb, il quale, nel corso del loro primo incontro gli narrò (e gli inviò poi per lettera) molte storie nate dalla rielaborazione di racconti orali della tradizione, tra cui Aladdin e Alì Babà e i quaranta ladroni.
L’anno seguente Galland attinse a questo materiale per rimpolpare la sua traduzione, senza però mai accreditare la narrazione originale (per quanto ne sappiamo fin’ora) a Hanna Dyâb. Dyâb finì per tornare ad Aleppo nel 1710 – visti i pochi successi ottenuti a Parigi – dove divenne un mercante di tessuti e, nel 1717, si sposò.
Come mai nessuno conosce Hanna Dyâb?
Il contributo essenziale di Hanna Dyâb alla versione più nota delle Mille e una notte (perchè diciamocelo, Aladdin è un racconto che conoscono tutti, anche solo nella sua versione disneyana) è stato riscoperto soltanto recentemente. Negli anni 2000, infatti, uno studioso francese s’imbatte praticamente per sbaglio nel suo diario di viaggio, D’Alep à Paris, conservato fino a quel momento nella biblioteche del Vaticano e pubblicato nel 2015 in francese.
Scritto tra il 1763 e il 1764, D’Alep à Paris: Les pérégrinations d’un jeune Syrien au temps de Louis XIV è l’autobiografia di Hanna Dyâb, in cui l’autore racconta non solo le vicende che lo hanno portato in Francia e tutte le varie tappe del viaggio (compresi attacchi di pirati), ma anche il suo incontro con l’Occidente – ricco di contrasti e che proprio in quegli anni stava emergendo come potenza dominante, in un panorama che fino a quel momento aveva visto splendere altri imperi.
Ed è proprio in questo diario di viaggi che vengono svelati, nella parte riguardante il soggiorno parigino, i contatti tra Galland e Hanna Dyâb, e il contributo indispensabile di quest’ultimo nella composizione della versione tutt’ora nota delle Mille e una notte.