Il Libro di Kells è un antico manoscritto irlandese tra i più belli tra gli esempi di arte insulare. Tuttavia, come sempre accade quando si risale in periodi della storia troppo antichi o, come in questo caso, quando l’oggetto non ha una datazione precisa è difficile individuare il momento in cui il monaco amanuense posò per l’ultima volta la penna bagnata d’inchiostro sulla sua pagina.
Un’analisi comparativa svolta in relazione ad altri libri del periodo ha portato gli studiosi a ritenere che il Libro di Kells sia stato composto tra la fine dell’VIII secolo e l’inizio del IX secolo. Tuttavia, anche il luogo di composizione dell’opera è oggetto di diattribe. L’abbazia di Kells – dove il manoscritto è stato conservato per la maggior parte del Medioevo – si trova in una zona leggermente (ma non molto) più protetta dalle razie vichinghe rispetto alle isole esterne. Per questo pare che i monaci della comunità di Iona, una delle maggiori e scelta come centro principale anche da San Columba – che evangelizzò la Scozia, scelsero di rifugiarsi proprio a Kells, quando il pericolo divvenne troppo.
Per questo motivo, quando si tratta di determinare quando e dove sia stato scritto il Libro di Kells, le opinioni sono contrastanti: c’è chi sostiene che sia stato interamente redatto nel monastero di Iona; chi sostiene che il processo sia stato iniziato a Iona e ultimano a Kells; e altri ancora che individuano una terza abbazia come quello in cui la stesura venne iniziata.
Ciò che conta, però, è che la prima volta che un documento storico cita questo famoso manoscritto, lo fa collocandolo nell’abbazia di Kells, dove rimase per buona parte del Medioevo, fino al XVII secolo circa. Nel La menzione è particolarmente interessante, a mio parere, perchè non nomina semplicemente il volume, ma narra un episodio molto particolare: nel 1006 il Libro di Kells venne rubato dalla sagrestia, dov’era costudito, e se ne persero le tracce per qualche mese. Quando i monaci lo ritrovarono era stato sepolto in una buca, e la preziosa rilegatura, decorata in oro e pietre preziose, era stata bruscamente strappata. Questo è forse anche il motivo per cui alcune pagine all’inizio e alla fine del manoscritto risultano mancanti.
Nel 1654, quando la cavalleria di Oliver Cromwell si acquartierò in città, il Libro di Kells venne trasferito a Dublino. Successivamente, nel 1661 venne dato in prestito al Trinity College, dove si trova tutt’ora. L’unica occasione in cui il manoscritto lasciò la terra irlandese fu per un breve soggiorno in Australia, per un’esposizione. Tuttavia pare che le vibrazioni subite dal volume durante il viaggio in aereo rovinarono la brillantezza dei colori delle miniature.
Come mai il Libro di Kells è così speciale?
La particolarità del Libro di Kells è il suo essere stato creato per l’utilizzo, per l’esposizione in un luogo pubblico, piuttosto che per essere segregato all’interno della biblioteca di un monastero. Tuttavia, analizzandone il contenuto, gli studiosi si sono resi conto che fosse stato ideato prestando una maggiore attenzione alla parte estetica, piuttosto alla praticità – il che va in netto contrasto con l’idea di usarlo in continuazione, me ne rendo conto.
È necessario, però, fare un passo indietro: che cosa contiene il Libro di Kells? In primis, tutti e quattro i Vangeli riconosciuti dalla religione Cattolica – uno dei suoi nomi, oltre a Book of Kells o Leabhar Cheanannais (gaelico), è Grande Evangelario di San Columba. Si credeva addirittura che fosse stato composto dal santo stesso, ma queste voci sono state smentite dagli studi di paleografia: lo stile e il linguaggio impiegati sono decisamente più tardi rispetto all’esistenza terrena dell’evangelizzatore.
Oltre ai testi dei Vangeli, il codice miniato contiene, oltre a introduzioni e commenti, delle liste di nomi in ebraico e anche una sorta di indice, una tabella che solitamente riporta gli episodi narrati nelle Scritture e i capitoli in cui si trovano, rendendo il fruitore in grado di trovare qualsiasi episodio. Purtroppo però, quella del Libro di Kells è praticamente inutilizzabile: troppe informazioni, troppi dettagli rendono il tutto quasi illeggibile, senza contare che i numeri dei capitoli vennero aggiunti successivamente a margine. Non si sa se la mancanza fosse voluta, o se semplicemente il manoscritto non fosse stato ultimato; fatto sta che senza riferimenti ai capitoli, la tabella era inservibile. Si trovano, infine, dei documenti amministrativi redatte nelle pagine bianche del manoscritto. Sebbene al giorno d’oggi possa sembrarci davvero strano mischiare quella che è una vera e propria arte con la burocrazia, nel Medioevo la pergamena era un bene prezioso e ogni frammento veniva utilizzato.
A rendere il libro di Kells così particolare è anche la mole di miniature che si trova al suo interno. Solamente due non presentano nessuna decorazione, mentre dieci sono dedicate completamente a raffigurazioni artistiche, nei toni del lilla, rosso, porpora, verde e giallo. La rilegatura è, forse, l’unico tasto dolente: dopo che quella originale venne rubata, si procedette a crearne una seconda – diminuendo la dimensione delle pagine, tagliando persino i bordi di qualche immagine – tuttavia non resistette molto a lungo. Forse è anche per questo che sono pervenute soltanto trecento quaranta carte: tante, ma sicuramente non tutte (manca parte del Vangelo di Giovanni).
A parte ciò, il contenuto del Libro di Kells è alquanto in linea con quello di testi simili, tranne che per la presenza di alcuni, grossolani, errori, come l’aggiunta di un antenato nella genealogia di Cristo e un passaggio sbagliato all’interno del Vangelo di Matteo.