Fin dall’alba dei tempi, le leggende sono passate di bocca in bocca, trasmesse di generazione in generazione, e tra di esse quelle che riguardano creature mostruose non mancano mai. Giganteschi rapaci, serpenti immensi, lupi affamati… la terra pullula di esseri che portano distruzione e che gli antichi vedevano come origine di molti mali. Tuttavia, oceani e mari non erano certamente più sicuri, visto che nelle loro profondità si annidava ogni tipo di creatura. Il kraken, ad esempio.
Certo, quando si parla di mostri marini, la corona va certamente a Nessi, il mostro di Lochness (un lago della Scozia), che da secoli incanta e terrorizza. Essendo ormai famoso nel mondo, ha in qualche modo perso alcuni dei tratti più spaventosi, diventando simile a una qualsiasi creatura fantastica – un po’ come i draghi, che sono tanto belli finchè rimangono in in mondi fantastici, ma che porterebbero terrore e scompiglio, se sorvolassero i nostri cieli.
Tuttavia, nelle profondità dell’oceano, dove le acque sono più fredde e della luce del sole non giunge che un’impressione di riverbero, si nasconde un altro mostro marino che, nel tempo, è diventato un soggetto perfetto per libri – come Ventimila leghe sotto i mari – e film – uno tra tutti, Pirati dei Caraibi: il kraken.
Calamaro o piovra gigante: l’importante è che il kraken abbia i tentacoli
La descrizione delle creature mitologiche può essere generalmente di due tipi: o così dettagliata da non lasciare spazio di fraintendimento, arrivando a narrare fino dell’ultimo pelo, piuma o squama; o vaga, piena di mistero, con solo qualche dettaglio ricorrente. Ecco, per il kraken siamo tendenzialmente nel secondo ambito. Dopotutto, sarebbe strano riuscire ad avere una chiara visione di un mostro che affiora improvvisamente dagli abissi, per distruggere navi e far naufragare equipaggi, no?
In alcune leggende viene equiparato a un calamaro gigante, altre volte è una piovra, o addirittura un essere simile a una medusa, ma indiscusso è un aspetto: il kraken ha lunghissimi, forti tentacoli che usa per afferrare la preda.
Si potrebbe pensare che una creatura di tale calibro abbia visto la luce nella mitologia antica, quando nacquero anche Fefnir o Scilla, ma così non fu. Non c’è traccia, nei miti norreni, del kraken. È solo nel 1500 che cominciano ad essere presenti dei riferimenti a tale creatura, anche se il nome “kraken” non viene utilizzano fino al Sei-Settecento, quando la leggenda prende definitivamente forma e slancio.
Il kraken inizia quindi a infestare non solo le acque norvegesi, svedesi e danesi, ma pian piano anche gli altri mari del mondo, terrorizzando marinai e costringendo a guardare con sospetto scogli o isole solitarie – si dice che quando sta a filo d’acqua, le parti che affiorano del kraken possano essere scambiate facilmente per un’isola rocciosa. Nei secoli la leggenda della sua esistenza si espande così tanto, che un biologo francese lo inserisce tra le specie animali conosciute – salvo essere deriso dai contemporanei e passare il resto della vita cercando, inutilmente, di provarne l’esistenza, per risollevare la sua carriera.
Per quanto riguarda, invece, il carattere del kraken, ci sono varie interpretazioni. Secondo alcune fonti, infatti, il calamaro gigante sarebbe pacifico, se non disturbato. Anzi, pare che i pescatori lo cercassero, o quanto meno auspicassero un incontro, perchè intorno a esso si sarebbero raccolti numerosi banchi di pesci, pronti a riempire le reti. Si parla anche di carcasse di kraken portate a riva dalla corrente, il cui odore mefitico avrebbe impedito alla popolazione dei paesini costieri di avvicinarsi.
D’altra parte, però, non mancano di certo leggende contrarie, in cui il kraken emerge dai fondali, arrabbiato, colpo di una furia distruttrice che non esita a scatenare su qualsiasi creazione umana gli capiti a tiro, portando inevitabilmente anche alla morte dell’equipaggio.