Caro Icrewer, bentornato nel nostro spazio dedicato ai Libri dalla Storia!
Quest’oggi voglio portarti in Irlanda, una terra dall’indubbio fascino, soprattutto se ci avventuriamo tra le nebbie del Medioevo. Il libro che oggi intendo ripescare dalle sabbie del Tempo forse non è tra i più conosciuti ma di importanza fondamentale per la letteratura successiva. Sto parlando de Il viaggio di san Brandano!
Se sei interessato a scoprire di più su questo curioso e antichissimo scritto, allora mettiti comodo e goditi il resto!
Il viaggio di san Brandano: origini e trama
Il viaggio di san Brandano è stato scritto, in francese, agli inizi del XII secolo da Benedeit un monaco anglo-normanno. Pare che l’opera sia stata commissionata da una delle mogli del re inglese Enrico I, appassionata delle vite e delle leggende di santi ed eroi europei.
San Brandano, è stato un personaggio storico realmente esistito. Nato intorno al 438 in Irlanda (il suo vero nome è Brénnain) e convertitosi molto presto al cristianesimo, san Brandano passò alla storia come “il Navigatore” poiché intraprese numerosi viaggi per raggiungere isole e luoghi sempre più remoti dove fondare monasteri e diffondere la religione cristiana.
La sua vita ispirò una prima opera, in latino, risalente all’VIII secolo circa dal nome Navigatio sancti Brendani (La navigazione di san Brandano). Questo testo ebbe un successo e una diffusione enorme, tanto che le gesta leggendarie del santo si diffusero in tutta Europa e anche oltre. Così intorno al XII secolo, il monaco anglo-normanno Benedeit riscrisse l’opera in francese (la lingua colta dell’epoca) dandole il nome di Il viaggio di san Brandano.
Il viaggio di san Brandano racconta del viaggio che l’abate irlandese intraprese alla volta dell’Isola dei Beati che non è altro che l’Eden, il Paradiso terrestre. San Brandano, infatti, ne apprese l’esistenza da Barindo, un monaco che disse d’esser stato laggiù. Brandano raccolse allora i suoi monaci e si lanciò per mare, risoluto a visitare il Paradiso terrestre.
Il cammino per l’Eden è costellato di luoghi fantastici, popolati da creature orrende e incantevoli, luoghi in cui i monaci dovranno mettere alla prova la loro fede e le loro virtù cristiane. Si imbatteranno in castelli deserti ma pieni di leccornie e gioielli preziosi; affronteranno uccelli bianchissimi che si riveleranno angeli ribelli, isole che sono balene gigantesche; incontreranno altri eremiti, creature mitologiche, enormi pilastri di cristallo, montagne di fuoco e molto, molto altro.
San Brandano visita persino l’Inferno dove incontra demoni, peccatori e persino Giuda, a riposo dalla sua punizione infernale perché è domenica. Questo è il capitolo più ricco de Il viaggio di san Brandano e, forse, anche quello più fortunato. Giuda illustra tutti i vari supplizi a cui sono sottoposti i dannati: infilzati, messi a bollire nella pece, immersi in miscugli di polvere e sale, scorticati o costretti a bere piombo e rame fusi. Non ci sono distinzioni o “gironi danteschi” nell’Inferno di Brandano: tutti i dannati soffrono in equal misura.
Molto meno spazio, purtroppo, viene riservato alla descrizione dell’Eden. Della famosa Isola dei Beati si dice sia un’isola bellissima, dal clima mite sospeso, curiosamente, tra Primavera e Autunno. La sua descrizione non si discosta poi troppo da quella scritturistica e così il Paradiso terrestre è descritto come un meraviglioso giardino dove il tempo non sembra scorrere mai.
Tra paganesimo e cristianesimo
Il viaggio di san Brandano non rappresenta soltanto uno dei più antichi esempi di letteratura di viaggio medievale, una sorta di prototipo di “romanzo” che avrebbe aperto la strada ai grandi poemi dei secoli successivi. È anche una testimonianza perfetta di come il cristianesimo abbia adottato elementi e tradizioni proprie della cultura pagana.
In Irlanda, infatti, terra lontana e isolata, il passaggio da paganesimo e cristianesimo non è stato affatto traumatico come nel resto del mondo. E così ne Il viaggio di san Brandano convivono pacificamente citazioni e immagini bibliche insieme a tradizioni e figure provenienti dalla mitologia e dall’antica cultura celtica.
La struttura stessa dell’opera è tipica della tradizione celtica. Il genere a cui essa si richiama, infatti, è quello degli immrama, narrazioni tipiche della letteratura irlandese più arcaica che ruotavano attorno a un viaggio per mare, solitamente alla ricerca dell’Altro Mondo, situato su isole sperdute. Ne è un esempio la famosissima Avalon del ciclo arturiano. Il mare, del resto, è uno dei luoghi tipici dei racconti orali dell’Irlanda e del popolo dei Celti. In questi, proprio come ne Il viaggio di san Brandano, si susseguono creature marine, mostri orrendi, pesci colossali, stregoni e fate dai poteri magici. Accanto ad essi compaiono eremiti, personaggi biblici, demoni e angeli caduti tipici della tradizione cristiana.
La ricchezza di questo testo ha incantato non solo i lettori del suo tempo ma anche quelli dei secoli successivi. Il viaggio di san Brandano, infatti, tradotto e riscritto in diverse lingue, probabilmente, servì anche come fonte d’ispirazione per lo stesso Dante. Molte delle pene infernali che Giuda espone a Brandano le ritroviamo, infatti, nella Divina Commedia e lo stesso personaggio di Ulisse che grandeggia nel canto XXVI dell’Inferno, secondo alcuni studiosi, richiamerebbe la figura dell’abate irlandese.
In conclusione, Il viaggio di San Brandano rimane un capolavoro letterario che continua a incantare e ispirare i lettori con la sua mescolanza di cristianesimo e paganesimo, la sua narrazione avvincente e una visione del mondo esotica e straordinaria.