Caro iCrewer, eccoci per un nuovo appuntamento con la storia. Oggi sarò io ad accompagnarti nel nostro viaggio del tempo e per la nostra tappa ho scelto una terra antica e magica, tecnologicamente avanzata per il suo tempo e dove fu inventato un metodo di scrittura molto particolare.
L’Egitto e i geroglifici
L’Egitto magico e misterioso, da millenni affascina gli uomini e scatena la fantasia dei cacciatori di tesori.
Con la sua infinita e ricca eredità culturale è una terra ricca di storia e tesori. Abitata già dieci millenni fa, gli egizi potevano vantare una tecnologia molto avanzata per quei tempi: le piramidi, la Sfinge e il Rammeseum, per citare alcuni dei loro monumenti che è possibile ancora ammirare, sono sicuramente più complessi da costruire rispetto a semplici capanne di paglia.
Fin da quando l’uomo abitava le caverne ha sentito il bisogno di esprimersi non solo con i suoni e la voce ma anche attraverso disegni e figure. Gli antichi egizi oltre ad essere grandi architetti hanno inventato un metodo di scrittura davvero originale:
I Geroglifici
In Egitto adesso si utilizza la scrittura ieratica ma al tempo dei grandi e potenti faraoni erano i geroglifici, i segni eterni, che combinavano ideogrammi, sillabe e alfabeto il metodo di scrittura utilizzato e che veniva incisa su monumenti, sulle pareti dei templi, su statue e stele: la più famosa è la Stele di Rosetta che ha permesso di tradurre questi segni, il cui significato si era perso nei milleni, ma di questo leggerai più avanti.
Tu sai cosa significa letteralmente la parola geroglifico?
Il termine geroglifico deriva dal latino hieroglyphicus che deriva a sua volta dal greco hieroglyphikós ovvero segni sacri incisi, questo perchè come detto venivano incisi sulle pietre, mentre lo ieratico veniva usato per la scrittura su papiro. Nella lingua egizia, geroglifico, si traduce in mdw ntr (che si pronuncia Medu Netjer) il cui significato è parole del dio, inteso il dio Thot a cui gli egiziani attribuivano l’invenzione della scrittura.
Una delle più antiche iscrizione geroglifiche, ritrovate, è stata per diverso tempo la Tavoletta di Narmer, una lastra votiva datata intorno al 3100 a.C., secondo gli archologi potrebbe rappresentare l’unificazione dell’Alto e Basso Egitto grazie al re Namer, da cui la tavoletta prende il nome. Su un lato della tavoletta re Namer viene raffigurato con la corona bianca a bulbo dell’Alto Egitto, ovvero l’Egitto meridionale, mentre sull’altro lato idossa la corona rossa e piatta del Basso Egitto, ovvero l’Egitto settentrionale.
Per molto tempo gli scribi erano gli unici a conoscere il significato dei geroglifici, con la diffusione della scrittura anche tra la popolazione vennero usate la scrittura ieratica e il demotico, che deriva dallo ieratico. I geroglifici vennero usati solo per forme cerimonali nei grandi templi e nelle tombe dei Faraoni.
Dopo la conquista dell’Egitto da parte di Alessandro Magno e dopo quella da parte dei romani, l’uso dei geroglifici continuò, dell’epoca tolemaica è infatti la Stele di Rosetta, che oltre ai geroglifici, ha inciso lo stesso testo anche in demotico e greco.
L’ultima iscrizione che attualmente si conosce è Graffito di Esmet-Akhom, inciso il 24 agosto 394 per il natale di Osiride, nel Tempio di Iside a File. Dal IV secolo la conoscenza del significato dei geroglifici si perse, solo alcuni scritti greco-romani dell’epoca provarono a darne una traduzione, purtroppo errata, impedendone nel futuro una corretta interpretazione.
La Stele di Rosetta e l’interpretazione dei geroglifici
La Stele di Rosetta, fu scoperta nel 1799 dal capitano Pierre-François Bouchard, durante la Campagna d’Egitto di Napoleone Bonaparte. Dal 1802 si trova nel British Museum di Londra.
La stele è un blocco di granodiorite sul quale è riportata l’iscrizione di un decreto emesso nel 196 a.C. in occasione del primo anniversario del Faraone Tolemoe V Epifane, al tempo tredicenne. L’iscrizione viene riposrtata in tre lingue differenti: i geroglifici, il demotico e il greco antico.
Questo ha permesso di poter tradurre i geroglifici e capirne il significato. Il primo che intuì questo collegamento fu il medico inglese Thoma Young ma fu il francese Jean-François Champollion, profondo conoscitore della lingua copta a dare il maggior contributo alla traduzione dei geroglifici.
Se anche tu vuoi provare a tradurre i geroglifici ti consiglio il libro Come leggere i geroglifici egizi. Manuale per imparare da soli di Mark Collier e Billi Manley edito Giunti Editori.
La mia passione per l’Egitto
Ho sempre avuta una passione per l’Egitto, purtroppo non sono ancora riuscita a visitarlo, anche se spero un giorno di poter rimediare. Uno degli autori che preferisco è Christian Jacq. Alcuni dei miei libri hanno più di vent’anni, quelli che vedi nella foto sono solo una parte della mia collezione.
Il nostro viaggio nel mondo dei geroglifici per oggi finisce qui, torna a trovarci per il prossimo affascinate viaggio nei Libri dalla Storia.