Dallo scorso 16 settembre non c’è giorno che in Iran non infurino le proteste. Proteste contro leggi assurde e costrittive. Proteste contro arresti e morti arbitrarie. Proteste contro un’inflazione alle stelle, con prezzi così alti da rendere inaccessibili anche prodotti alimentari. Non avendo le competenze necessarie per parlare nello specifico del problema, ho deciso di dare il mio contributo raccontando la storia di tre donne persiane dell’antichità che si sono distinte per valore e coraggio.
Prima di tutto, un po’ di contesto: ci troviamo nell‘impero achemenide, noto anche come primo impero persiano, fondato da Ciro II di Persia nel 540 a. C. e caduto durante il regno di Dario III, nel 331 a. C., quando Alessandro Magno riuscì a conquistare la capitale. Il territorio sotto il controllo del re di Persia era davvero immenso: comprendeva, tra gli altri, gli odierni Afganistan, Iran, Iraq, Kazakistan, Kwait, Libano, Siria, Cipro, Emirati Arabi e molti altri. Le capitali erano due: Persepoli – cerimoniale e amministrativa – e Susa – amministrativa.
Purtroppo, non vi sono molte fonti scritte autoctone, per quanto riguarda i periodi più antichi. L’unico mezzo attraverso cui possiamo reperire informazioni sono scritti di terzi che parlino dell’impero achemenide, testi greci per la precisione. Tuttavia, mai come in questo caso è lampante quanto l’autore possa fare la differenza nel narrare la storia. Per i greci, infatti, i persiani erano inferiori, rozzi e, soprattutto, nemici; onde per cui, qualsiasi riferimento alla loro cultura e alle loro usanze era ammantato di una luce dispregiativa.
Non fa eccezione nemmeno il modo in cui, secondo i greci, gli uomini fossero pesantemente sottomessi alle donne. Questo perchè le donne persiane godevano di pari diritti rispetto alla loro controparte maschile, cosa che all’epoca non era possibile riscontrare in modo così completo nemmeno presso la civiltà egizia – non che oggi si possa dare per scontata la parità di diritti e di trattamento, anzi.
Guerriere, commercianti, amministratrici: le donne persiane potevano intraprendere una moltitudine di carriere, e non era difficile che eccellessero in ciò che facevano.
Cassandane, Artemisia e Apranik: tre tra le donne persiane che hanno fatto la storia
La Storia non è clemente: dimentica chi in vita ha fatto tanto; ricorda chi ha vissuto nell’ombra; da lustro a eventi che in retrospettiva ci paiono immani, ma che forse all’epoca furono visti e vissuti diversamente. È naturale, quindi, che i nomi di donne persiane giunti fino a noi siano estremamente pochi, rispetto alle personalità effettivamente vissute – tanto più se prestiamo attenzione al fatto che la storiografia spesso non è clemente nei confronti delle donne, quasi sempre “moglie di…”, “madre di…”, “figlia di…”, ma raramente ricordate per loro stesse.
Per cercare di appianare, in minuscola, infima, parte il divario, ecco tre nomi, tre vite, tre storie.
La prima è Cassandane. Fu la moglie di Ciro il Grande (quello che ha fondato l’impero) nonché la madre dell’erede al trono; per questo motivo le venne conferito il titolo di Shahbanu, la signora del re, destinato, appunto, alla moglie prediletta e madre del futuro sovrano. Regnò al fianco del consorte, dando l’esempio per le regine che seguirono, e mostrando al popolo il rispetto dovuto alla sovrana – e alle donne. Si dice che quando morì, Ciro II decretò un periodo di lutto in tutto il territorio dell’impero, e i sudditi vi aderirono senza alcun tipo di protesta.
C’è, poi, Artemisia I di Caria, indomita guerriera e comandante dell’esercito di Serse I. Si dice che fu l’unica, all’interno del consiglio di guerra, a cercare di dissuadere il sovrano dall’affrontare i greci nella – disastrosa – battaglia di Salamina. Fu al lei, però, che l’imperatore affidò i propri figli illegittimi, perchè li riportasse sani e salvi in Persia. Non si sa con certezza cosa fu di lei dopo il rientro in patria, ma probabilmente tornò nel suo regno, Caria, di cui era reggente al trono.
Infine, l’ultima donna persiana che ti presento oggi è Apranik, comandante dell’esercito dell’impero sassanide (224 – 651 d. C.), fu l’ultimo baluardo di difesa contro le truppe arabe musulmane, che non solo erano molto più numerose di quelle persiane, ma adottavano tecniche di battaglia innovative. Apranik continuò a lottare anche dopo la sconfitta ufficiale dell’impero, attuando molte azioni di guerriglia, fino a quando non morì in battaglia.