Buongiorno iCrewer! Ti avviso subito, quello di oggi sarà un articolo volto più alle curiosità, che a veri e propri Libri dalla Storia (un po’ com’è capitato con gli stemmi, per capirci). Il soggetto che ho scelto? L’alfabeto coreano.
Negli ultimi tempi, tutto ciò che riguardo la Corea del Sud sta diventando sempre più popolare, che si tratti di webtoon – una specifica tipologia di fumetto, pensata espressamente per essere letta tramite smartphone, con un formato a scorrimento e con immagini colorate – light novel, fumetti, serie TV – penso che tutti abbiamo quanto meno sentito parlare di Squid Game, anche senza averla per forza guardata (io ne ho visti due minuti, e mi sono bastati) – o in ambito musicale, con band come le Black Pink, o i BTS, ormai globalmente conosciuti (e ovviamente è del tutto irrilevante e scollegato alla scelta dell’argomento di oggi, il fatto che io stia scrivendo con in sottofondo la loro canzone Idol).
Quest’attenzione al panorama culturale sudcoreano ha portato, quasi come un effetto farfalla, a un interesse sempre maggiore per la lingua coreana, che fino a poco tempo fa poteva tranquillamente essere considerata pressocché di nicchia. Ora, io ho fatto soltanto un corso di questo idioma, e devo ammettere di non cavarmela per nulla, ma una cosa mi ha subito colpita: la storia dell’alfabeto coreano.
Cosa ci sarà di così speciale? Ti svelo subito l’arcano: a differenza di molti altri alfabeti, per quello coreano, un po’ come accade per il cirillico, possiamo identificare non solo la data di nascita, ma anche gli inventori.
La storia della nascita dell’alfabeto coreano
Solitamente, quando si studia un metodo di scrittura si può risalire al periodo in cui ha fatto la sua prima comparsa; magari, dopo accurati studi filologici, è possibile ricostruire versioni più antiche, ma non capita spesso di essere a conoscenza del nome del suo creatore, del periodo in cui venne introdotto e del motivo per cui venne ideato.
Ecco, nel caso dell’alfabeto coreano, abbiamo tutte queste informazioni. La sua denominazione ufficiale in Corea del Sud è hangŭl – 한글 – mentre in Corea del Nord viene chiamato chosŏngŭl – 조선일. Si tratta, comunque, dello stesso metodo di scrittura, visto che, prima della divisione del 1945, in seguito alla sconfitta del Giappone – che ne occupava i territori – nella Seconda guerra mondiale, il Paese era uno soltanto.
Tornando all’alfabeto coreano, nacque dal desiderio di re Sejong il Grande, il quale volle che gli studiosi di corte ideassero un metodo di scrittura non soltanto ad hoc per la lingua coreana, ma semplice da apprendere e utilizzare. Come accadde in molti stati satelliti dell’Impero cinese, anche l’antico Regno di Corea inizialmente adottò i semantogrammi cinesi per trascrivere l’idioma autoctono. Tuttavia, gli hanja – i caratteri cinesi – erano estremamente complessi e la loro conoscenza era appannaggio esclusivo degli uomini nobili.
Per cercare di modificare questa tendenza, nel 1443 re Sejong diede ordine di ideare un sistema di scrittura più fruibile e che calzasse a pennello alla lingua coreana. L’alfabeto coreano vide la luce il 9 ottobre 1446 e, dopo alcuni anni di prova, venne adottato ufficialmente. Ovviamente, durante il regno dei successivi sovrani, vi fu chi decise di reintrodurre gli hanja, e chi optò per un sistema misto, ma dal 1945 la lingua coreana si scrive ufficialmente con l’hangŭl.
È un alfabeto fonetico, a cui a ogni segno corrisponde il suono di una lettera. Si scrive da sinistra a destra, orizzontalmente, lasciando uno spazio tra una parola e l’altra, e adottando la punteggiatura occidentale. Tuttavia, a differenza dell’alfabeto latino, in cui i caratteri si susseguono in modo sequenziale, in hangŭl essi vengono raggruppati in blocchi sillabici.
L’aspetto più interessante di tutto ciò è che, essendo arrivate fino a noi le memorie scritte di chi partecipò alla creazione dell’alfabeto coreano, siamo in grado di svelare le motivazioni alla base delle scelte che sono state fatte. Le ventuno vocali, di cui dieci semplici (“a”, “i”, “u”, ecc.) e undici complesse (come “ya”, “we”, “ye”) derivano da tre segni di base: ㅡ che rappresenta la Terra, l’essenza dello yin; ㆍ che simboleggia il Sole nel cielo, lo yang; e infine ㅣossia l’uomo in piedi, eretto tra i due mondi, mediatore naturale tra di essi.
Le diciannove consonanti – quattordici semplici e cinque doppie – invece, devono la loro forma al punto (labiale, coronale, velare, glottale) e al modo di articolazione (plosivo, nasale, sibilante, aspirato) che l’apparato fonatorio assume al momento della produzione del suono.
Non ho capito niente e non ho trovato quello che serviva
Molto bello ed esplicativo, grazie!