Durante lo scorso Eurovision Song Contest, svoltosi in Svezia, Bambie Thug, in gara per l’Irlanda, ha calcato il palco con dei segni molto particolari sul volto. L’artista, infatti, ha deciso di mandare un messaggio utilizzando l’alfabeto ogamico, scrivendo prima “Cessate il fuoco”, in rifermento agli scontri nella striscia di Gaza, mutato poi in “Crown the Whitch”, incorate la strega, dopo alcune polemiche nate sulla base della natura politica della prima scritta – l’Eurovision si autodefinisce una competizione apolitica.
Tuttavia, la domanda che interessa noi di Libri dalla Storia è una sola:
Che cos’è l’alfabeto ogamico?
L’alfabeto ogamico, chiamato Ogham craobh in gaelico irlandese, è un sistema di scrittura utilizzato principalmente in Irlanda – con qualche esemplare rinvenuto anche in Scozia e Galles – per scrivere in irlandese primitivo. La quasi totalità degli esemplari di scritte in alfabeto ogamico pervenuteci sono incisioni su roccia databili fino al IV secolo d. C., ma gli studiosi sono abbastanza concordi sull’affermare che il sistema di scrittura in sé possa risalire al I secolo a.C., e che fosse impiegato soprattutto su supporti deperibili come il legno. Vi sono anche esempi di testi realizzati intorno a VI, ma gli studiosi sostengono che si tratti di brani scritti prendendo spunto da manoscritti che trattano dell’Ogham, e non di forme di utilizzo comune.
Le ipotesi riguardo la nascita dell’alfabeto ogamico sono svariate, sia a livello accademico, sia nella leggenda. Partendo dalle opinioni degli studiosi, c’è chi pensa sia stato ideato come metodo di comunicazione segreta quando i soldati romani, che usavano l’alfabeto latino, iniziarono la colonizzazione di quella zona. Altri sostengono che siano invece state le comunità cristiane irlandesi a coniare l’Ogham, sempre con lo scopo di avere un linguaggio solamente loro con cui esprimersi.
Per quanto riguarda ,le voci che ci arrivano dalle nebbie dell’arcano, una leggenda narra che la creazione di questo sistema di scrittura si debba al re Fenius Farsa che, recatosi con i sui prodi fino alle rovine della Torre di Babele, dopo aver studiato ciò che rimaneva dei vari idiomi che lì si svilupparono, creò varie lingue composte dagli aspetti migliori tra i ritrovamenti fatti da lui e i suoi compari. Fatto ciò, ideò poi l’alfabeto ogamico, come metodo di scrittura di queste nuove lingue.
La seconda leggenda, vuole che l’alfabeto ogamico sia stato invece creato da niente popò di meno che un dio in persona, Ogma, che volle dare forma a un metodo di scrittura per i colti e gli eruditi. Siccome egli incise il primo messaggio in questo alfabeto di legno di betulla, si venne a creare la tradizione di dare alle lettere ogamiche nomi di alberi, rendendo noto questo alfabeto come alfabeto arboreo – sebbene soltanto otto lettere su venti possano essere ricollegate a un albero.
Come funziona l’alfabeto ogamico?
La particolarità di questo metodo di scrittura sta nel fatto che le sue lettere non hanno una forma simile all’alfabeto latino – sebbene si pensi che l’Ogham possa essere stato sviluppato prendendo come base sia quello latino, sia quello greco antico, e forse anche l’alfabeto runico. Si tratta, infatti, di una serie di tratti orizzontali che si sviluppano a partire da un lungo tratto verticale. A seconda della loro lunghezza e inclinazione, i venti caratteri, feda, si differenziano in quattro famiglie consonantiche, aicmi, a cui vanno poi aggiunte altre cinque lettere con funzione vocalica, chiamate forfeda.
Negli esemplari di testi su pietra, spesso venivano utilizzati i bordi della roccia come linea centrale, da cui si sviluppavano le lettere. In questi casi, il testo si legge partendo da in basso a sinistra, per poi passare alla parte alta che attraversa la roccia e scendere sul lato destro. Le iscrizioni su roccia contengono principalmente nomi di defunti – sono delle lapidi praticamente – o indicazioni di proprietà.
In Lebor Ogaim: un’antica guida all’Ogham
Fortunatamente, nel caso dell’alfabeto ogamico, gli studiosi non hanno dovuto ricostruirne i funzionamento sulla base dei soli testi, ma hanno anche potuto contare su un sostegno dal passato: il In Lebor Ogaim. Si tratta di un trattato sull’alfabeto ogamico, contenuto in un manoscritto risalente circa al 1300 d.C. Molto interessante è il fatto che l’autore non solo si è soffermato sulle specificità dell’Ogham, ma ne ha descritto anche le quasi cento variabili.