Caro iCrewer, continuiamo insieme il nostro viaggio intorno al mondo, questa volta alla scoperta di un paese che sta tra la terra dei vampiri e la terra dei filosofi: la Bulgaria
Quando si pensa alla letteratura slava la prima cosa che viene in mente è il grande romanzo russo, in subordine la letteratura boema e in sub subordine quella polacca. Quasi a nessuno verrebbe in mente la letteratura bulgara, eppure la Bulgaria è la patria della letteratura slava per due motivi: la Bulgaria fu uno dei primi regni indipendenti di quell’aera geografica e fu sempre in Bulgaria che vennero scritte le prime opere in lingua slava. Fu col regno di Boris I, nel IX secolo, che si può cominciare a parlare di letteratura slava e bulgara. Boris I si convertì al cristianesimo nell’865 e rafforzò l’uso della lingua liturgica slava, accogliendo nel suo regno Clemente di Ocrida e Naum di Preslav, allievi dei santi Cirillo e Metodio. Come tutti sanno Cirillo è l’ideatore dell’alfabeto cirillico, comunemente usato in area slava, e Clemente, oltre a evangelizzare la Bulgaria divenendone il primo vescovo, scrisse numerosi sermoni in bulgaro, i Poučenije, che contengono prediche di livello linguistico semplice, adatte alle classi più umili, mentre per le classi colte si faceva uso di uno stile più alto, mediato dalla retorica greca. Pare che Clemente sia stato anche un riformatore dell’alfabeto cirillico e che abbia semplificato il glagolitico ideato da Cirillo. Di Naum, invece, non sono rimasti scritti, ma sappiamo che fu attivo nella scuola di Preslav, la capitale di allora.
Quindi, come è accaduto spesso in Europa, la prima letteratura nazionale è letteratura religiosa. D’altronde i chierici erano pressoché gli unici che sapessero leggere e scrivere e che avessero a disposizione una solida tradizione scritta. Il canone liturgico ha avuto un’estrema importanza nel vecchio mondo anche in seguito, quando si voleva far rinascere lingue ormai scomparse. Ci sono due casi di due lingue particolarmente illustri: il greco che, dopo la dominazione ottomana, era completamente scomparso dato che in Grecia si parlava un misto di dialetti turchi e albanesi. Quando la Grecia ottenne l’indipendenza e volle ripristinare l’originaria e prestigiosa lingua greca, non rimaneva che il linguaggio liturgico al quale riferirsi. Lo stesso accadde con la formazione dello stato di Israele; gli ebrei che occuparono la Palestina, dopo la II guerra mondiale, parlavano yiddish o ladino quindi, per resuscitare l’ebraico, ci si dovette riferire alla lingua liturgica che, invece, era rimasta quasi intatta. Questa prima fioritura delle letteratura bulgara ebbe breve vita perché, a causa dell’instabilità del regno, la Bulgaria fu inglobata dall’impero bizantino, che ignorò la letteratura slava a favore di quella greco-bizantina.
Dopo i bizantini furono gli ottomani a occupare la Bulgaria. Gli ottomani erano estremamente tolleranti sia in campo religioso che culturale e non ci sarebbe stato motivo di non riprendere a scrivere in bulgaro, non fosse stato che per un particolare: le tasse. Nell’impero ottomano i musulmani non pagavano le tasse, i cristiani sì, per cui, soprattutto nelle città, ci furono parecchie conversioni interessate e ovviamente anche la cultura si islamizzò. Le campagne rimasero cristiane e bulgare ma, per ovvi motivi, la letteratura bulgara non poteva certo fiorire in campagna; oltretutto politicamente comandavano i turchi, mentre la religione era appannaggio dei greci, che monopolizzarono la cultura. Si scrissero anche alcuni libri in slavo, ma con caratteri greci; addirittura i fedeli dovevano servirsi di un interprete per confessarsi, visto che il pope parlava solo in greco e la tradizione slava andò, mai modo di dire si è rivelato più calzante, a farsi benedire. Non è finita: durante la controriforma, la chiesa di Roma mandò alcuni prelati cattolici bulgari educati in Italia a imbrogliare ulteriormente le cose.
Per il ritorno di una lingua e una letteratura bulgara si dovette aspettare il risorgimento bulgaro, datato fra il XVIII ed il XIX secolo, ossia l’ultimo secolo di dominazione turca. La riscossa partì ancora da un religioso, Padre Paisij di Hilendar, celebrato come il primo “risvegliatore”, considerato colui che ha dato inizio alla storia della letteratura bulgara moderna. La sua Storia slavobulgara della nazione e dei re e dei santi bulgari e di tutti gli avvenimenti e fatti bulgari nacque con l’intento di dimostrare che la Bulgaria non era meno ricca di storia della Grecia, della Russia o della Serbia. La cosa interessante è come Paisij si procurò le fonti; consultò le genealogie greche e slave, trascritte dai monaci, una raccolta di stemmi dei popoli slavi, gli annali ecclesiastici e un unico libro, pubblicato in Italia, Il regno degli slavi hoggi corrottamente detti schiavoni di Mauro Orbini. Questo è il tono dell’opera: “Forse non ebbero i bulgari il loro regno e dominio? Per molti anni imperarono e furono celebrati su tutta la terra e molte volte riscossero tributi dai forti romani e dai saggi greci e di tutto il popolo slavo i bulgari furono i più gloriosi: per primi essi si dissero zar, per primi ebbero patriarchi, per primi si battezzarono…” e via dicendo. L’opera è scritta in un bulgaro che risente ancora molto della struttura slavo-ecclesiastica, ma è l’inizio della letteratura bulgara.
Una volta avviata, la letteratura bulgara dei secoli XIX e XX non differì molto da quella europea dominante e gli scrittori bulgari si accodano alle varie correnti letterarie. Fra la produzione letteraria spicca la poesia; da segnalare il poeta nietschiano Kiril Hristov e il poeta socialista Pejo Javorov. Anche durante il periodo caratterizzato dall’influenza politica dell’Unione Sovietica i maggiori scrittori furono poeti fortemente ispirati a Majakovskij.
In campo narrativo la Bulgaria presenta un’eccellenza, anche se atipica: bulgaro di nascita, ebreo sefardita di origini, apolide di nazionalità, tedesco di lingua, naturalizzato inglese. Questa anomalia della storia della letteratura bulgara, ma anche europea, è Elias Canetti. Il suo Auto da fé, che poi è l’unico romanzo che ha scritto, è uno degli assoluti capolavori della letteratura del ‘900 che sta tranquillamente alla pari de L’uomo senza qualità di Robert Musil o dell’Ulisse di James Joyce. Definire Elias Canetti uno scrittore bulgaro è senz’altro una forzatura; fatto sta che, cercando nell’albo dei Premi Nobel, nel 1981 troverete: Premio Nobel per la letteratura Elias Canetti (Bulgaria).
I libri e la vita, Tzvetan Todorov
Prima di lasciarti, ti segnalo un libro edito Garzanti che uscirà il 5 settembre: I libri e la vita di Tzvetan Todorov. Nato nel 1939 a Sofia, è stato filosofo, critico e saggista. A Parigi ha studiato filosofia con Barthes, negli Stati Uniti ha insegnato a Yale, di nuovo a Parigi è diventato ricercatore presso il CNRS, per poi dirigere il CRAL, Centro di Ricerca sulle Arti e sul Linguaggio. Storico delle idee e del pensiero, accanito sostenitore della democrazia e dei diritti umani, lettore infaticabile, ha scritto libri di critica letteraria sulla poetica russa, ha approfondito l’arte, la filosofia del linguaggio e l’antropologia, per poi interessarsi in particolar modo alla storia. I libri e la vita, a cui ha lavorato negli ultimi giorni della sua vita, è la testimonianza più nitida della straordinaria varietà dei suoi interessi: passando dalla filosofia di Levi-Strauss alla letteratura di Kundera, dalla pittura di Goya alla musica di Verdi, raccoglie pagine di storia e geopolitica, interventi sull’identità nazionale e sull’Europa, riflessioni sulla morale e sulle scienze umane. Una raccolta preziosa che delinea il percorso critico di un “discepolo dei Lumi”, consapevole delle luci, ma anche delle ombre, della ragione. Un libro da leggere per pensare e riflettere perché “la letteratura permette a ciascuno di rispondere meglio alla propria vocazione di essere umano”.