In tutti questi mesi, in cui la rubrica Libri dalla Storia ha fatto il suo corso, settimana dopo settimana, non ci siamo mai fermati a ragionare sulla domanda forse più importante: perchè studiamo la storia? Perchè a scuola ci tediano con anni e anni di lezioni su tizi morti, ci obbligano a imparare un sacco di date e pretendono che conosciamo il sistema giuridico e politico dell’antica Atene, quando magari non sappiamo proprio nulla del nostro?
Se stai leggendo questo articolo, c’è una probabilità abbastanza marcata che a te – così come a me – la storia troppo schifo non faccia, ma ti sei mai chiesto cosa ti abbia portato ad appassionarti a questa disciplina? O, al contrario, hai mai passato del tempo rimuginando sul motivo per cui i tuoi coetanei a scuola (non l’unico, ma certamente il primo e principale luogo in cui queste conoscenze vengono impartite indistintamente) tanto odiassero questa materia?
Inizio io, raccontandoti la mia esperienza – e se ti va, lasciami un commento con la tua. Sono fondamentalmente una persona curiosa e appassionata di cose antiche. Mi piace la mitologia, mi piacciono le curiosità su misteriosi artefatti, mi affascinano le leggende, mi appassionano le battaglie, onde per cui la storia delle prime civiltà ha sempre attirato la mia attenzione – ricordo persino di essermi stampata autonomamente una scheda di approfondimento sui quipo, quando li studiammo.
Fino a qui, sembra tutto rose e fiori, vero? E invece no. Sono una completa frana con i nomi, quindi me la sono cavata bene fino a quando i protagonisti non erano poi così tanti e non avevano nomi propri simili. Tuttavia, una volta entrati nella tarda età contemporanea (dal 1800 in poi, per capirci), la Belle Epoque e tutto il Novecento, mi sono impantanata tra le denominazione dei partiti, dei movimenti operai, dei ministri, delle delegazioni, dei patti internazionali. Ancora oggi, non chiedermi di riassumerti di fatti della Carboneria, ma domandami piuttosto che divinità greca scatenasse i terremoti (Poseidone).
La domanda, però, sorge spontanea:
perchè studiamo la storia? E siamo proprio sicuri che ne esista un solo tipo? (Spoiler: io credo di no)
Andiamo con ordine. Chiaramente non c’è una singola risposta a quesiti di simile portata, ma si può provare, ed è quello che ho intenzione di fare io.
Credo che studiare, o più in generale, conosce la storia ci aiuti prima di tutto a capire chi siamo. Se abbiamo quanto meno sentito dire che già durante il Medioevo varie zone d’Italia erano specializzate in determinate manifatture, soprattutto di beni di lusso e tessuti, allora non ci deve stupire che tale lignaggio sia arrivano fino a noi. Se abbiamo avuto la fortuna di essere messi a parte della compressa storia asiatica dell’800, dell’ingerenza che hanno avuto le potenze Occidentali e sulle conseguenze che anche una singola sconfitta poteva avere, allora l’attacco Giapponese a Pearl Harbor potrebbe acquisire nuove sfumature.
Non devono per forza essere i libri di scuola a svelarci questi misteri: ci sono saggi, manuali, e anche moltissimi Influencer che si occupano di divulgazione in ambito storico e culturale. Da parte mia, trovo particolarmente interessanti i contenuti che riguardano tradizioni e usanze di tutte quelle popolazioni che hanno subito il giogo della conquista Occidentale e che per secoli sono state costrette al silenzio e all’assimilazione. E se credi che si tratti di casi isolati, fidati, la situazione è molto più complessa e terribile.
Il che ci porta al secondo quesito: quanti tipi di storia ci sono? Molteplici. C’è la storia degli esseri umani, la storia della Terra e quella di animali e piante. C’è la storia narrata dai vincitori e quella dei vinti (perchè ho come l’impressione che se potessimo chiedere l’opinione di uno qualsiasi di coloro che gli antichi romani chiamavano barbari, probabilmente ci racconterebbe le vicende da un punto di vista ben diverso).
E poi c’è la storia raccontata da voci esterne e da voci autoctone. Si tratta di una situazione che riguarda soprattutto la narrazione di vicende concernenti Paesi che per lungo tempo sono stati colonie. Negli ultimi decenni stanno emergendo studiosi ed esperti di, chessò, storia dell’India di nazionalità indiana, quando in precedenza le penne erano per la maggior parte anglofone o, in ogni caso, non sempre native. Il che non significa, bada bene, che non fossero accurate, ma torniamo alla questione della prospettiva, e di quanto essa possa cambiare l’interpretazione degli eventi.
Non dobbiamo dimenticare la storia dell’arte, del pensiero politico, delle religioni, della tecnologia, dell’esplorazione. Insomma, praticamente ogni argomento può essere collegato a qualche aspetto storico, ed è proprio ciò a rendere, a mio parere, così indispensabile una conoscenza almeno a grandi linee del nostro passato. Nostro inteso come trascorso dell’intera civiltà umana, non delle singole società. Perchè dopotutto difficilmente non si troveranno interconnessioni.