Caro iCrewer, il viaggio intorno al mondo continua, alla scoperta del Pakistan, della sua storia e della sua letteratura
Il Pakistan è un paese giovane, nato appena nel 1947, ma la sua storia è fra le più antiche del mondo, essendo legata a quella di un paese che è la culla di una delle più grandi del mondo: l’India. L’area che ora ha preso il nome di Pakistan è la zona che un tempo comprendeva i territori, storicamente indiani, del Punjab, Afghania, Kashmir, Indus, Sindh e Belucistan. Trattandosi della zona più occidentale dell’India, è logico che sia stata anche quella che ha avuto più contatti con l’Europa e il Medio Oriente. Fece, infatti, parte dell’impero di Alessandro Magno e del califfato arabo degli Ommaydi, che portò l’islam nell’oriente indiano. Essendo attraversato per intero dal grande fiume Indo è stato abitato fin da tempi remotissimi. Fra le culture più antiche ricordiamo quella neolitica dei Mehragah e la cosiddetta “civiltà della valle dell’Indo” nell’età del bronzo. In epoca storica quello che oggi è il Pakistan fu dominio dell’impero bengalese Maurya, l’impero achemenide persiano, l’impero Macedone, il califfato Omayyade, il sultanato di Dehli, l’impero Mongolo, l’impero Durrani, l’impero Sikh e, infine, l’impero Britannico. L’idea di un paese indipendente musulmano cominciò a maturare nel 1940, proposta da All India Muslim League, il secondo maggior partito indiano, guidato allora dal nazionalista islamico Mohammad Ali Jinnah che per primo pensò a una divisione politica all’interno delle due grandi religioni indiane. L’indipendenza venne nel 1947, dopo un periodo di sanguinose insurrezioni armate. Dapprima lo stato islamico era diviso nettamente in due dall’India; nel 1971, dopo una terribile guerra civile, nacque il Bangladesh, all’estremo oriente dell’India.
La letteratura
Dalla sua storia, appare chiaro che la storia della letteratura pakistana (intesa come nazione indipendente) è molto breve e abbastanza caotica perché, come in India, ci sono parecchie lingue (una sessantina), l’urdu è la lingua più diffusa, ma bisognerebbe parlare di letteratura Urdu, letteratura Punjabi, Sindhi, Pashto, e così via. In più, come per l’India, non è che facciano a botte per tradurre la letteratura locale, per cui dare una sfilza di nomi informa poco o nulla. Cercateli su Wikipedia. Ci sono, però, molti scrittori inglesi di origine pakistana noti a livello mondiale; uno di questi è Hanif Kureishi, nato a Londra nel 1954, da padre pakistano e madre inglese. Scrittore, sceneggiatore e autore teatrale. Sua è la sceneggiatura di My beautiful laundrette, tanto per citare la più nota. Prima fu un successo in teatro e poi fu portata sul grande schermo da Stephen Frears, con Gordon Warnecke e Daniel Day-Lewis come protagonisti; un’opera che offre un’immagine alternativa della vita degli immigrati pakistani nel Regno Unito.
Altro drammaturgo di una certa importanza è Saadat Hasan Manto, anche giornalista, saggista e sceneggiatore, molto attivo politicamente. Tra le sue opere più importanti troviamo Mozail e Toba Tek Singh, in cui Manto analizza, con grande lucidità, la situazione socio-politica e i legami tra India e Pakistan. I suoi lavori non sono sempre stati visti di buon’occhio dai vari governi sia indiani che pakistani e Saadat è stato processato per ben sei volte per oscenità.
Il Pakistan ha anche una lunga tradizione musicale che si mescola, come vedremo, con la letteratura. Lo dimostra anche il fatto che gli zingari sono originari proprio del Punjab. Immagino già che ci sarà chi pensa che dire “zingaro” non sia politicamente corretto. Ebbene, la parola zingaro non è una parolaccia, deriva dal greco (a)tsiganoi, che designava una tribù dell’Anatolia; con ogni probabilità, gli zingari arrivarono in Europa dalla regione abitata da quella tribù e, siccome, arrivando dall’Asia Minore, allora come oggi, si trova subito la Grecia, furono i greci a dar loro quel nome, giusto o sbagliato che fosse. In realtà gli zingari provengono, come abbiamo detto, dal Pakistan, dall’attuale regione del Punjab. Agli inizi dell’XI secolo, quando Mahamud di Ghazna invase l’oriente, fuggirono, contro ogni logica, proprio nella direzione dalla quale provenivano gli invasori. Nel XIII secolo fu la volta dei mongoli a invadere la regione e ci fu una seconda e più massiccia migrazione, stavolta ragionevolmente, verso occidente. Una prova tangibile della loro origine indiana è la loro lingua che è di tipo indoario; l’unica lingua indoaria parlata in Europa. Oltre a essere dediti alla magia, la lettura del futuro e altre pratiche magiche, come riportano numerosi documenti, facevano anche gli artigiani, perlopiù calderai, fabbri e costruttori di trapani, gli allevatori di cavalli e – soprattutto – i musicisti. Ovviamente non suonavano nei teatri, ma alle feste popolari, alle ricorrenze, ecc., più o meno come facevano, nello stesso periodo, i musicisti klezmer; anzi, non era raro che gruppi misti suonassero assieme, influenzandosi a vicenda. Per questo musica klezmer e musica tzigana sono così simili.
L’influenza della loro musica è stata più rilevante in alcuni paesi; l’Ungheria, dove è stata anche lodata e utilizzata da musicisti classici colti; in Francia, dove è popolare col nome di jazz-manouche e in Andalusia dove i gitani hanno letteralmente creato il flamenco col suo tipico modo di cantare, ossia il cante jondo, fondendo le musiche popolari andaluse e morische, integrate con le diverse tradizioni musicali che avevano fatto proprie durante i loro spostamenti. Quindi non è un caso che alcuni tra i più grandi poeti pakistani siano anche cantanti e compositori. Tra questi Jamiluddin Aali che ha composto una canzone patriottica molto famosa in Pakistan, Jeevay, Jeevay Pakistan: “Questa canzone è il suono dei cuori delle persone trasformato in parole e mostrato a tutti“. Altro cantante/poeta è Shahid Akhtar Qalandar e una sua poesia cantata ci sembra il modo migliore per chiudere la nostra parentesi sulla letteratura pakistana:
https://www.youtube.com/watch?v=DFGlppfpN30
Prima di lasciarti davvero, voglio segnalarti un nuovo romanzo, uscito pochi mesi fa, di un autore pakistano che sta ottenendo successo in tutto il mondo, Ziauddin Yousafzai, padre di Malala Yousafzai, vincitrice del Premio Nobel per la pace nel 2014. In Libera di volare: il viaggio di un padre, Ziauddin parla del ruolo della donna in una società fortemente patriarcale e maschilista, del coraggio che ci vuole per ribellarsi, della fatica che ci vuole per poter studiare o per avere gli stessi diritti degli uomini. Sicuramente un romanzo da leggere, per avere un po’ di forza in più per combattere per ciò in cui crediamo.