Lo Swaziland è un minuscolo stato dell’Africa meridionale tra il Sudafrica e il Mozambico. In occasione delle celebrazioni dei cinquant’anni d’indipendenza dal dominio britannico, Mswati III, il monarca assoluto che lo governa, ha cambiato il suo nome in eEswatini che significa “terra degli Swazi”.
Le peculiarità di questo piccolo Stato sono: il forte senso di identità, dovuto principalmente ad una monarchia di lunga tradizione, la famiglia allargata e la poligamia, che è permessa ma non viene praticata spesso. La cultura e le usanze tradizionali sono ancora molto vive e nei villaggi è frequente imbattersi in danze popolari ove si sfoggiano abiti tradizionali, non organizzate a scopi turistici: in particolare la danza chiamata sibhaca eseguita dagli uomini, che ha grande ritmo ed è molto vigorosa.
I parchi, come il Parco nazionale reale di Hlane e le diverse riserve nazionali, sono risorse molto importanti per lo Swaziland. In particolare, il Parco di Hlane è l’area di conservazione più grande dello Swaziland, si trova nella parte orientale del regno e protegge numerosi animali simbolo della savana africana, in special modo i rinoceronti. Tra le riserve, le montagne della Malolotja Native Reserve sono tra le più antiche del mondo: 3,6 miliardi di anni.
Per quanto riguarda la produzione letteraria non esiste molta letteratura scritta, e le storie raccontate dagli anziani vengono tramandate soprattutto oralmente.
Da segnalare la scrittrice e attivista per i diritti delle donne swazi Sarah Mkhonza che ha conseguito il dottorato di ricerca presso la Michigan State University e ha poi lavorato come giornalista per The Swazi Sun e The Observer, oltre ad insegnare inglese e linguistica all’Università dello Swaziland.
Essendo molto critica nei confronti delle autorità dello Swaziland, fu censurata e poi indotta, a seguito di minacce, a cercare asilo politico negli Stati Uniti, nel 2005. In seguito Mkhonza ha co-fondato l’Associazione delle donne africane e l’African Book Fund Group presso la Michigan State University. Ha poi insegnato al Center for African Studies and Research alla Cornell University, alla Boston University e alla Stanford University. Nel 2002, ha ricevuto il prestigioso premio Hammett-Hellman Award da Human Rights Watch.
Ha scritto molte poesie, racconti e tre romanzi: Pains of a maid, What the future holds e più recentemente Weeding the Flowerbeds, nessuno di questi è stato però tradotto in italiano.
Il romanzo What the Future Holds è stato originariamente pubblicato nel 1989 da Macmillian Education Publishers come parte della serie Pacesetters. Tutti i romanzi di questa serie affrontano temi e problemi contemporanei finalizzato a catturare l’attenzione di giovani adulti africani. Il libro segue la vita di Lobenguni “Kiki” Mkhatshwa, una giovane donna Swazi di origini Nguni che porta il suo bambino in città per affrontare il padre nel suo luogo di lavoro, perché garantisca il mantenimento del figlio. Kiki nasce in una famiglia di agricoltori in un piccolo villaggio nella valle di Maphakane. Suo padre è un tradizionale Nguni che non approva il cristianesimo e i missionari stranieri che lo professano. Tuttavia, comprende l’importanza per i bambini Swazi di imparare a leggere e scrivere, e questa istruzione è appannaggio delle scuole missionarie. Gezani, nonostante ciò, cerca allora sua sorella, Saraphina, un’insegnante in una scuola missionaria, e le chiede far studiare sua figlia Kiki. Lei cresce senza l’amore dei suoi genitori con una zia molto fredda e insegnanti distaccati. Il suo bisogno di attenzione la rende più vulnerabile e crea le basi per essere più facilmente sottomessa da parte del suo futuro marito. Una romanzo che, attraverso il racconto della vita di una donna Swazi, mette in risalto le problematiche che le donne affrontano ogni giorno e apre una finestra sulle tradizioni e la cultura del posto.